Intanto dobbiamo chiarire cosa è la Sanità Privata nel nostro Paese, quando ne parliamo pensiamo subito alle strutture private che lavorano con assicurazioni o con pazienti paganti, in realtà non è questo, ma sono le strutture private accreditate cioè ospedali, residenze sanitarie assistenziali (rsa), centri di riabilitazione, hospice che erogano per il Servizio Sanitario Nazionale ma chi li gestisce sono soggetti privati.
In tutte le Regioni italiane esiste la Sanità Privata, negli anni, si è sviluppato un sistema nel settore della sanità: dove il pubblico ha lasciato spazi, questi sono stati occupati dalla sanità privata, quindi le regioni si avvalgono di un supporto attraverso le strutture private accreditate per erogare salute per il Servizio Sanitario Nazionale. In alcune regioni la quota del privato è attorno al 40-50%, ad esempio Lombardia, Lazio e Campania. Uno dei principali nodi del sistema è rappresentato dalla circostanza che vede i dipendenti di queste strutture private non godere degli stessi diritti dei lavoratori del sistema pubblico. Tutti erogano un servizio pubblico fondamentale – lavoratori pubblici e privati – ma il trattamento dei lavoratori è estremamente differenziato in termini di diritti. Il grande vulnus sta nel fatto che i lavoratori del settore privato si trovano in una condizione totalmente diversa dai loro colleghi del pubblico, sia sotto il punto di vista economico che dei diritti. Un infermiere, un fisioterapista, un’ostetrica, a prescindere se operino nel pubblico o nel privato, sono innanzitutto professionisti e professioniste, lavoratori e lavoratrici che per fare quella professione hanno studiato all’Università, hanno conseguito una laurea, devono pagarsi un’assicurazione, devono essere iscritti agli Ordini e devono fare la formazione continua obbligatoria. Però, purtroppo, le disparità sono evidenti: quasi sempre nel privato, a parità di profilo professionale e tipologia di lavoro, si lavora per più ore e le retribuzioni sono molto più basse. A questo aggiungiamo anche l’elemento della paga che non è affatto uniforme sul territorio nazionale, perché il salario può variare anche in relazione al territorio in cui si opera: tendenza che, purtroppo, l’autonomia differenziata proposta del governo non potrà che esacerbare. Il comparto, inoltre, soffre di una cronica mancanza di personale: i lavoratori che si affacciano a queste professioni diminuiscono sempre di più a causa del combinato disposto tra calo dell’attrattività della professione e numero chiuso all’università. Per superare questo collo di bottiglia, la richiesta è abolire il numero chiuso all’università, allo stesso tempo, continuare con sempre maggiore determinazione la battaglia sui diritti e sul salario per riconoscere il giusto valore alle professioni.
I professionisti, siano essi lavoratori che salgono su un’eliambulanza, lavorano in una rsa o un Centro di riabilitazione, dovrebbero avere gli stessi diritti, sia che essi lavorino nel Ssn con il contratto pubblico sia che lavorino nel Ssn con il contratto della sanità privata. Professionalità e lavoro, diritti e salario, prospettive e formazione: dovrebbero essere queste le parole d’ordine per tutto il comparto. Ed, invece, ci si scontra con una giungla di 47 contratti che si possono formalmente applicare, talvolta sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali scarsamente rappresentative. Si tratta di contratti che, purtroppo, spingono verso un continuo compromesso al ribasso in termini di salario, diritti e, di fatto, di dignità. Contro questa tendenza, anche grazie alle nostre battaglie, si riesce a vedere una luce in fondo al tunnel. La Regione Puglia, ad esempio, ha deliberato recentemente che per ottenere l’accreditamento per le strutture riabilitative ed i relativi rimborsi, è requisito necessario applicare il contratto della sanità privata e non altri. Questo assurge a scudo contro dumping contrattuale, concorrenza sleale, ingiustizia sostanziale e maggiori diritti e adeguate retribuzioni per le lavoratrici e i lavoratori.
Inoltre, per rilanciare l’intero settore è necessario investire su un Piano straordinario di assunzioni, misura fondamentale per combattere le liste d’attesa, diminuire il tempo di attesa nei pronto soccorso e, complessivamente, venire maggiormente incontro alle esigenze del Paese. Non possiamo di certo pensare di risolvere il problema facendo lavorare (ancora!) di più il personale, o spingendo sempre più in avanti l’età pensionabile. Bisogna assumere, assumere, assumere, e in più riconoscere le professioni sanitarie come usuranti.
Costruire una piattaforma di diritti uguali per tutti, tornare a rendere attrattive le professionalità della sanità, puntare su formazione e nuove assunzioni: ecco le nostre priorità. Perchè il lavoro, come ha ricordato Papa Francesco, “è un elemento fondamentale per la dignità della persona”.
Una sfida che dobbiamo vincere. Ne va del futuro di un Paese.
Di Barbara Francavilla, Segretaria nazionale Fp Cgil per la Sanità Privata