Francesca Fagioli

La psichiatra: “I giovani esigono risposte su sessualità e salute mentale. I consultori? Sovraccaricati”

In Italia non ci sono le risorse necessarie per permettere ai giovani che ne fanno richiesta una psicoterapia nel servizio pubblico

I giovani di oggi hanno superato diversi tabù rispetto alle generazioni precedenti. Tra questi la sessualità e la salute mentale, argomenti di cui sentono di poter parlare liberamente, con la voglia di conoscere e avere risposte che però faticano ad arrivare. Nelle scuole, in famiglia e nei consultori non è sempre facile trovare lo spazio per affrontare questi temi. Ne abbiamo parlato con Francesca Fagioli, psichiatra, psicoterapeuta e dirigente medico ASL Roma 1, che da anni lavora con i ragazzi nelle scuole.

I tempi cambiano e con essi anche le modalità di relazionarsi. Per esempio, l’introduzione dei social network ha influenzato in maniera importante l’universo dei rapporti sociali e sentimentali tra i più giovani. Lei ha percepito dei cambiamenti?

I social network con la pandemia hanno inevitabilmente rappresentato uno strumento che i ragazzi hanno utilizzato per mantenere i propri rapporti, le relazioni sociali e sentimentali minate dal confinamento. Sotto questo aspetto sono stati quindi utilissimi, ma se nei soggetti che ne fanno uso c’è poi una fragilità o un malessere, la storia cambia. Il social da utile strumento può diventare qualcosa che danneggia e che fa male. Può diventare il mezzo attraverso il quale comunicare ed esprimere il proprio disagio. 

Crede che le app per appuntamenti abbiano avuto effetti negativi nel modo di approcciare alle relazioni sentimentali o che siano semplicemente un’opzione in più per conoscere persone affini? 

Non bisogna demonizzare questi strumenti, possono pur sempre essere utili per fare incontri interessanti, magari anche con un risvolto positivo. Quello che dobbiamo chiederci è perché c’è la necessità di ricorrere a questi mezzi quando, specialmente adesso che ne abbiamo nuovamente la possibilità, ci si potrebbe conoscere in modo più naturale, di persona. 

C’è un’altra faccia, altrettanto importante, dell’amore: il sesso. Il fatto che questo tema sia spesso un tabù nelle famiglie e nelle scuole rischia di lasciare gli adolescenti soli nel vasto mondo della sessualità. Quanto ritiene importante introdurre un serio programma di educazione sessuale nelle scuole?

Credo sia necessario, anche perchè sono proprio i ragazzi ad esigerlo. Però mi suscita sempre una certa allergia parlare di educazione legata alla sessualità: l’essere umano non deve essere educato alla sessualità. È un fatto privato ed è molto importante che ognuno conquisti autonomamente la libertà di viverla ed esprimerla come meglio crede. Sono tanti anni che vado nelle scuole per affrontare questo tema insieme ai ragazzi e devo ammettere che sono sempre più preparati. Se prima era un tabù, ora i giovani pretendono di parlare della sessualità e lo fanno molto più liberamente, senza paura. Rispetto a cinque o sei anni fa, mi trovo davanti a delle classi dove nessuno sente più il bisogno di nascondersi. Alzano la mano e pongono le domande in maniera spontanea e tranquilla. 

Nella sua attività nelle scuole, quali sono le principali esigenze che ha individuato tra i ragazzi? Ci sono stati casi particolari che l’hanno sorpresa in modo positivo o negativo? 

Dieci anni fa lo psicologo o lo psichiatra che stava allo sportello d’ascolto era visto come il vecchio strizzacervelli. Ora i ragazzi fanno la fila, non si vergognano di uscire dalla classe per venire a parlare. Sono coinvolti in prima persona, si preoccupano della loro salute mentale e pretendono di avere risposte sul perché stanno male, come se volessero conoscere nel profondo la psicologia umana. Non solo per interesse personale, ma anche per rendersi utili agli altri. Se vedono qualcuno in difficoltà, vengono a chiedere come comportarsi, come poter essere d’aiuto. La pandemia da una parte ha fatto esplodere situazioni che già erano fragili, ma dall’altra ha fatto emergere l’esigenza di capire e conoscere la salute mentale dell’essere umano. 

Sarebbe opportuno coinvolgere anche i genitori in un programma di formazione per imparare ad approcciare ai figli adolescenti e al tema della sessualità?

Gli adulti purtroppo non stanno al passo, a casa non ne parlano. Forse perché sono stati adolescenti in un’altra epoca o perché sono stati educati con idee retrograde e bigotte, che involontariamente riversano sui figli. È vero anche che, seppure i genitori siano più aperti, ci possono essere ragazzi che hanno difficoltà ad aprirsi con loro su determinati aspetti. Ma un modo per affrontare il tema della sessualità si può sempre trovare. I genitori avrebbero proprio bisogno di essere coinvolti perché tante volte, non per cattiveria, ma magari per impreparazione o per paura, non sono in grado di dare risposte. 

A volte ad un forte amore reciproco nella coppia non corrisponde una soddisfazione di entrambi i partner nella vita sessuale. Come si possono risolvere queste problematiche?

In presenza di problematiche simili, il primo passo è lavorare su se stessi e poi sul rapporto con l’altro, ponendosi sempre le giuste domande. Come sto? La relazione sta proseguendo in modo sano? È stimolante? Le cose cambiano, ma come stanno cambiando? Ricordiamoci sempre che un rapporto d’amore può definirsi tale quando nella coppia ci si impegna nella propria crescita e in quella del partner, rafforzandone e migliorandone l’identità. Poi viene tutto il resto, il sesso e il desiderio, una parola spesso abusata, a cui vengono attribuiti significati che non gli corrispondono. Il desiderio è strettamente legato al rapporto umano, qualcosa che ti porta a cercare l’altro e volerlo anche dal punto di vista sessuale. 

Il consultorio è uno degli spazi fondamentali dove i ragazzi devono poter trovare sostegno e consigli. Ma ci sono risorse a sufficienza per garantire risposte a chi chiede aiuto?

I consultori, che dovrebbero rappresentare per i giovani un accesso diretto a dei professionisti senza la presenza dei genitori, sono assolutamente insufficienti. Così come non sono sufficienti i centri psichiatrici per adolescenti. Specialmente in questi ultimi due o tre anni siamo sovraccarichi a livelli insostenibili, ma è inutile stare qui a ribadire tutto ciò che manca; lo sappiamo benissimo. In Italia non ci sono le risorse necessarie per permettere ai giovani che ne fanno richiesta una psicoterapia nel servizio pubblico. Perché non dovremmo accoglierli? Perché non stanno così male? Perché determinate situazioni non sono così gravi? Magari stanno crescendo in una situazione di difficoltà e avrebbero proprio bisogno di tirar fuori determinate cose che, se non vengono affrontate, poi possono peggiorare. C’è un mondo di problemi che non può rimanere nascosto. 

 

di Matteo Mercuri