Come migliorare la Pa? Investendo su salari, formazione e giovani. Parla Antonio Naddeo (Aran)
Intervista al presidente (riconfermato) dell’Agenzia per la Rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni sul tema sempre più attuale delle prospettive del pubblico impiego in Italia. Tra stereotipi, qualità dei servizi e attrattività: la lunga strada della modernizzazione è stata intrapresa. Ecco come.
In Italia la Pubblica Amministrazione viene da anni di tagli, disinvestimenti, blocco del turn over. Con quali effetti sul settore e sui cittadini?
I problemi legati ai tagli di budget, ai disinvestimenti e al blocco del turnover che la pubblica amministrazione italiana ha affrontato negli anni passati hanno avuto ripercussioni significative, sia all’interno delle istituzioni sia nella qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Un effetto immediato dei tagli, ma anche del blocco decennale delle assunzioni, è stato sicuramente la riduzione della qualità e dell’efficienza dei servizi offerti. Questo perché meno risorse finanziarie e umane significano inevitabilmente una riduzione delle attività svolte e una minore capacità di mantenere alti standard qualitativi.
Nella sanità questo effetto è stato aggravato dalla pandemia con allungamento delle liste di attesa.
Inoltre, i tagli e i disinvestimenti hanno ostacolato gli sforzi di modernizzazione e digitalizzazione, rendendo le pubbliche amministrazioni meno in grado di adattarsi ai cambiamenti e alle nuove esigenze dei cittadini e della società in generale.
Guardando al dibattito attuale, sicuramente la mancanza di investimenti e la precarietà delle condizioni lavorative hanno reso, in alcuni settori, il pubblico impiego meno attraente per i giovani talenti, che, anche a fronte di sforzi di cambiamento da parte delle amministrazioni, continuano a orientarsi verso altri campi o a cercare opportunità all’estero, impoverendo ulteriormente il capitale umano delle istituzioni.
Come stanno cambiando gli stereotipi sulla PA e su cosa è prioritario investire affinché il lavoro pubblico torni ad essere attrattivo? In questo senso quale è il ruolo della contrattazione?
Il problema della crescente disaffezione dei giovani verso la Pubblica amministrazione come luogo di lavoro è un tema di grande rilevanza. Tuttavia, è importante considerare che anche nel settore privato si riscontrano criticità molto simili nel reclutamento e nel mantenimento dei giovani nei posti di lavoro. Spesso si evoca il divario retributivo tra settore pubblico e privato come una delle ragioni principali. Tuttavia, è cruciale chiedersi: di quale settore privato stiamo parlando? Il ‘privato’ è un ambito talmente eterogeneo e vasto che include una gamma enorme di condizioni lavorative, non tutte necessariamente migliori o promettenti rispetto a quelle offerte dalla Pubblica amministrazione. Sono convinto, poi, che sia fondamentale collegare ricerca accademica e pubblica amministrazione per attrarre i giovani e creare le condizioni di un futuro più sostenibile e centrato sulla persona.
Per quanto riguarda gli stereotipi, la percezione della Pubblica amministrazione come un organismo burocratico, inefficiente e refrattario all’innovazione sta lentamente, ma inesorabilmente, cambiando. Grazie all’introduzione di tecnologie sempre più avanzate e a nuove forme di organizzazione del lavoro, come lo smart working, ma non solo, la PA sta mostrando segnali concreti di maggiore agilità e modernità. Però, come ho evidenziato in più occasioni, occorre raccontarla la pubblica amministrazione, anzi le pubbliche amministrazioni. Ogni ente, ogni amministrazione è una storia a sé. Bisogna raccontare cosa vuol dire lavorare per la collettività, i valori, l’etica. Confrontarsi con i giovani nelle università, nelle scuole e poi, nelle stesse pubbliche amministrazioni che si devono aprire all’esterno. Confrontarsi, rispondere a curiosità e obiezioni. Per questo ho proposto un “Open day delle pubbliche amministrazioni”, una giornata in cui aprire le porte a studenti, giovani laureati e cittadini interessati per mostrare come si lavora all’interno di un’amministrazione pubblica.
Certamente la contrattazione collettiva assume un ruolo chiave nell’attrattività della Pa come luogo di lavoro. Attraverso il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), organizzazioni sindacali e Aran negoziano termini e condizioni lavorative che vanno ben oltre la semplice remunerazione. È una trattativa complessa, e per questo anche affascinante. Si discutono aspetti come orari di lavoro, diritti dei dipendenti, formazione professionale, salute e sicurezza sul luogo di lavoro, e molte altre variabili che contribuiscono a creare un ambiente di lavoro equilibrato e stimolante. E in questo senso è un risultato molto positivo la firma del CCNL della dirigenza medica e sanitaria che ha trovato il pieno consenso di tutte le sigle sindacali, ma anche delle regioni, segnando un punto di partenza per la gestione del personale all’interno del Servizio sanitario nazionale.
Il CCNL è un potente e avanzato strumento di dialogo tra le parti, che serve a bilanciare gli interessi del datore di lavoro e dei lavoratori, creando un quadro di riferimento che regolamenta diritti e doveri di entrambe le parti. In questo contesto, la contrattazione collettiva rappresenta un’occasione per introdurre innovazioni e migliorie che possono rendere la pubblica amministrazione più efficace, efficiente e, soprattutto, più attraente per i giovani talenti che sono alla ricerca di un impiego stabile e gratificante. Penso che questo lo abbiamo fatto con la tornata contrattuale 2019-2021, rivedendo ad esempio tutti gli ordinamenti professionali.
Il sistema delle relazioni sindacali in Italia, con la sua struttura di rappresentatività e negoziazione, offre una solida piattaforma per la modernizzazione e l’adeguamento delle condizioni lavorative nel settore pubblico. Se gestita con attenzione e lungimiranza, la contrattazione può contribuire notevolmente a far evolvere la cultura lavorativa nel pubblico, allineandola meglio con le aspettative e le esigenze del mercato del lavoro contemporaneo. Ricordiamo che i contratti pubblici riguardano fattispecie estremamente eterogenee, dalla scuola ai comuni, ai ministeri, passando per università, ricerca fino alle agenzie come Inps ed Entrate. Per questo la negoziazione è più che mai il fulcro di ogni cambiamento in ambito lavorativo.
Va da sé che investire in salari competitivi è senz’altro un passo nella direzione giusta, quasi obbligato, per rendere la Pa più attrattiva. Tuttavia, non basta, perché altri fattori come le opportunità di crescita professionale, l’equilibrio tra vita lavorativa e personale, insieme a un ambiente di lavoro stimolante e aggiornato alle ultime innovazioni, risultano altrettanto cruciali per invertire la tendenza, demolire i pregiudizi sul posto fisso e attrarre nuovi talenti.
La Ragioneria generale dello Stato dice che più del 20% del personale degli enti locali ha più di 60 anni e poco meno nel resto delle PA. Quali sono i profili professionali più urgenti nel breve e medio termine?
La situazione evidenziata dalla Ragioneria generale dello Stato solleva una serie di questioni importanti. In primo luogo, va sottolineato che uno dei problemi cruciali delle pubbliche amministrazioni è la difficoltà nell’effettuare una programmazione adeguata per il fabbisogno di personale. Questa difficoltà è principalmente dovuta alle politiche di bilancio che spesso limitano ancora, come sovente in passato, il ricambio del personale. La mancanza di una programmazione efficace rende più difficile ottimizzare l’organizzazione del lavoro e può portare a interventi straordinari, come quelli avvenuti nel settore sanitario durante la pandemia. Questi interventi straordinari, pur necessari, possono risultare dispendiosi e meno efficaci nel lungo termine, mettendo a dura prova le risorse finanziarie dello Stato.
Per quanto riguarda i profili professionali più urgenti nel breve e medio termine, emerge la necessità di investire in diverse aree. In particolare, c’è una carenza significativa di professionalità tecniche: esperti informatici, ingegneri, personale specializzato nella gestione e nella progettazione. Settori oggi essenziali per affrontare sfide come la digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e la modernizzazione dei processi lavorativi. Nella sanità pubblica, lo sappiamo da diversi anni, mancano medici e infermieri, un problema serio e particolarmente preoccupante alla luce dell’aumento delle esigenze sanitarie della popolazione.
Affrontare questa carenza di competenze è essenziale per garantire un funzionamento efficiente delle pubbliche amministrazioni e per soddisfare le crescenti esigenze dei cittadini. Tuttavia, per farlo con successo, è fondamentale intraprendere una pianificazione strategica del personale che tenga conto di queste esigenze e delle limitazioni finanziarie, cercando soluzioni innovative per attirare e trattenere i talenti necessari per il futuro. Gli ultimi concorsi hanno portato e porteranno nuove risorse ed energie negli enti pubblici. Sono i giovani assunti il futuro della Pa, non basta più l’idea del posto fisso per trattenerli in servizio, anche per questo è doveroso lavorare a buoni contratti che guardino al futuro e non solo alla situazione attuale.
Investire nella pubblica amministrazione resta uno dei capisaldi per l’attuazione concreta dell’articolo 97 della Costituzione che parla di buon andamento dell’amministrazione?
L’articolo 97 stabilisce che: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.”
In questo contesto, investire nella pubblica amministrazione può essere visto come un mezzo fondamentale per attuare concretamente i principi di cui all’articolo 97. Attraverso investimenti mirati, è possibile migliorare l’efficienza, l’efficacia e la trasparenza dell’amministrazione, contribuendo così al suo “buon andamento”. Gli investimenti possono riguardare diverse aree: dalla formazione del personale alla modernizzazione delle infrastrutture tecnologiche, passando per la semplificazione delle procedure burocratiche.
Ad esempio, con l’investimento in tecnologie si possono automatizzare processi amministrativi, riducendo tempi e costi e aumentando la trasparenza. Allo stesso tempo, la formazione e l’aggiornamento del personale possono migliorare la qualità del servizio offerto ai cittadini e alle imprese, rendendo l’amministrazione più imparziale e orientata alle esigenze del pubblico.
Perciò, investire nella pubblica amministrazione è non solo un modo per migliorare i servizi forniti ai cittadini, ma rappresenta anche un’attuazione pratica e concreta dei principi enunciati nell’articolo 97 della Costituzione Italiana. Tuttavia, è importante che tali investimenti siano fatti in modo ponderato e mirato, per garantire che portino a miglioramenti effettivi e sostenibili nel tempo, in linea con i principi previsti dall’articolo 81 della Costituzione.
Valerio Ceva Grimaldi