Rsu per molti ma non per tutti, il caso della Polizia penitenziaria e dei Vigili del Fuoco

Eleggere i propri rappresentanti sul luogo di lavoro, esercitare e praticare la democrazia nella propria sede attraverso l’elezione delle Rappresentanze sindacali unitarie non è pratica diffusa. Per stare solo a un segmento del lavoro pubblico, ci sono due esempi macroscopici. Parliamo della Polizia penitenziaria e dei Vigili del Fuoco. Alle lavoratrici e ai lavoratori di questi due corpi, che rientrano rispettivamente nel contratto Sicurezza e Difesa e Soccorso Pubblico, viene preclusa la possibilità di poter eleggere le proprie rappresentanze sindacali. La ragione risiede sostanzialmente nella natura del loro contratto nazionale di lavoro, ovvero di natura pubblicistica rispetto alla natura privatistica che, invece, segna, ad esempio, i contratti delle Funzioni Centrali, degli Enti Locali e della Sanità.

Da sempre la Funzione Pubblica Cgil, anche in questa tornata contrattuale, spinge per introdurre la possibilità che le lavoratrici e i lavoratori della Polizia penitenziaria e dei Vigili del Fuoco eleggano loro rappresentanti nei luoghi di lavoro, trovando però ostacoli nelle posizioni di quasi tutte le altre sigle sindacali. Eppure poter eleggere le Rsu permetterebbe non solo di dare impulso in questi due corpi alla contrattazione decentrata ma anche assicurare la corretta definizione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, in segmenti nei quali è molto diffusa la pratica di ‘tessere plurime’. Torna quindi con prepotenza questa necessità: il bisogno cruciale di introdurre un grande momento di democrazia nei luoghi di lavoro in due corpi dello Stato che sono presidio della nostra democrazia.

 

Il valore delle Rsu, ieri ed oggi. Intervista al Professor Carrieri