Performance delle persone con disabilità nel mondo del lavoro

Capacità e performance, il lavoro delle persone con disabilità nell’era della pandemia

Quando nel marzo del 2020 l’Italia prese atto della gravità della situazione dovuta ai contagi da Sars COV2 furono immediatamente messe in atto delle misure di tutela per le lavoratrici e i lavoratori allora definiti come fragili. La principale soluzione fu un massiccio ricorso all’home working, al fine di evitare il contatto con persone infette anche nell’ambito di possibili focolai nel luogo di lavoro; in pochi giorni, persone con le più svariate situazioni e patologie si sono trovate a svolgere le proprie attività in un luogo più sicuro, mentre le organizzazioni lavorative pubbliche e private rivoluzionavano il concetto stesso di gestione dell’erogazione di prodotti o servizi.

Per la prima volta, nel nostro Paese come in altri, il mondo del lavoro si è trovato quindi ad affrontare un concetto molto noto a chi si occupa di disabilità in ottica ICF: la capacità e la performance delle persone.

La classificazione ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) è stata approvata nel 2001 dall’Organizzazione mondiale della sanità; nel campo della disabilità l’ambiente esterno può diventare uno dei principali ostacoli alla piena fruizione dei diritti umani da parte de* cittadin*. Se la capacità è la difficoltà con cui viene svolta un’attività in assenza di fattori ambientali specifici o adattati, la performance è la difficoltà con cui viene realizzata un’attività tenendo in considerazione i fattori ambientali che influenzano tale svolgimento.

Nel marzo 2020, la performance delle persone è stata travolta da un enorme mutamento dei fattori ambientali di portata assolutamente impensabile fino a pochi giorni prima.

Tra le varie organizzazioni produttive la reazione per la rimozione dei fattori ambientali che impedivano lo svolgimento delle consuete attività è stata, ovviamente, molto variegata. Si è creato un consistente gap tra organizzazioni ad avanzata informatizzazione e organizzazioni ancora legate fortemente a supporti e processi analogici. Le prime hanno investito nel rafforzamento di procedure ed hardware che permettessero l’home working accelerando, ad esempio, la totale digitalizzazione dei processi; le seconde hanno dovuto, giocoforza, rincorrere una nuova modalità lavorativa. Si è investito in server che potessero gestire l’aumento di dati, in procedure di intelligenza artificiale che riservassero al personale i compiti più complessi per permettere l’erogazione di prestazioni, soprattutto economiche, in maniera veloce e gestita unitariamente e in automatico, si sono diffuse le videoconferenze e le videochiamate, la gestione dei files condivisi e le nuove modalità di comunicazione.

Si è compreso che l’ufficio fisico non è più essenziale e che una lavorazione completamente digitalizzata può essere svolta in qualsiasi parte del mondo. Si può comunicare immediatamente con chiunque e su una pluralità di mezzi, anche mobili. Con il giusto input e le giuste procedure, si possono gestire in AI interi settori di produzione di servizi, lasciando all’essere umano le fasi più complesse e il miglioramento delle procedure stesse.

A quasi tra anni dall’inizio dell’era COVID, i fattori ambientali non sono più gli stessi.

E le persone fragili?

Le avevamo lasciate a marzo 2020 chiuse in casa a lavorare; nel frattempo tre fattori hanno cambiato, molto, la loro situazione. Il primo è ovviamente l’accesso a vaccini specifici per il COVID, che hanno fornito un’efficace barriera almeno per gran parte de* lavorat* fragili. Il secondo è il prepotente ingresso nella giurisprudenza nazionale del concetto di “adattamento ragionevole” e delle conseguenze del mancato rispetto della direttiva CE 78/2000 sulla non discriminazione nei luoghi di lavoro – si veda ad esempio decreto 105/2022 sull’equilibrio vita/lavoro. Il terzo è il mutamento della terminologia: non più persone fragili, ma vulnerabili. Se la fragilità è un concetto intrinseco dell’individuo, quindi nell’ambito della capacità, la vulnerabilità è dovuta a fattori esterni, quindi nell’ambito della performance.

Lavoratori e lavoratrici con situazioni di salute e mansioni simili possono avere un output professionale differente a seconda dell’organizzazione in cui si trovano ad operare. Se un’organizzazione ha procedure gestionali e lavorative accessibili ed usabili, è aperta a persone di tutte le abilità. I piani del PNRR, che spingono sull’aumento delle capacità informatiche della popolazione e su procedure di AI sempre più avanzate possono essere fondamentali per aumentare notevolmente la performance delle persone con disabilità. Cittadin* con disabilità motoria possono affrontare prove selettive e colloqui evitando le barriere architettoniche in modalità telematica; cittadin* con deficit visivi possono gestire in autonomia il proprio lavoro se le procedure sono progettate secondo i criteri di accessibilità internazionali. Le persone con disabilità grazie alle innovazioni tecnologiche potrebbero trovare una nuova modalità di rispetto dei loro diritti umani, come previsto dalla Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità del 2006 (Ratificata dall’Italia nel 2009 e dall’Unione Europea nel 2010). Dall’assistenza alla piena fruizione dei diritti: un concetto che l’Unione Europea ha più volte ribadito a tutti gli Stati membri e il cui non rispetto ha più volte portato a censure e a modifiche delle legislazioni non ritenute congrue.

La nuova situazione del mondo del lavoro dovuta alla pandemia ha dimostrato che alcune resistenze culturali alla valorizzazione delle persone con disabilità nel mondo del lavoro sono non solo anacronistiche, ma anche controproducenti economicamente. Il miglioramento organizzativo permette a tutt* i lavorator* di esprimere le proprie capacità in maniera ottimale; siamo quindi in una fase assolutamente interessante sotto il punto di vista della tutela e della valorizzazione di cittadin* di tutte le abilità. Nel discorso di fine anno 2022, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha elencato tre punti fondamentali per il 2023: la difesa dell’ambiente, l’informatizzazione e la formazione continua di tutte le cittadine e tutti i cittadini.

La Repubblica siamo tutti noi. Insieme.”

I piani del PNRR sono ora un’arma formidabile per il salto di qualità richiesto dall’Unione Europea per passare da una politica assistenziale sulla disabilità a quella di piena fruizione dei diritti civili da parte di tutt* i cittadin*.

Rimuovere gli ostacoli è un impegno da condividere, che richiede unità di intenti, coesione, forza morale.

È grazie a tutto questo che l’Italia ha resistito e ha ottenuto risultati che inducono alla fiducia.”

Una fiducia che sempre più le persone con disabilità stanno contribuendo a rafforzare grazie ad una nuova concezione della fruizione dei diritti umani.

Perché è la modernità, con il suo continuo cambiamento, a essere globale.”

 

Di Gloria Felicioli