Il Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl Roma 2: “Bisogna rafforzare i servizi di psicoterapia pubblici. Per i giovani sportelli nelle scuole e consultori devono essere un punto di riferimento”
Ancora oggi i disagi di tipo mentale sono oggetto di stigma sociale, nonostante i considerevoli progressi. C’è chi si sente giudicato e rifiuta di parlarne. Chi invece decide di aprirsi e di chiedere aiuto incontra spesso delle difficoltà nell’accesso alle cure pubbliche. Ma, di fronte ai costi elevati del privato, sono in tanti a scoraggiarsi e a rinunciare ad un sostegno psicologico. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, che ricorre il 10 ottobre di ogni anno, abbiamo fatto il punto con Massimo Cozza, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl Roma 2, la più grande azienda sanitaria d’Italia che conta un bacino di utenza di circa 1 milione e 300 mila abitanti.
Emergenza climatica, pandemia, guerra, inflazione e caro energia. Gli ultimi due anni hanno contribuito a creare nelle persone stati di malessere e insicurezza. Anche disturbi come l’ansia e la depressione sono considerevolmente aumentati. Infatti, in Italia più di 4 milioni di persone ne soffrono, di cui il 38% ha tra i 14 e i 24 anni. Come difendersi?
L’aumento del disagio sicuramente c’è stato, soprattutto nella fascia adolescenziale. Il messaggio che va dato è di non tenere dentro di sé il malessere, di parlarne con le persone intime, anche con il medico di famiglia se il disagio persiste nel tempo. Avere un malessere per delle cause come appunto un periodo di lockdown, la perdita del lavoro o un momento difficile rientra nella fisiologia della nostra vita. Il problema è se il disagio persiste nel tempo e raggiunge un livello di intensità tale da compromettere gli equilibri della vita quotidiana. Quello è un campanello d’allarme che ci fa capire che dobbiamo aprirci e parlarne, eventualmente anche rivolgerci a degli specialisti.
Il servizio privato di sostegno psicologico e psichiatrico è costoso e tanti rinunciano ad essere supportati. Come si possono rafforzare i servizi pubblici di salute mentale? Da dove partire?
Questa è una criticità. La rete di servizi pubblici esiste ma le risorse sono molto limitate e quindi si tende a dare priorità alle persone che presentano disturbi più complessi e più gravi. Nel nostro Paese la spesa per la salute mentale è intorno al 3%. Il problema è stato posto ma è necessario partire da un piano straordinario di assunzioni, perché nella salute mentale quello che conta in primo luogo è il rapporto tra l’operatore e la persona che vive un disagio.
Nel resto d’Europa l’investimento è maggiore?
La spesa è sicuramente più alta. È più alto proprio l’investimento nei servizi pubblici, anche nella sanità e di conseguenza nella salute mentale.
La salute mentale, vissuta come un tabù negli anni addietro, viene fortunatamente sempre più sdoganata. Infatti, secondo tre quarti della popolazione (76%) andare dallo psicologo non è più qualcosa da tenere nascosto. Cosa fare per contribuire a questo processo di “normalizzazione” e far comprendere l’importanza di prendersi cura di sé anche da questo punto di vista?
Intanto va fatta una campagna costante per contrastare i pregiudizi, che definiscono le persone con disturbi mentali pericolose, improduttive, inguaribili. Sono pregiudizi che arrecano molti danni, che vengono interiorizzati e portano chi è in difficoltà – o i suoi familiari – a vergognarsi di parlarne e a non chiedere aiuto. Bisogna superare questo tabù. Qualcosa in positivo si sta muovendo: sempre più persone decidono di andare dallo psicologo. Il problema è che dovremmo prestare servizi di psicoterapia pubblici; i cittadini invece il più delle volte si rivolgono al privato, spesso per poche sedute a causa dei costi. Bisogna potenziare la rete pubblica che già esiste.
Per venire in aiuto dei più giovani, si potrebbe intervenire nelle scuole e nei consultori?
Questa è la via maestra. Sportelli nelle scuole e consultori dovrebbero costituire un punto di riferimento per i ragazzi. Anche perché non dobbiamo psichiatrizzare tutti i casi di disagio. La figura dello psicologo, in collegamento con il medico di base e le case di comunità, svolge un compito molto importante. Il centro di salute mentale deve fornire una risposta ai disagi più complessi.
di Martina Bortolotti