Stanislao Montagna è un perito tecnico con studi in ingegneria meccanica e laurea in Economia aziendale. Dopo anni di ricerche ha realizzato una batteria completamente green che si ricarica con l’acqua di mare e che può accendere alcune lampadine a led o ricaricare piccoli dispositivi elettronici. Un’idea che potrebbe rappresentare una tappa significativa nello sviluppo di un percorso di autoproduzione di energia, di maggiore rispetto per l’ambiente e di investimento nella democrazia energetica.
“Per molto tempo – spiega Montagna a Spazio Pubblico – ho sperimentato metodi di energia alternativa conosciuti, come il solare, l’eolico, l’idroelettrico. Tre anni fa, proprio mentre testavo l’idroelettrico, ricordai un esperimento di elettrolisi fatto sia alle superiori che all’università e cominciai a fare dei test. La tensione venne subito al tester ma era molto bassa per essere utilizzata. In più, gli elettrodi si corrosero in poco tempo interrompendo così il flusso di elettroni e la generazione di corrente. Il primo pensiero che mi venne, quindi, fu: la tensione c’è! Dopo circa due anni di test, su vari componenti e diversi materiali, sono riuscito a tenere accesa una lampada led con soli 200cc di acqua di mare (o semplice acqua e sale da cucina) per 100 ore consecutive. Ed è nata Lightingsea“.
L’elettrolisi è un principio noto da tempo, ma è la sua applicazione che rende particolare questa invenzione, prodotta interamente con materiali riciclabili e che resistono all’usura. “Si è sentito molto parlare delle batterie al sale e all’acqua di mare”, ha osservato Montagna, “che però necessitano di avere corrente (tradizionale) per essere ricaricate. Lightingsea non ha bisogno di alcuna connessione alla rete elettrica, tradizionale o alternativa. Quando si scarica, è pronta a ripartire con la sua generazione di corrente inserendo un altro cucchiaio di sale o aggiungendo altra acqua di mare. E se il dispositivo rimane immerso nell’acqua salata, pensiamo appunto al mare, la lampadina riesce a rimanere accesa a lungo, fino a quando non si corrodono i componenti metallici, gli elettrodi”.
Le possibilità di utilizzo sono numerose: situazioni di emergenza in mare, luoghi non raggiunti dalla corrente elettrica, zone disagiate. Qualche esempio? “Basti pensare a tutte quelle isole, o parti di esse, che ancora oggi non hanno corrente elettrica. Ma anche all’illuminazione dei lungomare (che potrebbe comportare un bel risparmio di spesa pubblica), nonché alle segnalazioni luminose di scogliere e porti. Anche una semplice lampada da casa alimentata ad acqua e sale, specie in questo momento di extra costi per l’energia, porterebbe un risparmio per tutti”, osserva l’ideatore.
La batteria ha una forte impronta green: non è composta da materiali tossici, i metalli utilizzati sono presenti sul mercato in grandi quantità, gli involucri sono fatti di resina naturale. La sua tecnologia ancora non ha compiuto il decisivo passo della produzione su larga scala, però accende una luce (con acqua di mare, s’intende) nella direzione dell’ecosostenibilità e dell’innovazione. E che, soprattutto, nasce nel solco della necessità, ormai non più rinviabile, di ridurre fortemente il ricorso ai combustibili fossili e, nel contempo, di investire nelle energie pulite la cui crescita rappresenta un formidabile volano per lo sviluppo sano e il lavoro di qualità.
di Valerio Ceva Grimaldi