In Italia 900 bambini esclusi dagli asili nido, aumentano le disuguaglianze

In Italia 900mila bambini esclusi dagli asili nido, aumentano le disuguaglianze

In Italia solo un bambino su quattro riesce a frequentare l’asilo nido. Sono 900 mila i bimbi che rimangono esclusi. Tra asili nido e servizi integrativi (spazi-gioco, servizi domiciliari, centri) si arriva ad un totale di 350 mila posti disponibili, che garantiscono una copertura del 28%. Negli ultimi 10 anni, inoltre, il numero di posti è stato in forte calo: tra asili nido e servizi integrativi abbiamo assistito ad una riduzione di oltre 14 mila (-3,9%). La crescita del tasso di posti è solo apparente: è legata al calo delle nascite che vive una tendenza costante di circa 13 mila nati in meno ogni anno (-2,7%).

Da Nord a Sud lo scenario cambia

Un disagio che coinvolge il Paese ma con incidenze estremamente diverse tra le regioni. Paradossalmente, chi vive in aree più svantaggiate – dove è maggiore la presenza di famiglie meno abbienti e sono più gravi le condizioni di povertà – beneficia di minori risorse. Infatti, se la spesa media dei Comuni per ogni bambino è di 1.034 euro, è anche vero che si passa dai 3.172 euro spesi dalla Valle d’Aosta ai 174 euro della Calabria. Lo stesso vale per i posti disponibili: se in Umbria si arriva al 43,7% di copertura, in Campania è dell’11,7%. Sono solo 6 le regioni italiane che superano l’obiettivo fissato dall’Europa del 33%: Umbria, Emilia Romagna, Valle d’Aosta, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Lazio. Inoltre, in Italia il numero di asili nido pubblici (50,2%) è quasi pari a quello degli asili privati (49,8%), ma non vi è lo stesso equilibrio se ci focalizziamo sulle realtà territoriali: infatti, in Valle d’Aosta l’86,1% delle strutture è pubblico, in Calabria invece il 73,5% è privato.

E nel resto d’Europa?

Il Consiglio europeo parla chiaro: dopo un primo obiettivo del 33% di copertura di posti da raggiungere entro il 2010, mancato da diversi Paesi, si passa ora all’obiettivo del 45% entro il 2030. Un’utopia, ad oggi, per almeno 17 Paesi che non hanno raggiunto nemmeno il primo traguardo. Tra questi, l’Italia, dove occorrerebbero 70 mila posti in più e altri 700 milioni di euro ogni anno per raggiungere l’obiettivo fissato al 2010. Risorse che salgono vertiginosamente a 200 mila posti, 2 miliardi di euro e 45 mila educatori in più per raggiungere quello fissato al 2030.

Il PNRR ha messo al centro il tema dell’infanzia, destinando all’Italia 4,6 miliardi di euro per incrementare l’offerta educativa di almeno 264 mila posti, per costruire nove strutture e riqualificare quelle esistenti. Un obiettivo che, a causa dei ritardi accumulati dall’Italia, nel tempo è stato ridimensionato a 150 mila posti con una proroga dei tempi di scadenza di 6 mesi.

Le ripercussioni di un servizio educativo carente

Si parla spesso dei costi che questi servizi comportano, ma non si parla mai abbastanza, invece, del costo della loro mancanza: povertà educativa, dispersione scolastica, disuguaglianze, disoccupazione femminile, denatalità sono solo alcune delle conseguenze di questo scenario. La scuola permette di superare le disuguaglianze socio-economiche e culturali che vi sono tra le famiglie fin dai primissimi anni di vita di ogni individuo. Permette inoltre alle donne di avere le stesse opportunità di accesso al mercato del lavoro. Ma, soprattutto, i servizi educativi sono un diritto delle famiglie e ancora prima dei bambini, che hanno bisogno di cura, di relazione, di gioco, e di intraprendere un processo di maturazione cognitiva, sociale ed emotiva che la scuola garantisce.

 

di Martina Bortolotti