“Prima eroi ora invisibili, noi medici del Pronto Soccorso siamo in un campo di battaglia”

“Prima eroi ora invisibili, noi medici del Pronto Soccorso siamo in un campo di battaglia”

Bruno è un medico e da 23 anni lavora al Pronto Soccorso del Policlinico Ospedale Maggiore di Milano. Ama il suo lavoro e in questi anni ha vissuto tante situazioni di difficoltà. Ora però, dopo il Covid, si sente smarrito come gran parte dei suoi colleghi, abbandonato. I carichi di lavoro sono insostenibili, i turni estenuanti e il personale poco. E la politica non sembra dare risposte. “Ogni volta che cominciamo il turno entriamo in una girandola in cui avremo un carico sia emotivo che psicologico da gestire in una condizione che è diventata davvero difficile. Siamo veramente multitasking, passiamo dal gestire situazioni psichiatriche a casi di decessi, a seguire persone anziane o utenza senza medico di base. Ma non siamo più in un contesto di normalità, di fisiologica gestione dell’emergenza. Il contatto con l’utenza, con i parenti, diventa sempre meno umanizzato perché le situazioni sono difficili per riuscire a gestire anche questo. Siamo in un campo di battaglia dove ogni giorno dobbiamo riuscire a sopravvivere fino a fine turno”.

E purtroppo le dure condizioni di lavoro, che – racconta – da tempo hanno superato il limite della ragionevolezza, inficiano anche sulla vita privata di questi specialisti al servizio dei cittadini. Non è sufficiente premere l’interruttore e lasciarsi tutto alle spalle. Dopo il turno non chiudi la porta e tutto finisce. Iniziamo a chiederci per quanto tempo potremo fare questo tipo di vita senza che questo abbia delle conseguenze sulla nostra salute. Siamo arrivati oltre il limite, ad una condizione per cui questo lavoro limita fortemente la nostra vita privata, mette in discussione il rapporto con i familiari, perché i tempi di questa attività sono 365 giorni all’anno, 24 ore al giorno, non ci sono sabati, domeniche, feste. Tutte queste cose ce le portiamo a casa”.

Bruno racconta che da parte sua e dei suoi colleghi non sono mancate, negli anni, le segnalazioni delle difficoltà che stavano vivendo. Richieste d’aiuto che sono rimaste sorde. “La situazione era già urgente. Poi è arrivato il Covid che ha dato il colpo di grazia. Non c’è più una prospettiva, neanche una speranza di prospettiva. La nostra sensazione è di essere stati abbandonati, la politica non ha ascoltato i nostri segnali. Dopo la retorica degli eroi e degli angeli, ora c’è un disinteresse generale verso i nostri problemi. La sensazione è che quelle stesse istituzioni che ci hanno formato, adesso ci stiano voltando le spalle. Ormai siamo medici invisibili, si stanno dimenticando che prima di andare in reparto la porta d’ingresso è il Pronto Soccorso”.

Nelle parole di Bruno, che da 23 anni fa questo mestiere con orgoglio, la denuncia è molto chiara: “Noi riteniamo di fare il lavoro più bello del mondo, ma in queste condizioni è insostenibile”. La politica accolga questa richiesta di aiuto.

 

di Martina Bortolotti