Rsu e referendum, “ecco perché è fondamentale andare a votare”

Il 14, 15 e 16 aprile si vota, in tutti i luoghi di lavoro pubblici, per eleggere le rappresentanze sindacali unitarie. Approfondiamo l’argomento con il professor Vincenzo Bavaro, Ordinario di Diritto del Lavoro all’Università di Bari Aldo Moro.

Innanzitutto: cosa sono le rsu e di cosa si occupano?

Le rsu sono una forma elettiva di rappresentanza di tutti i lavoratori. Sono una conquista per il nostro ordinamento giuridico, e sono previste per legge solo nelle pubbliche amministrazioni. Anche nel settore privato c’è una possibilità di eleggere queste rappresentanze, ma non è un diritto vincolante e obbligatorio per tutte le aziende. Nelle aziende private, infatti, può accadere solo se è previsto dal Contratto collettivo, solo in alcuni settori, etc. Tornando alle amministrazioni pubbliche: è la legge a prevedere che ogni tre anni si debbano eleggere chi sono i rappresentanti sindacali che, ad esempio, devono andare a negoziare con le amministrazioni in relazione alla verifica del contratto nazionale o la stipula del contratto integrativo. E’ uno strumento straordinario di democrazia e di rappresentanza. Andare a votare è quindi importantissimo.

 

Quali sono i loro diritti e i loro doveri?

Il dovere ha carattere politico sindacale, ed è quello di rappresentare gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici. E’ vero che ogni componente delle rsu viene eletto all’interno di una lista presentata dalle diverse sigle sindacali ma l’organismo è unitario, e decide a maggioranza. I diritti sono fondamentalmente tre: esercitare prerogative sindacali quali, in alcuni casi, permessi retribuiti o non retribuiti, indire assemblee o referendum, i diritti di partecipazione, ad avere informazioni e confronto con le amministrazioni. Inoltre, hanno la peculiarità del diritto di essere il soggetto principale della contrattazione collettiva integrativa, che è molto importante. Solo per fare qualche esempio: i criteri per le progressioni verticali, o i criteri per l’erogazione del premio di risultato, sono oggetto di contrattazione integrativa. E chi va a contrattare? I componenti delle rsu. 

 

L’8 e il 9 giugno ci attende un altro momento elettorale molto significativo: il referendum. Cosa cambierebbe con la vittoria del sì, in particolare per i quesiti sul lavoro? (Per completezza, va ricordato che c’è anche un quesito sul dimezzamento dei tempi di residenza legale per ottenere la cittadinanza italiana, da 10 a 5 anni).

Relativamente al quesito sul lavoro precario, se si va a votare e vince il sì significa che non è più possibile che un ragazzo, un figlio, una nipote, un fratello, una sorella di un dipendente pubblico che lavora in un settore privato possa essere assunto a termine senza nessuna giustificazione del perché venga assunto a termine e non a tempo indeterminato. Nel lavoro pubblico si può essere assunti a termine solo a precise condizioni previste dal Contratto collettivo. Il quesito referendario vuole che anche nel settore privato ci siano le stesse regole del pubblico.

L’altro quesito (sulla sicurezza sul lavoro) prevede il diritto che se una persona – anche qui: un figlio, una figlia, un cugino, una nipote, un fratello, una sorella di un dipendente pubblico – che lavora in un’azienda appaltatrice di un’altra azienda e subisce un infortunio, oltre ad avere una piccola quota di risarcimento dall’Inail il resto del risarcimento lo può avere solo dal suo datore di lavoro e non dal committente principale. Il giorno dopo, se vincesse il sì, quella lavoratrice o quel lavoratore infortunati avranno il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da chiunque sia che tragga beneficio dal suo lavoro.

Passiamo all’altro quesito, quello sulle tutele per lavoratrici e lavoratori delle piccole imprese. E facciamo un esempio: io lavoro in un’azienda con meno di 15 dipendenti. Oggi se vengo licenziato ingiustificatamente posso avere un risarcimento del danno che è tarato solo sull’anzianità. Non rileva il motivo, né l’età, o la condizione familiare. Non rileva nulla. Se vince il sì è il giudice a stabilire, tenendo conto della dimensione familiare – se per esempio la lavoratrice o il lavoratore ha dovuto spostarsi come sede di lavoro, se paga un affitto, etc -, l’ammontare del risarcimento se il lavoratore viene licenziato ingiustamente.

Un altro quesito attiene a coloro che vengono assunti nelle aziende con più di 15 dipendenti. Da quando è andato in vigore il Jobs Act se l’azienda s’improvvisa un motivo più o meno finto di carattere aziendale, del tipo ‘le cose non vanno bene’, e il giudice dichiara l’illegittimità di quel licenziamento e quindi dice ‘non è vero che c’è quel problema economico aziendale’, oggi quel lavoratore ha solo diritto ad un risarcimento del danno. Domani, se vince il sì, torniamo all’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Cioè: il lavoratore torna a lavorare.

 

Come valuta lo stato della democrazia, in Italia?

Se la democrazia sta bene o male dipende anche dal popolo. Abbiamo ancora tutti gli strumenti per per poter rivendicare l’esercizio pieno della democrazia. Quindi la democrazia dipende dal popolo se decidiamo di andare o meno a votare, se decidiamo di manifestare il dissenso o meno, quando decidiamo se aderire ad uno sciopero che riteniamo giusto o non aderire. Lo stato e la condizione di una democrazia dipendono anche da noi.

 

Un motivo in più per andare a votare.

Certamente. E’ un modo per poter affermare che ‘questa volta la decisione dipende da noi’. E se non dovesse andare bene, non potremmo prendercela con altri.

 

Ha collaborato Matteo Mercuri