Il 9 maggio del 1978 muore Giuseppe Impastato, giornalista e attivista da sempre impegnato nella lotta alla mafia. Muore nell’ombra, nelle stesse ore in cui l’attenzione mediatica è rivolta al ritrovamento del corpo di Aldo Moro, segretario della Democrazia Cristiana rapito due mesi prima dalle Brigate Rosse.
Ha solo 30 anni Giuseppe, detto Peppino, quando muore vittima di una violenta esplosione a Cinisi, un paese della Sicilia in provincia di Palermo. La matrice è chiara: si tratta di un attentato mafioso.
Peppino, infatti, fa parte di una famiglia mafiosa da cui ha preso le distanze fin da subito dedicando tutti i suoi sforzi alla lotta alle ingiustizie e all’illegalità, e in difesa dei diritti delle persone. Diventa giornalista e fonda un giornale che, non molto tempo dopo, viene sequestrato e chiuso. Ma il suo impegno prosegue in politica.
“Arrivai alla politica nel lontano novembre del ’65, su basi puramente emozionali: a partire cioè da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare divenuta ormai insostenibile. Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto con connotati tipici di una società tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, fin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte ed il suo codice comportamentale. È riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva”.
Nella frenetica diffusione delle radio libere, Peppino fonda una radio tutta sua: Radio Aut. Nel 1978, anno della sua morte, si candida alle elezioni comunali di Cinisi. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio viene assassinato. Il 14 maggio viene comunque eletto con 260 voti.