Sanità pubblica

L’ostetrica: “Stanno smantellando la sanità pubblica”

Il 24 giugno la Funzione Pubblica Cgil scenderà in piazza in difesa della sanità pubblica. Un settore che ogni giorno di più presenta le ferite inflitte da anni e anni di disinvestimento. Perché partecipare alla manifestazione? Può chiarire le idee il confronto che abbiamo avuto con Roberta, ostetrica da 25 anni e cittadina che vive le inefficienze del Servizio Sanitario Nazionale quotidianamente, come tante altre persone.

Ci racconti brevemente la tua esperienza lavorativa?

Nel corso della mia carriera lavorativa ho avuto modo di lavorare sia nella sanità pubblica che in quella privata. Nel 1998 sono entrata nell’Azienda USL Toscana Centro e tutt’ora qui ricopro la mansione di ostetrica dopo una breve parentesi nel settore privato durata fino al 2003. Ho sempre preferito lavorare nella sanità pubblica piuttosto che in quella privata che, inevitabilmente, risponde a logiche economiche. In particolare, non mi è mai piaciuto il rapporto che veniva adottato con il paziente, che al contrario credo rappresenti una parte fondamentale del trattamento.

Quali sono le problematiche legate alla tua professione che hai avuto modo di riscontrare?

Da ostetrica a volte mi capita di avere a che fare con la mancanza di materiali e strumentazioni, che impiegano tanto ad arrivare e che spesso non coincidono con quello che è stato richiesto. Ma secondo me, nel mio settore specifico la problematica più grave è rappresentata dai consultori. Non riescono più a rispondere alle esigenze delle persone: le prime difficoltà si riscontrano già nella telefonata per prendere un appuntamento. Una volta la famiglia e la donna in gravidanza effettuavano un percorso con il consultorio che durava mesi prima e dopo la gravidanza. Ora è diventato tutto più complicato. Quello che invece dovremmo fare è seminare salute: ci vorrebbe un’ostetrica di famiglia che segua, conosca e tuteli i genitori e i bambini durante tutte le fasi, dall’infanzia alla vita adulta.

In che stato versa il Servizio Sanitario Nazionale e secondo te quale è la percezione che ne ha la cittadinanza?

Il rapporto con la sanità pubblica da cittadina è molto complicato. Personalmente posso dire che per un’operazione oculistica mi è stata stimata un’attesa di 14 mesi. I cittadini, in generale, sono arrabbiati. Io lavoro in prima linea, al pronto soccorso, e qui le persone arrivano già alterate: sono aumentate le violenze e le aggressioni al personale, anche soltanto verbali. Sanno che dovranno affrontare una lunga attesa e il rischio a volte è anche quello di non avere risposte. Capita di sentirsi dire che c’è bisogno di fare un accertamento e che conviene farlo nel settore privato, perché in quello pubblico non c’è la possibilità. Il Servizio Sanitario Nazionale sta subendo uno smantellamento continuo e non ne siamo abbastanza consapevoli. È come la metafora della rana bollita: se mettessimo una rana dentro l’acqua bollente, questa schizzerebbe subito fuori. Mettendola invece nell’acqua fredda e cuocendola pian piano, questa finirebbe bollita senza accorgersi di nulla.

Perché è giusto scendere in piazza sabato 24 giugno a Roma in difesa della sanità pubblica e del diritto alla salute?

Come la rana, ci stiamo adattando ad una situazione spiacevole e stiamo accettando passivamente lo smantellamento della sanità e l’esternalizzazione di qualsiasi servizio. Bisogna farsi vedere, bisogna farsi sentire e far capire alle persone che la sanità pubblica è un bene inestimabile: non ci rendiamo conto di cosa abbiamo. Oggi capita ancora che si possa scegliere la strada della sanità privata quando c’è disponibilità economica o quando si vuole andare da uno specialista. La scelta è una bella cosa, ma quando si è costretti vuol dire che c’è un problema. La politica già conosce la situazione, ma non fa nulla per cambiarla. Dobbiamo scendere in piazza, alzare la voce e smuovere la coscienza delle persone.

 

Di Matteo Mercuri