Micangeli: “Anche il conflitto Russia-Ucraina ci ha aperto gli occhi, generare e auto-consumare energia rinnovabile deve diventare la normalità”

Micangeli: “Il cambiamento? Se non lo facciamo noi, ce lo imporrà la natura”

ll docente in ingegneria energetica spiega i benefici delle Comunità di Energie Rinnovabili (CER) per lo sviluppo del territorio, il lavoro e l’ambiente

La diffusione delle comunità energetiche sarà un pilastro portante della transizione ecologica in divenire. Il processo richiede tempo, risorse e una pianificazione politica idonea. Andrea Micangeli, Docente del Corso di Ingegneria Energetica all’Università di Roma Sapienza, ci parla di comunità energetiche, transizione ecologica e di tutte le possibilità che ne derivano.

Professor Micangeli, negli ultimi anni il dibattito sullo sviluppo sostenibile e sulla necessità di tutelare l’ambiente si è fatto sempre più acceso, anche grazie all’azione di movimenti giovanili. Oggi il conflitto tra Russia ed Ucraina mette al centro il tema dell’autosufficienza energetica con una certa urgenza. Siamo pronti oggi per affrontare la transizione ecologica?

Quello dello sviluppo sostenibile è ormai un tema dibattuto e conosciuto da tutti. Lo stesso, però, non si può dire della transizione ecologica che ancora non ha trovato la sua attuazione concreta. La parola “transizione” di per sé vuol dire “processo” ed ovviamente ha bisogno di tempo, mezzi e risorse per essere messa in pratica. Il conflitto tra Russia ed Ucraina, come altre crisi del passato, ci ha aperto gli occhi sulle fonti energetiche e sui sistemi di consumo, di approvvigionamento e di generazione dell’energia. L’ho detto in quest’ordine perché rappresenta il modo in cui solitamente si approccia al tema ogni cittadino: consumo, approvvigionamento e generazione. Ma oggi la legge europea ed italiana ci dà il diritto di scegliere di utilizzare le energie rinnovabili sul nostro territorio e quindi capovolgere questo paradigma costituendo piccole o grandi Associazioni locali di “Comunità di Energie Rinnovabili (CER)”

Nel Paese ci sono già 40 Comuni 100% rinnovabili e tante altre sono le realtà che utilizzano le fonti rinnovabili. È possibile riproporre questo modello anche in realtà cittadine di maggiori dimensioni?

I piccoli borghi sono stati utilizzati come modello e come esempio della possibilità dell’attuazione di un modo di generare e auto-consumare energia diverso, che deve però diventare la normalità. Riferendoci alle grandi città, è impossibile che il centro urbano o il centro storico, possano diventare autosufficienti ma possono utilizzare moltissima energia rinnovabile, proprio costituendosi in Comunità Energetica con le zone limitrofe dell’intero territorio circostante. 

Quali sono i benefici di questo modello, oltre quello di contrastare l’emergenza climatica? (opportunità di lavoro, risparmi sulle bollette…)

Dar vita ad una comunità energetica vuol dire costituire una semplice associazione, nella quale ciascuno può installare nuovi impianti e dare il diritto a tutti i suoi associati  di utilizzare il quantitativo di energia rinnovabile prodotta. Questo viene incentivato economicamente dallo Stato attraverso il GSE (Gestore Servizi Energetici) ed inevitabilmente genera anche occupazione in un circolo virtuoso economico ed energetico. La legge italiana prevede che l’associazione “comunità energetica” utilizzi i proventi del GSE per fini non solo di ristoro delle bollette o di parti dell’investimento, ma soprattutto per la costituzione di una cassa comune destinata a progetti di sviluppo territoriale e sociale. La comunità energetica aggrega persone e cittadini che non solo hanno il desiderio di consumare e utilizzare energia rinnovabile, ma che hanno anche qualche valore sociale e di sviluppo sostenibile condiviso. La cassa comune, ad esempio, non va soltanto a vantaggio dei membri della comunità energetica, ma dell’intero territorio su cui agisce. 

Il mondo del lavoro si sta muovendo in questa direzione e stanno nascendo nuove figure professionali. Attualmente, nel mercato, si trovano le professionalità adeguate o pensa sia necessario aggiornare i corsi di formazione universitaria (e scolastica) per far fronte a quelle nuove competenze che saranno sempre più necessarie?

Quando si parla di un nuovo paradigma di produzione e consumo vuol dire che parallelamente sta cambiando il modello di gestione e che sono in atto anche importanti innovazioni tecnologiche. Sicuramente a livello di istituzioni pubbliche e private occorre ulteriore aggiornamento e formazione rispetto al tema auto-consumo, risparmio energetico e risorse disponibili in Italia. Quello che attualmente viene chiesto agli studenti nelle aule universitarie è di essere pronti a questo necessario cambiamento che pian piano si sta cristallizzando e che deve diventare un punto di riferimento per qualsiasi professione e qualsiasi cittadino. 

La politica, le istituzioni, ma anche la società, cosa dovrebbero fare per favorire una crescita sempre più orientata al green?

Deve passare il concetto che la responsabilità deve essere presa in primo luogo dalle istituzioni pubbliche, ma che la transizione ecologica è realizzabile solo con la presa di responsabilità da parte di ogni singolo cittadino. Uno sforzo simile è stato fatto recentemente durante il primo periodo pandemico e successivamente per limitare i danni della diffusione del Covid. Questa presa di responsabilità si deve concretizzare nei consumi domestici, in quelli del settore secondario e terziario. Le istituzioni devono dare il buon esempio, devono creare consapevolezza sociale e devono mettere a disposizione gli strumenti economici e tecnologici necessari per favorire la crescita del green.

Gli strumenti devono cogliere le tre principali caratteristiche delle comunità energetiche. Anzitutto la generazione di energia e del suo flusso economico sul territorio. Oggi la remunerazione è molto vantaggiosa per chi auto-produce e auto-consuma energia individualmente o in comunità energetica. Poi c’è la produzione di energia rinnovabile – per sua natura diffusa su tutto il territorio – ed infine proprio il senso di comunità territoriale dei membri e la condivisione di valori, che garantisce l’investimento e favorisce finalità e comportamenti virtuosi dell’associazione “comunità energetica rinnovabile”. Sono convinto che se questi tre elementi saranno oggetto degli strumenti finanziari che verranno introdotti, allora la transizione potrà avvenire e anche in maniera abbastanza rapida.

La diffusione delle comunità energetiche comporterà la creazione di nuova occupazione?

Il mix dato dalla produzione di energia, dagli investimenti della cassa comune della CER e dai comportamenti virtuosi afferenti le comunità energetiche rinnovabili produrrà di per sé un’imprenditoria locale più attenta e vigorosa. Di conseguenza non crescerà soltanto l’installazione degli impianti energetici rinnovabili, ma migliorerà anche la gestione dei rifiuti e tutta la filiera di produzione e riciclo. La diffusione delle comunità energetiche comporterà la valorizzazione dei territori, delle loro peculiarità e darà inevitabilmente nuova occupazione.  

Oggi puntare sulla sostenibilità, l’economia verde e le energie pulite è un’opzione o una necessità?

Oggi la transizione ecologica è semplicemente l’opzione da scegliere. La deve scegliere ciascuno di noi come diritto, dato dalla legge, e come dovere, dato dal contesto climatico e geopolitico. La necessità dell’opzione è legata alla sopravvivenza della nostra società civile come la conosciamo. La natura andrà avanti lo stesso, si riadatterà; il problema è come e quanto saremo costretti a sacrificare del nostro modo di stare insieme e del nostro stato di benessere. Il cambiamento se non lo facciamo noi, ce lo imporrà qualcos’altro. Questo purtroppo ci è reso già evidente dalle crisi internazionali e dal cambiamento climatico. Quello di cui una volta dicevamo “potrà accadere”, sta già accadendo. Quindi possiamo assolutamente parlare di necessità, di un diritto e dovere di cambiare e migliorare, oggi stesso,  i nostri consumi energetici e le loro fonti. 

 

di Matteo Mercuri