Lettera della Cgil: “I lavoratori del sociale, cuore pulsante della cooperazione, meritano riconoscimento”

Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil, ha scritto una lettera a Spazio Pubblico per ricordare il valore e il sacrificio di tutte le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative sociali che negli ultimi anni e sempre sono in prima linea per sostenere pazienti, ragazzi e bambini e che con il prossimo contratto meritano il giusto riconoscimento, come i colleghi del pubblico. Riportiamo di seguito il testo.

 

“Un infermiere all’interno di un ospedale, un educatore dell’inclusione tra i banchi di scuola, un Operatore Socio Sanitario tra i letti di una RSA (Residenza Sanitaria Assistita). Sono solo alcuni degli “scatti” che, se osservati a prima vista, potrebbero far credere che quelle lavoratrici o lavoratori siano dipendenti del sistema pubblico del nostro Paese e, in quanto tali, adeguatamente tutelati.

Come spesso accade, però, l’apparenza inganna, e quell’educatore, quell’infermiere, quell’OSS, che lavorano sì in strutture pubbliche, sono però alle dipendenze di un privato, ad esempio una cooperativa sociale. Il medesimo contesto lavorativo, dunque, in molti casi “abbraccia” diverse realtà contrattuali, che portano con sé differenze non solo retributive, ma anche di diritti e tutele.

A ciò si aggiunge il sentimento di frustrazione vissuto da quei lavoratori che pur svolgendo gli stessi compiti e le stesse mansioni dei colleghi del pubblico, vivono nella loro quotidianità un mancato riconoscimento – economico, sociale e professionale – del fondamentale ruolo che ricoprono.

Secondo gli ultimi dati, le lavoratrici e i lavoratori dipendenti di cooperative sociali sono circa 500 mila, con una concentrazione maggiore nelle Regioni del centro e del nord Italia, ma con una presenza sempre crescente anche nelle Regioni del sud e delle isole. I problemi vissuti nel mondo della cooperazione, così come in altre realtà del terzo settore (che comprende servizi socio sanitari, socio assistenziali, socio educativi, dell’accoglienza), si caratterizzano poi per una diffusa precarietà. In molti casi, infatti, gli operatori vengono assunti con contratti di lavoro part time che non raggiungono neanche la soglia delle 18 ore settimanali, per poi essere chiamati a svolgere ore di lavoro aggiuntivo.

Ci sono poi le difficoltà, sempre crescenti, legate alla mancata conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Noi pensiamo che ciò debba diventare possibile grazie all’avvio della trattativa per il rinnovo del contratto delle Cooperative sociali, apertasi lo scorso 17 novembre. Un confronto contrattuale che si pone in un contesto storico successivo alla pandemia e caratterizzato da rincari energetici che stanno mettendo in ginocchio il Paese, rischiando conseguenze devastanti proprio sulle fasce più deboli della popolazione, soprattutto su quei nuclei familiari monoreddito, che da quell’unica fonte di guadagno devono riuscire a trarre il necessario per vivere dignitosamente. Una dignità che i lavoratori della cooperazione, così come tutti gli altri lavoratori che operano nel privato, possono conquistare con il prossimo contratto collettivo nazionale, i cui assi portanti devono ruotare intorno all’affermazione di riconoscimenti economici e diritti. 

Tra questi riteniamo abbia un grande valore il riconoscimento del 100% della retribuzione per le donne nel periodo della maternità obbligatoria: sembra incredibile, eppure ancora nel 2022, nella gran parte dei contratti del settore privato, le lavoratrici che aspettano un figlio, nei mesi in cui per legge non devono più recarsi a lavoro, non hanno diritto ad uno stipendio pari al 100% della retribuzione, bensì all’80%. Percentuale quest’ultima pagata dall’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale), senza dunque che il datore di lavoro integri quel restante 20% che consentirebbe ad una futura mamma di vivere in piena serenità uno dei momenti sicuramente più significativi dell’esistenza, carico sì di aspettative ma anche di nuove spese da sostenere.

A ciò si aggiunge la volontà di dire basta al “servizio con obbligo di residenza in struttura”, che prevede, in caso di servizi continuativi, la presenza in struttura nelle ore notturne di un operatore cui viene riservata una stanza per trascorrere le ore di riposo notturno. Questa organizzazione, di cui i datori di lavoro tendono spesso a fare abuso, determina non poche difficoltà di organizzazione della vita privata da parte di lavoratrici e lavoratori, a cui viene sostanzialmente chiesto di non rientrare a casa e quindi fermarsi sul posto di lavoro in maniera quasi gratuita.

Maggiore riconoscimento di diritti e tutele, dunque, ma anche maggiore retribuzione, prevedendo un aumento che tenga conto del momento storico, e anche del recente passato pandemico, valutando l’ipotesi di introduzione della 14° mensilità.

Dal 2020 abbiamo assistito ad uno stravolgimento della sfera lavorativa, economica e sociale del Paese.  Ne siamo stati testimoni diretti nel periodo pandemico con i contagi tra gli operatori e i pazienti. I lavoratori della cooperazione sociale sono stati in prima linea per garantire la continuità delle prestazioni, cercando di non far mai mancare quell’umanità e quella vicinanza venute meno ai pazienti accolti nelle strutture. Giorni di grandi sacrifici e profonda tensione che spesso hanno portato gli stessi operatori, pur di non mettere a rischio la salute dei propri affetti e degli utenti, a non lasciare i luoghi di lavoro o piuttosto a trovare situazioni alloggiative alternative.

Nel mondo delle attività educative si sono alternate fasi in cui è stato necessario attivare strumenti di sostegno al reddito, a fasi in cui hanno preso piede attività a distanza, attenendosi agli strettissimi protocolli di sicurezza, per dare sostegno ai bambini, ai ragazzi e alle loro famiglie.

Sono tante, dunque, le risposte che il prossimo Contratto collettivo nazionale di lavoro delle Cooperative Sociali, che speriamo di riuscire a firmare nel più breve tempo possibile, dovrà dare: risposte che oltre a concretizzarsi in un maggiore riconoscimento di tutele, diritti e retribuzione, riescano anche ad interpretare i cambiamenti e le evoluzioni di cui il mondo del sociale è stato e sarà protagonista, riuscendo a valorizzare tutti quei lavoratori che della cooperazione rappresentano le gambe, le braccia e il cuore pulsante, e che hanno bisogno di vedere riconosciuto il loro valore “pubblico”.

 

Michele Vannini
Segretario nazionale Fp Cgil