Nelle scorse settimane in Israele sono esplose numerose proteste dopo la proposta di riforma giudiziaria del Primo Ministro Netanyahu. Una misura che, secondo molti, minaccerebbe gli equilibri democratici del Paese dando sempre più potere al Governo. Il Guardian l’ha definita persino una “crisi costituzionale senza precedenti”.
Il punto più scottante della riforma è quello per cui verrebbe ridotto il potere della Corte suprema di respingere o modificare le leggi. A questo si aggiunge la proposta di nomina politica dei suoi giudici: dunque, non solo la Corte suprema verrebbe indebolita, ma i suoi giudici sarebbero nominati dal Governo stesso. Una decisione che a molti suona come un’intrusione nella separazione dei poteri a favore di quello esecutivo. Bisogna tener presente, nell’analisi del caso, che Israele non possiede una Costituzione scritta e che, pertanto, la Corte suprema svolge un ruolo di controllo estremamente importante.
Per capire quale sia il clima di queste settimane abbiamo parlato con Gil Bar-Tal , Segretario Generale di UCAPSE, federazione dei servizi pubblici di Histadrut, il più grande sindacato israeliano.
Nelle ultime settimane Israele è stato teatro di manifestazioni e di un grande sciopero generale contro la riforma della giustizia di Netanyau. Ci può spiegare in breve in cosa consiste la riforma contro la quale avete manifestato e scioperato?
La riforma della giustizia avviata dal Governo israeliano è in realtà una rivoluzione costituzionale che mira a indebolire le autorità giudiziarie, compresa l’Alta Corte di Giustizia, e a trasferire il loro potere e la loro autorità al Governo. Come probabilmente sapete, si tratta di un governo di coalizione estremamente orientato a destra. Tutti i partiti di sinistra della precedente coalizione sono ora all’opposizione. Come risultato delle nuove riforme, il potere governativo, che dovrebbe essere separato come in tutti i Paesi democratici tra tre autorità (il parlamento, il governo e il sistema giudiziario) sarà concentrato nelle mani di una sola autorità: il Governo. I giudici saranno nominati dal governo e i tribunali saranno politici e orientati come il Governo ritiene.
Possiamo dire che la riforma avrebbe delle conseguenze gravi sulla democrazia?
Ovviamente. Questa riforma stabilisce il controllo dell’autorità esecutiva (il Governo) sul sistema giudiziario. Questo è un grande cambiamento ed è l’inizio del deterioramento della democrazia. La nuova riforma è destinata a dare un grande potere al Governo. In Israele non esiste una costituzione e l’Alta Corte di Giustizia è il principale protettore dei diritti umani.
Come sindacato siete stati in grado di mettere in campo la più grande protesta della storia di Israele. Come ci siete riusciti?
A seguito di questi provvedimenti governativi, si è creato un movimento di protesta di massa e non violento e centinaia di migliaia di persone hanno iniziato a manifestare in modo consistente in tutto Israele, soprattutto nelle strade di Tel Aviv. La reazione dei sostenitori della democrazia è stata rapida ed efficace. All’inizio il Presidente dell’Histadrut, Arnon Bar-David, e io stesso abbiamo cercato di evitare un’escalation e un conflitto interno tra i lavoratori. Abbiamo cercato una mediazione e di creare un ponte tra le parti. Ci siamo uniti agli sforzi del Presidente israeliano (Isaac Herzog, ndr) che ha presentato il suo schema di mediazione. La mediazione consisteva nel fermare l’approvazione rapida e irresponsabile della riforma e nell’avviare i negoziati con le altre parti. Ma la coalizione di Governo ha respinto l’iniziativa del Presidente e ha portato avanti la riforma in Parlamento (la Knesset). Di conseguenza, la resistenza del popolo è aumentata e le manifestazioni di piazza sono diventate più grandi e partecipate. Dopo che tutti gli sforzi sono falliti, il Presidente dell’Histadrut e le federazioni hanno deciso di proclamare uno sciopero generale insieme alle associazioni dei datori di lavoro. È stato un grande shock per il Governo, e il Primo Ministro Netanyahu ha dichiarato che il processo legislativo delle riforme si sarebbe fermato (ma non annullato) e che i partiti politici avrebbero negoziato un compromesso con la mediazione del Presidente. Da allora le parti stanno negoziando, ma al momento senza risultati.
Cosa succederà se questo negoziato fallirà e il governo porterà avanti la riforma?
Probabilmente la protesta continuerà e lo sciopero sarà di nuovo un’opzione. Il coinvolgimento dell’Histadrut deriva dalla consapevolezza di base che la democrazia è la condizione più importante per l’attività dei sindacati, per il diritto di affiliazione, per il diritto di sciopero, per i diritti dei lavoratori, per le condizioni di lavoro e per il welfare. Come reazione allo sciopero ci sono state nuove bozze di legge per limitarne il diritto, ma nessuna di esse è ancora passata. Nessun sindacato che voglia essere efficace può sopravvivere e realizzare i propri scopi in un regime non democratico o con molte restrizioni. Il diritto di organizzarsi, di unirsi al sindacato e di lottare per i lavoratori è profondamente integrato con la democrazia. Senza queste condizioni di base, i sindacati non possono agire efficacemente e fornire servizi ai lavoratori. L’Histadrut è un’organizzazione forte, sostenuta dai lavoratori, dai comitati locali, ecc. Inoltre, la sua struttura politica contiene rappresentanti di tutti i partiti politici, compresi quelli della coalizione. Tutto ciò, insieme a una forte leadership del presidente dell’Histadrut, fornisce strumenti efficaci per condurre una forte opposizione contro la rivoluzione costituzionale (chiamata riforma) e per esserne parte sostanziale.
Quali sono i prossimi passi?
Si tratta di una grande sfida per il sindacato. La situazione è estremamente complicata. Non possiamo prevedere ora se la riforma continuerà così com’è o sarà modificata o attenuata. Speriamo che i colloqui con il Presidente siano costruttivi e abbiano successo, che l’intelligenza prevalga e si eviti una forte spaccatura.
di Nicoletta Grieco e Martina Bortolotti