Seguono le procedure per le separazioni delle coppie, verificano che i figli minori siano tutelati, approvano gli amministratori di sostegno per le persone anziane o fragili, si occupano della legalizzazione delle firme per le adozioni e per svolgere altre operazioni all’estero. Seguono denunce e querele, mettono in esecuzione le pene pecuniarie e quelle definitive, preparano i fascicoli per le udienze in tribunale e seguono la segreteria penale dei magistrati. Da loro dipende gran parte dell’efficienza della macchina della giustizia. Dal loro lavoro dipende una giustizia veloce oppure lenta. E nonostante l’estrema importanza del loro compito vivono una situazione da incubo. È quella che ci descrive Chiara Colonna, cancelliera della Procura di Mantova.
Sono sempre di meno e il carico di lavoro, dopo la riforma Cartabia, è aumentato. “Io, per esempio, sono all’Ufficio Esecuzioni – spiega Chiara – Ora, rispetto al passato, devo occuparmi anche delle pene pecuniarie, che un tempo spettavano al Recupero crediti del Tribunale. Poi devo occuparmi del casellario giudiziario (lo sportello al pubblico n.d.r.) e dei carichi pendenti”. Tutto questo mentre il personale della Procura cala vertiginosamente. Sono passati dall’essere più di 30 dipendenti a 15. Più che dimezzati. Le ragioni? I tanti pensionamenti a causa dell’alta età media dei dipendenti, e quelli che se ne andranno entro la fine dell’anno. Lavoratori che non sono mai stati rimpiazzati. Ma Chiara spiega che sono tanti anche quelli letteralmente scappati da una situazione insostenibile. “Alcuni sono molto giovani, vincono concorsi per situazioni più dignitose e decidono di andarsene. Tutti cercano soluzioni per allontanarsi da un ambiente di lavoro ormai ingestibile”. Il loro direttore amministrativo il prossimo 20 gennaio andrà in pensione. I funzionari dovrebbero essere 5 ma sono 3, di ‘dattilografi’ in servizio ce ne sono 2 laddove ne sarebbero previsti 5. E così via. Un bollettino impetuoso che si scatena sulla Procura di Mantova, su chi vi lavora e sui cittadini che non riescono ad accedere ai servizi. “A volte siamo messi di fronte ad una scelta: scarcerare una persona o occuparci di un carico pendente. A un certificato anteporremo sempre la libertà della persona, ma così il cittadino viene danneggiato”, spiega Chiara amareggiata.
E così i tempi della giustizia, già molto lunghi, si dilatano ulteriormente. E se prima si impiegavano un paio di giorni per preparare le documentazioni richieste dai cittadini, ora i tempi di attesa sono di almeno una settimana e nei periodi più critici si può arrivare a 15 giorni. Il risultato è: dipendenti stremati e frustrati da una parte, cittadini infuriati dall’altra. Chiara ci racconta uno spiacevole episodio. Per far fronte alla situazione d’emergenza al casellario giudiziario, lo sportello a cui si rivolgono i cittadini, è stato collocato un dipendente senza competenze tecniche specifiche, che svolge un compito che normalmente non sarebbe suo. “Una volta si è presentato un cittadino con una richiesta particolarmente complessa. L’ausiliario non ha saputo fornirgli informazioni. Questa persona, infuriata, ha minacciato di denunciarci. Ma io li capisco, loro pagano le tasse e vogliono un servizio, vogliono accedere ad un proprio diritto”. Un diritto che però la Procura di Mantova, nello stato in cui versa, non è in grado di garantire.
di Martina Bortolotti