Il WWF: “Salute e ambiente, ecco perché l’autonomia differenziata è dannosa”

Spazio Pubblico approfondirà in diverse interviste le ricadute dell’autonomia differenziata su ambiti, settori, priorità fondamentali del nostro Paese. A partire dall’ambiente, dalla salute, dai diritti. Oggi raccogliamo il parere di Gaetano Benedetto, presidente del Centro Studi del World Wildlife Fund.

Gaetano Benedetto (Presidente Centro Studi WWF): quali sono i vostri timori per le conseguenze sulla tutela degli ecosistemi della legge sull’autonomia differenziata, appena entrata in vigore?

Come sappiamo tra le materie che potranno essere oggetto delle intese Stato Regioni sull’autonomia differenziata ci sono anche la tutela dell’ambiente e la tutela dell’ecosistema. La natura però non conosce i confini amministrativi di una Regione. Se la tutela di un habitat o di una specie che interessa ambiti territoriali di più Regioni viene fatta in modo disomogeneo si riducono le possibilità di conservazione che quella tutela dovrebbe garantire. E non saranno i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) (che si devono ancora fissare) ad assicurare l’omogeneità delle misure da garantire. Questi, sebbene nominalmente individuati, devono essere ancora parametrati e non sappiamo quanto costeranno per essere garantiti e tanto meno quali saranno le coperture di questi costi. Inoltre il mondo della scienza ha già evidenziato che mentre il percorso per arrivare ai LEP sulla tutela ambientale è certamente fattibile, quello dei LEP sulla tutela dell’ecosistema è ancora in gran parte da definire. Problema questo fondamentale perché è dai cosiddetti servizi ecosistemici che deriva il nostro benessere, sono questi che garantiscono ad esempio la qualità dell’aria che respiriamo o dell’acqua che beviamo. Ma pur volendo ammettere che si definiranno correttamente i LEP e che ci saranno le risorse finanziarie per garantirli sia nelle Regioni interessate dalle intese di autonomia con lo Stato che in tutte le altre (come per altro prevede la legge), questo purtroppo non basterà perché le variabili per una gestione differenziata ma omogenea sono infinite. Basti pensare al Parco Nazionale dello Stelvio, parco unico ma nel nome di una politica autonomista è stato tripartito in una gestione per ambiti. Esempio drammaticamente ancora più evidente è quello dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che da anni definiti e teoricamente operativi per il settore sanitario; questi avrebbero dovuto garantire in tutte le Regioni pari opportunità di prevenzione ed assistenza sanitaria mentre invece non è così perché è l’efficienza della macchina amministrativa regionale a fare la differenza. Il modello LEP che si sta proponendo è drammaticamente simile a quello LEA della sanità i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Abbiamo da poco festeggiato l’inserimento in Costituzione dell’ambiente come principio, modificando l’articolo 9 e il 41. La Corte Costituzionale ha definito l’ambiente come sistema, “considerato cioè nel suo aspetto dinamico, quale realmente è, e non soltanto da un punto di vista statico ed astratto”. Un valore trasversale, quindi. Ora però c’è il rischio che ogni Regione agisca in modo diverso sulle priorità ambientali. Non è una contraddizione?

Il WWF ha ripetutamente posto al Parlamento, sia al Senato che alla Camera, il problema di come e quanto la riforma costituzionale del 2022, che ha modificato gli art. 9 e 41 della Costituzione, potesse e dovesse condizionare l’applicazione dell’art. 116 che nel 2001 ha disposto la possibilità del cosiddetto regionalismo differenziato. Il tema è complesso, volendo schematizzarlo dobbiamo ricordare che le materie che possono essere oggetto di richieste di speciali forme di autonomie sono tutte quelle di cosiddetta di legislazione concorrente, cioè dove lo Stato e le Regioni hanno pari potestà legislativa, più alcune altre che invece sono di competenza legislativa esclusiva dello Stato, tra queste la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Il WWF e non solo ritiene che queste materie avrebbero dovuto avere procedure differenziate, più snelle per le materie concorrenti, più ponderate per quelli di competenza esclusiva dello Stato. Poiché poi la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema ha assunto al rango di principio fondamentale della Costituzione era auspicabile quanto meno una procedura specifica ulteriormente rafforzata. Questa distinzione tra le varie materie, logica prima che giuridica, è stata totalmente ignorata e così la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema viene trattata come qualunque altra materia. Ma c’è di più. Ai sensi dell’art. 9 riformato la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi dev’essere garantita anche nell’interesse delle future generazioni, questo significa che le future generazioni devono essere considerate nella definizione dei Livelli Essenziali di Prestazione. In poche parole la tutele deve avere una visione prospettica che dovrebbe considerare gli impatti crescenti e quindi adattarsi proporzionalmente a questi. I LEP per ambiente ed ecosistema invece, che già hanno i limiti sopra accennati, dovrebbero dunque rispondere a logiche diverse rispetto ai LEP di altre materie. Neppure questa differenziazione si è voluta fare sebbene nei lavori del Comitato LEP presieduto dal Prof. Cassese è ben chiara la necessità di avere un forte supporto tecnico scientifico per arrivare ad una corretta parametrazione di questi LEP individuati. In definitiva l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, la cui tutela è principio fondamentale della Costituzione, devono essere tutelati dalla Repubblica nel loro insieme, cioè al di là degli Enti territoriali che con lo Stato costituiscono la Repubblica. Questo si deduce chiaramente anche dalla giurisprudenza costituzionale che ha più volte ribadito come eventuali leggi regionali in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema devono garantire un livello di tutela almeno equivalente (“adeguata e non riducibile”) a quello dello Stato.

La tutela dell’ambiente è strettamente connessa al diritto alla salute. Con l’autonomia differenziata, di fatto, verranno differenziati i diritti dei cittadini. In concreto, come questo processo potrebbe avvenire? Dove possono nascere le disuguaglianze più dannose tra regione e regione? Facciamo alcuni esempi.

Il diritto ad un ambiente salubre trova applicazione pratica in un contesto di misure e prestazioni indicate attraverso una normativa che dal contesto comunitaria diviene statale e quindi regionale. In definitiva si configura come un diritto che potremmo definire “quantitativo” e “per soglie”. Oggi questo diritto è garantito dalle attività tecniche svolte dal Servizio Nazionale Protezione Ambiente (SNPA) costituito dalla rete di agenzie regionali per l’ambiente e dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in afferenza al Ministero dell’Ambiente. Il SNPA dal 2016 ha adottato i LEPTA, cioè i Livelli Essenziali delle Prestazione di Tutela Ambientale che stabiliscono una serie di standard di qualità ambientali e quindi soglie d’inquinamento da monitorare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Questo dovrebbe garantire pari tutela ai cittadini indipendentemente dalla loro Regione di appartenenza. Ancora una volta però sappiamo che non è così ed ancora una volta sappiamo che questo in gran parte dipende dall’efficienza amministrativa delle varie Regioni e dagli investimenti nel settore e dal raccordo di queste attività di controllo con i vari organismi che dovrebbero poi adottare le misure conseguenti. Il rischio concreto che corriamo con l’autonomia differenziata è quello di divaricare ulteriormente questo sistema anziché “stringerlo” e “compattarlo”. La domanda è se i LEP (che, come chiarito anche da ISPRA, sono cosa diversa dai LEPTA) potranno garantire maggiore omogeneità e per i motivi già espressi le perplessità in tal senso sono più che fondate. Come WWF abbiamo sostenuto l’importanza della definizione dei LEP indipendentemente dall’autonomia differenziata. Questo infatti permetterebbe di definire i costi di queste prestazioni e quindi di fare un’adeguata programmazione economica pluriennale. Costituirebbe poi l’occasione per individuare livelli di tutela rispetto a tematiche «scomode» per il Paese e non ancora risolte (ad esempio consumo di suolo, carico della chimica in agricoltura, dispersione delle microplastiche). Ragionare sui LEP ambientali solo in relazione al regionalismo differenziato e con i tempi che la politica vorrebbe imporre a questo è un errore, produce un lavoro inevitabilmente insufficiente e comunque contestabile sul piano scientifico soprattutto in relazione alla tutela dell’ecosistema. Errori in questo campo portano automaticamente con sé violazioni di diritti civili e sociali perché è la qualità dell’ambiente che garantisce la salubrità e benessere di tutti i cittadini che ovviamente devono avere pari diritti indipendentemente dalle Regioni in cui risiedono. La salubrità dell’aria delle aree metropolitane è ben peggiore rispetto alle piccole aree urbane, ma il diritto alla salubrità dei cittadini è la stessa e quindi non solo devono essere gli stessi i parametri di riferimento, ma anche le modalità di verifica e controllo e soprattutto la garanzia dei finanziamenti che deve rendere questi effettivamente possibili e cogenti.

Il WWF ha scelto di far parte del Comitato promotore del referendum sull’autonomia differenziata. Qual è l’appello che rivolgete ai cittadini?

Il WWF ha aderito di far parte del Comitato promotore dopo aver fatto di tutto per evitare che la norma fosse così debole e contraddittoria non solo sul tema della tutela dell’ambiente ed ecosistema ma anche su quello dell’energia. Soprattutto nell’ottica delle energie rinnovabili non è pensabile che le politiche di sviluppo di queste, cosi come le analisi dei consumi, così come le riduzione dei gas clima alteranti siano considerate in modo settoriale su scala regionale. Insomma il WWF, prescindendo da altre questioni più generali (quale ad esempio l’alterazione del sistema fiscale che si determinerà), esprime una posizione puntuale e di merito, scientifica quanto giuridica, sui temi di propria competenza. Su questi temi, come sempre sottovalutati dalla politica, il WWF chiede se noi potremmo mai esistere in assenza di natura. Chiede se noi italiani saremmo tali se il nostro Paese non fosse fatto di montagne e foreste, di fiumi e pianure, di animali e piante che vanno da un capo all’altro del nostro Paese, natura che ha creato bellezza, paesaggio, pratiche agricole, cultura, benessere. Trasformare questo insieme strabiliante in uno spezzatino è una follia politica oltre che un’aberrazione culturale.