Povertà e disabilità, una vulnerabilità da affrontare con urgenza

Povertà e disabilità, una vulnerabilità da affrontare con urgenza

La sociologa: “puntare su strategie di rigenerazione e partecipazione sociale”

Lituania 4,7, Danimarca 4,6, Germania 3,4, Francia 3,3, Spagna 3,1. Media europea 3. Italia 2. La percentuale di Pil che gli Stati spendono per la disabilità e la malattia nel 2020 (elaborazione Openpolis su dati Eurostat) certifica, purtroppo, come il nostro Paese sia in coda quanto alle risorse destinate al sostegno dei più fragili. Un quadro di difficoltà sostanziale confermato dall’Istat che, nell’audizione del 24 marzo 2021 presso il Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, evidenzia per le persone con disabilità “evidenti svantaggi rispetto al resto della popolazione” in relazione alle condizioni di vita.

I dati

Sono 87 milioni le persone che soffrono di una qualche forma di disabilità (dati Consiglio Ue, 2022). In Italia, nel 2019, le persone che soffrono a causa di problemi di salute di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali sono 3 milioni e 150 mila (il 5,2% della popolazione, dati Istat). Il reddito annuo equivalente medio (comprensivo dei trasferimenti da parte dello Stato) delle famiglie con persone disabili è di 17.476 euro, inferiore del 7,8% a quello nazionale. Il welfare e il sistema di trasferimenti sociali non sono sufficienti a garantire a questi nuclei familiari, che affrontano costi aggiuntivi di natura medica e sanitaria, condizioni di vita analoghe al resto della popolazione. Il 28,7% di queste famiglie è considerato in condizioni di cosiddetta deprivazione materiale (che si verifica quando si presentano tre di nove segnali di disagio, tra i quali sono inclusi: essere in arretrato nel pagamento delle bollette o dell’affitto, non poter riscaldare l’abitazione o non potersi permettere una lavatrice o un telefono). Si tratta di oltre 10 punti in più rispetto al dato medio nazionale, pari al 18%. Le condizioni di disagio caratterizzano in particolare le famiglie delle regioni del Mezzogiorno. Appare estremamente sfavorevole anche la situazione del mercato del lavoro: in tutti i Paesi membri il tasso di disoccupazione tra le persone con disabilità è più elevato rispetto a quelle che non hanno disabilità.

La combinazione tra povertà e disabilità costituisce, dunque, una vera e propria tenaglia che stringe sempre più duramente le famiglie coinvolte, evidenziando una vulnerabilità sempre più grave: nel 2016 nei Paesi europei la percentuale delle persone a rischio di povertà ha raggiunto il 15,9% per poi calare fino al 2019 (14,6%), rimanendo stabile nel 2020. Al contrario, la tendenza della percentuale relativa alle persone con disabilità a rischio di povertà è costantemente in crescita, arrivando al 21% nel 2020 (dal 18,8). Situazione che, verosimilmente, potrebbe essersi ulteriormente aggravata con il post pandemia, la guerra in Ucraina e, soprattutto, l’inflazione alle stelle.

L’analisi

“C’è poca attenzione ai diritti di cittadinanza e alla loro esigibilità universale: educazione, salute, bellezza, che vanno praticati quotidianamente, negli spazi pubblici da destinare proprio ad attività sociali aperte a tutti”, osserva Maria D’Ambrosio, pedagogista all’Università  Suor Orsola Benincasa di Napoli e responsabile scientifico del gruppo di ricerca “embodied education”. “Le Scuole, i Distretti sanitari, i parchi e le piazze, gli spazi socio-educativi e socio-culturali e quindi anche i Musei, le Biblioteche e molto altro, sono da considerarsi un’organizzazione territoriale da far funzionare per la crescita di tutti”. Strategia, rete, inclusione, diritti, sono alcune delle parole e delle azioni da associare a questa priorità sociale su cui occorre investire di più, molto di più. “Gli Enti e le comunità locali sono chiamati a superare l’idea che le fragilità richiedano una mera assistenza in costante emergenza e perdurante marginalità”, spiega ancora la sociologa. “La qualità della vita nelle grandi come nelle piccole città richiede invece risposte integrate e agili da condividere tra Istituzioni per renderle sostenibili e durature nel tempo. Bisogna farsi guidare dalla prospettiva suggerita già dalla ‘Legge quadro per la realizzazione del Sistema integrato di interventi e servizi sociali” (l.328 del 2000) e praticarla come una opportunità per strutturare le comunità e i territori di quei servizi e di quei professionisti in grado di attivare processi di rigenerazione e partecipazione sociale”. 

Un’esperienza

Nel 2020 il gruppo di ricerca ‘embodied education’ dell’Università Suor Orsola Benincasa ha avviato una esperienza in accordo con il Dipartimento di Salute Mentale della ASL Napoli 1 Centro, con la Neuropsichiatria Infantile del suo Distretto 24. “Oggi questa esperienza di integrazione socio-sanitaria si sta estendendo anche al Comune di Napoli così da costruire concretamente un approccio unitario tra Salute, Scuola, Educazione, Arte, Cultura, attraversate da una prospettiva pedagogica che valorizza la ricerca di metodologie adeguate alla pluralità dei nostri contesti sociali e culturali”, spiega ancora D’Ambrosio. “Si tratta di un esempio virtuoso che ha prodotto risultati interessanti. Povertà, povertà educativa, disabilità e fragilità sociali in genere non vanno più considerati fenomeni da ‘trattare’ separatamente ma in un’ottica di legami sociali da ricostruire per garantire diritti di cittadinanza e generare benessere individuale e sociale”.

Per approfondire la Strategia Ue per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030: Publications catalogue – Employment, Social Affairs & Inclusion – European Commission (europa.eu) 

 

di Valerio Ceva Grimaldi

 

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