“Teen dating violence”, perché la violenza tra adolescenti non è una semplice “lite tra ragazzi”

“Teen dating violence”, perché la violenza tra adolescenti non è una semplice “lite tra ragazzi”

Si chiama “teen dating violence” ed è un fenomeno totalmente sottostimato ma largamente diffuso. Si tratta della violenza di genere tra adolescenti, nelle prime relazioni affettive. Un aspetto cui si presta poca attenzione, da una parte per ragioni culturali che ci vedono derubricare i conflitti tra minori come semplici liti tra ragazzi, dall’altra a causa di un gap nella legislazione per cui i centri antiviolenza non possono prendere in carico ragazze minorenni. Da qui parte “Cut all ties”, uno dei primi progetti internazionali per il contrasto alla violenza di genere tra adolescenti, finanziato dalla Comunità Europea e ideato da tre realtà associative: ACRA (Milano), ABD-ONG (Barcellona) e Citibeats (Barcellona). Scopo del progetto è quello di intervenire sulla prevenzione, attraverso una formazione specifica per gli insegnanti che, come primi interlocutori e testimoni della quotidianità dei ragazzi, devono saper riconoscere le dinamiche di violenza fin dai suoi esordi. Monica Martinelli, autrice di un manuale di “istruzioni per l’uso” del progetto, ci racconta da vicino il fenomeno.

Quando si parla di violenza, si pensa sempre al rapporto tra uomini e donne adulti. Il fenomeno, però, è presente anche tra i giovanissimi, alle prime armi con le relazioni sentimentali. Quanto è diffuso tra gli adolescenti?

Più di quanto si pensi. Le prime manifestazioni di violenza possono presentarsi sotto forma di micro-aggressioni: controllo del telefono, degli spostamenti, dei profili social o coercizione nelle relazioni intime. La giovane età e le poche esperienze di vita possono condizionare la volontà e “normalizzare” situazioni di coppia in cui la disparità di potere è molto alta. Gli stereotipi di genere sui ruoli maschili e femminili, spesso polarizzati, e i “miti sull’amore” legati a sofferenza, gelosia e “necessaria sopportazione” fanno il resto. 

Perché è così sottostimato? 

Per vari fattori. Da un lato ragazze e ragazzi tendono a tenere per sé situazioni imbarazzanti o di sofferenza che coinvolgono relazioni intime, a volte per riservatezza e altre volte per timore di un rimprovero. Dall’altro gli adulti tendono a derubricare gli episodi di micro-aggressione tra adolescenti come “scaramucce” senza percepire il peso di certi comportamenti prodromici alla violenza psicologica o fisica. A corollario c’è il fatto che le competenze più alte sui temi legati alla violenza di genere e al suo precoce riconoscimento si trovano all’interno dei centri antiviolenza, presìdi irrinunciabili per il contrasto al fenomeno, che però possono accogliere solo donne maggiorenni ed eventuali figli minori.  

Secondo lei, quali sono le ragioni che portano a sviluppare così precocemente un’inclinazione alla violenza? 

Non credo esista una inclinazione alla violenza da parte dei ragazzi, esiste un sistema patriarcale, che coinvolge uomini e donne e che porta i ragazzi a confrontarsi – e talvolta ad aderire – a modelli di maschilità egemonica o tossica, e le ragazze a modelli di femminilità passiva, dipendente. È un sistema che va scardinato a monte perché è dannoso per gli adolescenti e gli adulti che saranno.

Come formare al meglio gli insegnanti che si ritrovano ad affrontare situazioni di questo tipo?

Come strategia di lungo periodo ci sono gli studi di genere: sono una risorsa fondamentale per capire i meccanismi delle relazioni di potere tra i generi, saperle riconoscere e quindi contrastarle. Dovrebbero essere diffusi in tutti gli atenei, soprattutto nei corsi di laurea di Scienze della formazione. Come strategia di breve periodo esistono corsi di formazione come Cut all ties, che prevedono lo sviluppo di competenze specifiche per il riconoscimento della violenza e offrono suggerimenti per costruire dei protocolli di contrasto alla violenza all’interno delle scuole, con personale formato, sportelli e strategie da adottare al momento di una eventuale segnalazione. 

Come aiutare i ragazzi a chiedere un sostegno senza vergognarsi? C’è bisogno di un nuovo patto di fiducia tra giovani e istituzioni?

Le istituzioni sono composte di persone fisiche, serve una fiducia reciproca e un’alleanza intergenerazionale tra adulti e adolescenti. In primis, la capacità degli adulti di creare spazi sicuri di confronto, dove si sospenda il giudizio e, semplicemente, si ascolti.

 

di Martina Bortolotti