Inclusione scolastica, il lavoro è precario e malpagato. Le educatrici: “Così è difficile continuare”

Inclusione scolastica, il lavoro è precario e malpagato. Le educatrici: “Così è difficile continuare”

Il mondo della scuola include a pieno titolo anche loro, le assistenti educative per l’autonomia e la comunicazione o, più semplicemente, le educatrici. Sono le persone che tutti i giorni nelle scuole di ogni ordine e grado svolgono un ruolo socio-educativo fondamentale per gli studenti con disabilità, diverso e complementare rispetto a quello delle insegnanti di sostegno. Eppure, gli enti locali e il sistema scolastico non le considerano altrettanto importanti, lasciandole ancora prive del giusto riconoscimento professionale e contrattuale. Troppo spesso, infatti, vengono dimenticate. L’ultima Legge di bilancio, nella quale non sono state previste nuove risorse per l’assistenza socio-educativa, conferma questa tendenza. Così il Governo ha interamente scaricato l’onere di finanziare quest’attività sul bilancio degli enti locali, già in difficoltà. Tra l’altro il nuovo testo del Codice degli appalti uscito dal Consiglio dei ministri non promette nulla di buono per la delicata situazione contrattuale delle tante educatrici che lavorano in regime di appalto. 

Pur svolgendo 36 ore settimanali si arriva a stento a guadagnare 1200€ al mese e durante l’anno bisogna anche mettersi da parte qualcosa, perché i mesi estivi non sono retribuiti”, racconta Donata, educatrice da 22 anni e attualmente attiva in una scuola elementare e una scuola media di Novara. Come buona parte delle educatrici, lavora nelle scuole attraverso una cooperativa e questo rende la sua occupazione precaria, continuamente appesa a un filo. Proprio sul finire dell’anno scolastico scorso siamo state piantate in asso dalla cooperativa Eurotrend, uno scandalo che ha fatto clamore. Dopo aver dichiarato il fallimento, noi abbiamo continuato a lavorare lo stesso ma le mensilità sono rimaste scoperte. A rimetterci non possono essere i giovani più fragili”.

Il servizio svolto dalle educatrici è stato introdotto dalla legge 104/1992 con“l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche e/o sensoriali”. Le lavoratrici che ricoprono questo ruolo, quindi, sono coinvolte nel sistema di appalti e di accreditamento e non sono legate agli istituti d’istruzione. Angela, veterana nell’assistenza agli studenti con disabilità, lavora a Bari e ci parla dell’esistenza di situazioni di ambiguità data da questa paradossale condizione: “Spesso ci troviamo a rispondere a più datori di lavoro: da una parte la cooperativa, dall’altra il dirigente scolastico. Le scuole ci vorrebbero utilizzare come parte del corpo docente – magari assegnandoci la copertura di un’ora di buco o evitando la compresenza con l’insegnante di sostegno, e allora dobbiamo ricordargli che non siamo docenti”. Quest’aspetto non solo mette in difficoltà le stesse educatrici nell’esercizio della propria funzione, ma purtroppo ricade indirettamente sugli studenti con disabilità. “Da parte nostra c’è tanta passione e quello che facciamo è davvero appagante. Purtroppo, situazioni simili unite ad una condizione lavorativa precaria e malpagata, stanno spingendo tante educatrici verso l’insegnamento di sostegno. È un peccato, perché così perdiamo figure specifiche e indispensabili, ma non le biasimo”. 

Anche Paola, educatrice presso la città di Perugia, ci spiega come nel corso degli anni le educatrici si siano formate tanto da diventare nevralgiche nell’inclusione scolastica: “La situazione dal 2000 ad oggi è migliorata anche perché sono cresciute le nostre competenze. Ora però è necessario definire ed inquadrare in una precisa categoria la nostra figura. È importante per noi ma soprattutto per i ragazzi e le ragazze che seguiamo tutti i giorni. Per loro siamo un punto di riferimento di cui sarebbe difficile fare a meno”.

La Cgil, in questo senso, sta continuando a spendersi per migliorare le condizioni lavorative delle educatrici ed è in contrasto con il Governo per il mancato rinnovo del fondo per il sostegno al reddito che era destinato a lavoratrici e lavoratori con contratti part time ciclici/verticali. Per Stefano Sabato, coordinatore delle cooperative sociali della Fp Cgil, la situazione è sconsolante: “A distanza di due anni dalla presentazione della nostra proposta di definizione della figura delle educatrici, nulla è stato fatto se non vuote promesse. Anzi con l’ultima Legge di bilancio non sono state previste risorse aggiuntive per l’inclusione e l’assistenza socio-educativa all’autonomia e alla comunicazione. Risorse che invece andrebbero incrementate in favore degli enti locali per permettergli di garantire questi servizi essenziali unitamente a condizioni di lavoro dignitose per le lavoratrici e i lavoratori che operano in tutti i servizi di welfare locale sia pubblici che privati”.

 

di Matteo Mercuri

 

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