La sessualità nel nostro Paese è ancora un tabù. Indietro di decenni rispetto ad altri Paesi europei, in Italia – come in Bulgaria, Cipro, Lituania, Romania e Polonia – l’educazione sessuale nelle scuole non è obbligatoria. Nonostante le linee guida OMS e UNESCO e i tanti progetti di legge mai andati in porto, nel nostro Paese manca un indirizzo nazionale e sono le Regioni – con una grande disparità tra centro, nord e sud – che possono decidere di destinare fondi a progetti di educazione nelle scuole, lasciando la scelta ai singoli istituti scolastici, se non a iniziative spontanee dei ragazzi.
Gli studenti lo chiedono a gran voce, vogliono un’informazione consapevole, anche per orientarsi nel mare magnum dei contenuti disponibili in rete, per lo più non filtrati e potenzialmente correlati con comportamenti devianti o violenti, o semplicemente distorti, nell’approccio alla sessualità e alle relazioni. È un tema trasversale e multidisciplinare, che va dalla salute al rispetto delle differenze e dei diritti umani, al contrasto alla violenza e alle discriminazioni: un tema che andrebbe delineato sin dalla prima infanzia, parte integrante dello sviluppo del sé e di relazioni affettive sane.
Tra le Regioni più attente l’Emilia Romagna, che ha inserito il tema dell’educazione sessuale all’interno delle norme su parità di genere (2014) e prevenzione delle discriminazioni (2019). E proprio a Bologna è nato, lo scorso novembre, un progetto che rompe la cortina di pregiudizi: è la Tabooteca, una vetrina di giochi, oggetti e testi didattici adeguati a tutte le età, rivolta a educatori, formatori e famiglie che possono scegliere, provare e prendere in prestito i materiali per 14 giorni per le proprie attività educative. Si tratta soprattutto di giochi da tavolo e diversi strumenti di apprendimento collettivo.
“Abbiamo pensato alla Tabooteca come a un’azione specifica di educazione alla sessualità, dall’età evolutiva agli adulti – spiega Elena Lolli, Associazione Orlando e coordinatrice di Tabooteca -. È un progetto in evoluzione, che si pone anche l’obiettivo di raccogliere dati e informazioni su chi fa educazione sessuale in Italia. Abbiamo aperto un questionario online a livello nazionale, che stiamo ancora analizzando. Il quadro è eterogeneo: con l’autonomia scolastica molto dipende dai singoli istituti, che ospitano laboratori affidati ad associazioni e realtà del terzo settore attive sul campo, come la rete di Scosse e il progetto Educare alle differenze, ma emerge come psicologi, formatori e educatori operino anche in forma privata, nei propri ambulatori o in altri spazi”.
Da dove vengono i prodotti?
“I giochi e i materiali didattici vengono per lo più dalla Francia, e adesso ne stanno arrivando alcuni dall’Argentina, oggetti disegnati da un’esperta di educazione sessuale. In Italiano per i ragazzi c’è pochissimo, qualcosa in più per gli adulti. Ad esempio, abbiamo Gioca le tue carte, un gioco legato all’educazione alle differenze e al contrasto al bullismo”.
Chi è stato fino ad oggi a venire da voi?
“Sono essenzialmente le donne a mettersi in contatto con noi. Vengono educatrici, operatrici di centri giovanili, studentesse e mamme che hanno figlie che entrano nell’età delle mestruazioni, oggi molto precoce. Hanno voglia di raccontare le loro esperienze. Si percepisce la mancanza di punti di riferimento. A breve organizzeremo un Open Day proprio per mettere in relazione chi viene da noi e creare un network”.
All’apertura, molte sono state le critiche da parte di partiti sovranisti e associazioni ultracattoliche. Quanto pesa nel clima complessivo?
“Pesa, certamente. Siamo state oggetto di due interrogazioni, in Comune e in Regione, perché il centro è in convenzione con il Comune e il progetto è finanziato con fondi regionali. Tuttavia erano critiche prive di fondamento, perché non è una ludoteca e non facciamo educazione sessuale ai bambini delle materne. Complessivamente, bisognerà capire quanto l’Italia vorrà adeguarsi alle indicazioni europee e quanto saranno agevolate associazioni che la pensano in modo diverso da noi”.
Quali sono i progetti futuri?
“L’idea è quella di realizzare Tabooteche in altre città, e stiamo iniziando a valutare collaborazioni con chi si occupa di altre “diversità”, come le disabilità. Ci sono reti che si occupano di sessualità e disabilità e ci proponiamo di entrare in contatto con loro per inserire in catalogo giochi per bambini con disabilità fisiche o cognitive”.
Insomma, una rete in espansione, di cui c’è proprio un grande bisogno.
Di Chiara Pinzuti