Se pensiamo al settore scolastico italiano le domande che viene da porsi immediatamente dopo sono relative a quello che manca, a quello che si può migliorare e a quali provvedimenti sono previsti per mettere una pezza alle inefficienze cumulate negli anni. Buona parte delle strutture scolastiche è obsoleta, le dotazioni tecnologiche sono spesso inadeguate e le classi sovraffollate continuano ad essere un problema.
I fondi del PNRR, anche per la scuola, potrebbero rappresentare un’ancora di salvezza, o comunque, un treno da non perdere soprattutto per quanto riguarda l’edilizia scolastica e la digitalizzazione, ma il potenziamento del corpo docente e il ridimensionamento del numero di alunni nelle classi sono tematiche che necessitano di un approccio diverso.
La scuola è a corto di insegnanti
I dati nazionali elaborati dalla Flc Cgil forniscono un quadro rilevante sia dal punto di vista dei posti vacanti sia da quello del numero degli insegnanti di ruolo di cui si avrebbe realmente bisogno. Dopo le assunzioni effettuate per l’anno scolastico 2022/2023, sappiamo che a fronte di un contingente di 94.130 posti ne sono stati assegnati, dalle diverse procedure, soltanto 42.979. Complessivamente i posti non attribuiti sono stati 51.151.
Le scuole sono sempre più a corto di insegnanti e il governo colpisce i territori dove la rete scolastica è più fragile. Con il Decreto PA, in primis, si provvede all’assunzione di 56.000 docenti, tra cui 19.000 posti andranno per il sostegno e gli altri saranno assegnati agli idonei di graduatorie precedenti. Un secondo provvedimento consiste nel nuovo concorso che si svolgerà entro la fine di giugno, che vedrà l’assegnazione di 30/35.000 posti, riservati agli insegnanti che avranno accumulato almeno tre anni di servizio e siano in possesso dei 24 CFU universitari.
Guardando al numero delle supplenze, invece, pare che l’abuso dei contratti a termine rimanga un elemento distintivo del nostro sistema: tra i contratti annuali e quelli della durata delle attività scolastiche, solo nell’ultimo anno ne sono stati assegnati 217. 693. Questi numeri ci dicono che il piano straordinario di assunzioni finanziato dal PNRR che prevede 70.000 nuovi ingressi potrebbe non bastare per ovviare al problema di un organico sottodimensionato.
Gli alunni sono sempre di meno
Il calo del numero degli alunni è disomogeneo e maggiormente concentrato nelle aree non urbanizzate del nostro territorio. Ad ogni modo, la diminuzione del numero degli iscritti non è affatto una bella notizia anche perché le cifre sono consistenti. Secondo le elaborazione della Flc Cgil, infatti, dall’anno scolastico 2017/18 a quello ancora in corso gli alunni sarebbero diminuiti di 605.168 unità.
Un fenomeno allarmante, figlio di molteplici fattori. Il tasso di denatalità e il calo demografico – che da anni non conosce interruzione – sono tra le prime cause a cui viene più semplice pensare, ed effettivamente sono tra le principali. Lo conferma il fatto che la perdita di alunni più cospicua, nel periodo monitorato, ha interessato la scuola dell’infanzia e la scuola primaria. Ma tra le altre cause non sono di secondaria importanza lo spopolamento delle zone rurali, la dispersione scolastica e la migrazione di intere famiglie verso l’estero.
Le previsioni di Orizzonte Scuola sono ancor più gravi se si guarda da qui a 10 anni: si passerà da 7,4 milioni di studenti a poco più di 6 milioni nell’anno scolastico 2033/34, con quote di 110-120mila ragazzi in meno ogni anno. Risulta evidente la conseguenza dei calo delle cattedre: l’organico docente passerà dalle attuali 684.314 cattedre a 558.095 nel 2033/34, con riduzioni di 10-12mila posti ogni anno.
La chiusura di 500 scuole entro il 2030
Dall’ultima legge di bilancio si evince che nelle intenzioni del governo ci sarebbe quella di chiudere oltre 500 istituti scolastici nei prossimi 8 anni. Il Sud sarà l’area maggiormente interessata e solo nei prossimi tre anni potrebbe subire la chiusura di circa 330 scuole.
La motivazione alla base di questo indirizzo politico sarebbe stata l’individuazione di istituti scolastici sottodimensionati, ovvero con meno di 500 studenti. Una soglia che scende a 300 unità per le istituzioni situate nelle piccole isole, nei comuni montani o nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche. Secondo il Ministero dell’Istruzione a settembre 2022 risultavano 151 istituzioni scolastiche sottodimensionate, con il maggior numero in Campania (28), Calabria (22) e Marche (14).
Ma la chiusura delle scuole porterà con sé un accorpamento con quelle già esistenti e il rischio è di incorrere in un aumento della dispersione scolastica e nell’aumento delle classi sovraffollate. A livello nazionale, mediamente, non ci sono quasi mai più di 20 alunni per classe, ma nelle grandi città, dove c’è una maggior concentrazione, le classi sfiorano una media di 28/30 alunni. La scuola, come la sanità, è uno dei servizi pubblici su cui si fonda la nostra democrazia e lo stato in cui versa suggerisce la necessità di una strategia profondamente diversa.
di Matteo Mercuri