Il numero degli infermieri è sotto gli standard

Grave carenza di infermieri: a rischio la tenuta del servizio sanitario

Il finanziamento e il potenziamento del personale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) rappresenta, per il Paese, una delle questioni più urgenti, delicate e importanti da affrontare. La sanità pubblica, vessata da disinvestimenti e continui tagli a servizi e personale, ha assoluto bisogno di nuova linfa e di tornare ad occupare la centralità che merita. Saranno dunque necessari provvedimenti che invertano di netto la tendenza, capaci di conferire a questo settore e a chi vi opera la posizione di rilievo che meritano.  Obiettivo: garantire il diritto alla salute previsto dalla Costituzione.

Le criticità relative al personale infermieristico 

Un’adeguata pianificazione del personale del SSN è prioritaria per garantire l’efficienza e la qualità del servizio pubblico offerto al cittadino. Ed è prioritaria quanto mai oggi. Stipendi troppo bassi e orari di lavoro sfiancanti, infatti, sono soltanto alcune delle cause che stanno provocando una generale perdita di attrattività del ruolo dell’infermiere. Il periodo pandemico ha portato un aumento importante di nuove assunzioni, ma nonostante questo si contano comunque 13 mila infermieri in meno rispetto ai numeri di dieci anni fa.

Urge l’attuazione di una seria programmazione per continuare a garantire l’efficacia del SSN. Considerando la situazione attuale e le future previsioni, infatti, emerge una situazione allarmante sul personale infermieristico che imporrebbe un deciso cambio di rotta. Dai numeri relativi al nostro personale infermieristico confrontati con quelli degli altri Paesi da un recente rapporto del CREA, risulta che in Italia nel 2020 operavano 5,5 infermieri ogni 1.000 abitanti contro i 7,8 del Regno Unito, i 10,8 della Francia ed i 13,2 della Germania. Anche se la situazione è leggermente migliorata nel 2021 arrivando a 6,2 infermieri ogni 1000 abitanti e quindi ad un personale totale di 367.894, siamo ancora ben distanti dalla media OCSE.

Ad oggi, in assenza di standard di riferimento, si può fare solo una stima delle carenze di professionisti sanitari nei vari ruoli. La Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, supportata da un rapporto del Censis del 2020, segnala che per mantenere gli attuali standard assistenziali ci sarebbe bisogno di oltre 60 mila nuove risorse. Mentre per raggiungere il valore benchmark relativo alla media OCSE pari a 8,8 infermieri ogni 1.000 abitanti, il fabbisogno nazionale sarebbe di 524.845 e quindi, stando a questo calcolo, ne mancherebbero circa 170 mila. 

La professione infermieristica perde attrattiva 

L’inadeguatezza dei salari, la mancata valorizzazione professionale (la formazione garantita si è ridotta da 1,2 giornate annue a 0,4) e il carico di lavoro eccessivamente pesante, sia dal punto di vista fisico che psicologico, non si riversa negativamente solo sul servizio al cittadino, ma anche sull’attrattività della professione infermieristica verso i giovani. Se guardiamo alla classe di laurea infermieristica, sulla base dei dati MIUR rielaborati dalla FP CGIL, è possibile riscontrare come la programmazione dei fabbisogni non solo sia del tutto inadeguata ma anche come la volontà di ricoprire questa professione, verificabile con il calo delle iscrizioni in alcune università italiane, diminuisca negli anni. 

Posti disponibili dall’AA 2013-2014 all’AA 2018-2019 Laureati anni 2016-2021 immatricolati dall’AA 2013-2014 all’AA 2018-2019 % Laureati sui posti disponibili Posti disponibili dall’AA 2019-2020 all’AA 2023-2024 Laureati previsti dal 2022 al 2026
Professioni sanitarie, infermieristiche e professione sanitaria ostetrica 96.421 69.497 72.08% 92.298 66.525

Fonte: Elaborazione della FP Cgil su dati MIUR

Considerando che ad oggi su 1000 strutture ospedaliere, 500 sono private accreditate, il dato certo è che i 66.525 laureati in studi infermieristici previsti tra il 2022 e il 2026 non saranno minimamente sufficienti a coprire le esigenze del servizio pubblico e di quello privato accreditato e non accreditato. 

Se la tendenza al pensionamento dovesse continuare ad essere come quella attuale – solo nel 2020 hanno lasciato la professione circa 9 mila unità – saranno 52 mila gli infermieri che lasceranno il lavoro prima del 2026. Nello stesso periodo, soltanto per rispondere agli obiettivi del Pnrr, si aggiunge la necessità di altre 20 mila risorse. Al contrario di quanto affermato da una recente ricerca AGENAS che ha tentato di rassicurare in merito a risorse e programmazione, la situazione è quanto mai grave. Incrociando i dati relativi ai pensionamenti e alle richieste del Pnrr con quelli fissati dall’OCSE per soddisfare il fabbisogno nazionale, stiamo parlando di una carenza di più di 240 mila infermieri. 

La Funzione Pubblica Cgil ha elaborato una proposta di piano straordinario per l’occupazione pubblica di qualità, che si inserisce nel solco di decenni di mobilitazioni, discussioni pubbliche e relazioni con le lavoratrici e i lavoratori. È necessario fare un serio investimento sulla valorizzazione delle competenze e delle professionalità, costruire le condizioni affinché i dipendenti siano adeguatamente formati, coinvolti e motivati. I numeri parlano chiaro e prefigurano uno scenario complesso nel quale è a rischio la tenuta dei servizi sanitari. Tutto questo impone di chiarire quale strada vogliamo percorrere ed intraprenderla nell’immediato per evitare il collasso definitivo del sistema. 

 

Di Matteo Mercuri