Povertà educativa

Povertà educativa: il peso delle disuguaglianze sul futuro dei bambini

Per molto tempo la povertà di bambini e adolescenti è stata caratterizzata e misurata unicamente in termini economici, in relazione al reddito e la ricchezza dei genitori. Questo tipo di rilevazione però non coglie appieno tutti gli elementi che determinano la privazione dei minori che invece è data anche dal titolo di studio dei propri genitori, da fattori sociali e ambientali.

Per un’analisi più esaustiva, in questo senso, è necessario parlare di povertà educativa: un fenomeno molto diffuso anche nel nostro Paese, di cui si parla troppo poco e che in pochi denunciano, ma che agisce sulla possibilità di ciascun ragazzo di scoprirsi e coltivare le proprie passioni. Per “povertà educativa” si intende infatti la “privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”.

La povertà educativa in numeri

Fin dai primi anni di vita, un bambino che nasce in una famiglia con minore istruzione affronterà con maggiore probabilità dei coetanei una situazione di povertà educativa. Il 33,9% dei minori di 16 anni con genitori che hanno la licenza media come titolo di studio vive una condizione di deprivazione culturale. Dato che scende al 10% se almeno uno dei genitori è in possesso del diploma e al 3% nel caso sia in possesso di una laurea.

Qualora la famiglia abbia poche opportunità economiche, sociali, culturali da offrire ai propri figli, la condizione di deprivazione colpisce inevitabilmente anche gli esiti educativi. Sono troppi, infatti, i bambini che non hanno la possibilità di visitare una mostra, di andare al cinema, di leggere un libro o di fare sport. Da disuguaglianze economiche scaturiscono quindi disparità nella possibilità di accedere ad attività che possano favorire l’arricchimento culturale.

Viceversa, come confermano le analisi svolte dai ricercatori dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), il livello di istruzione dei genitori influenza anche il futuro dei figli. Nel caso i genitori siano in possesso di una laurea, infatti, la probabilità dei figli di laurearsi sarebbe del 75%. Questa scenderebbe al 12% nel caso in cui i genitori fossero in possesso di una licenza media.

Trappola della povertà educativa

Se fino al 2005 erano gli anziani le persone più indigenti, oggi invece la povertà assoluta aumenta al diminuire dell’età. Come riporta l’ISTAT, infatti, il rischio di povertà o esclusione sociale colpisce il 28,8% dei bambini e ragazzi di età inferiore a 16 anni, a fronte del 24,4% del totale della popolazione. I minori sono più svantaggiati quando risiedono nel Sud e nelle Isole (46,6%), rispetto al Centro (21,4%) e al Nord (18,3%).

Quella della povertà, che sia economica o educativa, è una sfortuna ereditaria che genera un infimo circolo vizioso, rafforza le disparità di partenza e si tramanda di generazione in generazione. Rompere questo ciclo, noto in letteratura come trappola della povertà educativa, è tutt’altro che semplice. Per fare in modo che nessuno nasca predestinato alla povertà, è necessario che tutte le bambine e i bambini abbiano accesso a un’istruzione di qualità, qualunque sia la condizione della famiglia.

Ma non basta. Per sopperire e colmare i limiti posti dalla condizione di partenza, dovrebbe essere garantito il diritto universale di accedere anche alle attività extrascolastiche. Quindi di poter usufruire liberamente di tutte le opportunità culturali, sportive, sociali ed educative. Se non altro per spezzare la catena delle disuguaglianze e regalare ad ogni bambino il sogno di poter scrivere un futuro slegato dalla ricchezza economica e culturale dei propri genitori.

 

Di Matteo Mercuri