Violenza sessuale, il sondaggio: per l’86% la responsabile è l’educazione in famiglia

Violenza sessuale: il sondaggio, per l’86% la responsabile è l’educazione in famiglia

È la carenza di educazione relazionale e sessuale in famiglia la principale responsabile degli episodi di violenza sessuale: il dato emerge da un sondaggio promosso da Sky Tg24 e realizzato in collaborazione con Quorum e YouTrend. Un’indagine che arriva a seguito dei gravi episodi di violenza sessuale verificatisi nelle scorse settimane che hanno portato di nuovo la politica, i media e l’opinione pubblica tutta a riflettere su quali possano essere le cause di tale deriva sociale e quali le possibili azioni di contrasto.

Quali sono le cause del fenomeno?

La domanda principale, e anche quella che divide l’opinione pubblica, è quali siano i principali fattori che contribuiscono al verificarsi dei casi di violenza sessuale nel nostro Paese. Secondo gli intervistati il motivo principale è una carente educazione relazionale e sessuale all’interno della famiglia: lo sostiene l’86% del campione. Solo dopo arriva la responsabilità della scuola, dove l’educazione sessuale è assente (76%). La maggior parte degli intervistati, dunque, ritiene che le basi di una buona educazione affettiva debbano arrivare dalla famiglia fin dai primissimi anni di vita, solo dopo dal sistema scolastico. Il 77%, poi, ritiene che il fattore scatenante sia l’indole violenta del singolo individuo che commette il reato e che quindi non necessariamente il problema debba ricondursi ad una questione culturale più ampia. Alcuni degli intervistati mettono anche l’accento sul disagio psicologico e sociale che spesso sfocia in un patologico desiderio di esibirsi sui social network e nelle chat (75%). Allo stesso modo viene indicato tra i fattori principali il ruolo della pornografia che fornirebbe una visione distorta della sessualità. Infine, il 26% degli intervistati ritiene che il comportamento e l’abbigliamento delle donne vittime di violenza possano ritenersi un fattore che contribuisce agli episodi di violenza.

Cosa pensano gli uomini e le donne?

È interessante analizzare se le opinioni espresse dagli uomini e dalle donne sul tema differiscano tra loro. In realtà per la maggior parte delle risposte uomini e donne si sono dimostrati essere dello stesso parere. La risposta che li ha visti maggiormente d’accordo è quella secondo cui il comportamento e l’abbigliamento della donna vittima di violenza possano aver inciso nell’aggressione. Un dato che mostra come ancora si tenda a colpevolizzare la vittima, individuando una giustificazione o quantomeno un’attenuante al comportamento violento. La domanda, invece, maggiormente divisiva è quella che riguarda l’incidenza della cultura patriarcale, che vede le donne come subalterne agli uomini, in episodi di violenza. Un aspetto rilevante secondo l’80% delle donne, contro il 65% degli uomini.

Quali le soluzioni da mettere in campo?

Altro aspetto indagato è quello delle soluzioni ritenute più efficaci per evitare che questi eventi si verifichino. L’83% degli intervistati ha dimostrato una propensione alla prevenzione del fenomeno, ritenendo più utile intervenire alla radice, nell’educazione dei ragazzi al rispetto delle donne. Il 14%, invece, ritiene più efficace intervenire sul contenimento del rischio insegnando alle ragazze a proteggersi.

Denunciare è semplice?

Infine, si è passati ad analizzare il fenomeno nella sua fase finale, quello della denuncia del reato. È stato chiesto agli intervistati se secondo loro oggi in Italia sia facile o difficile per una donna vittima di violenza denunciare la violenza subita. Il responso è stato piuttosto netto, con un 74% che ritiene quello della denuncia un percorso complicato. Si è allora chiesto loro quali misure sarebbero efficaci per semplificare la scelta della donna di denunciare. Il 32% ha indicato come elemento utile la garanzia dell’anonimato; il 21% il divieto di divulgazione dei dettagli della violenza da parte dei media; il 18% propone una formazione specifica per le forze dell’ordine sulla gestione di casi di questo tipo; il 12% propone l’aumento del numero dei centri antiviolenza e infine l’11% indica come utile l’aumento dei termini per la denuncia (oggi fissati a 12 mesi).

 

di Martina Bortolotti