Interruzione volontaria di gravidanza, una legge da applicare, un diritto da difendere

Interruzione volontaria di gravidanza, una legge da applicare, un diritto da difendere

Il 22 maggio del 1978, esattamente 45 anni fa, entrava in vigore la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Una misura, tuttora in vigore, che permette alle donne di ricorrere all’aborto “entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari”. In quegli anni si ricorreva frequentemente ad aborti clandestini che, improvvisati in contesti di fortuna, mettevano in serio pericolo la salute – e spesso la vita – delle donne. L’obiettivo della 194, dunque, era da una parte quello di tutelare la salute delle donne, dall’altra quello di accompagnarle verso una maternità consapevole e voluta, non obbligata da uno schema precostituito di scelte sociali.

Il percorso verso la 194

Arrivare all’approvazione del progetto di legge, però, non fu affatto facile. Si trattò di un percorso tortuoso che durò diversi anni in cui molte proposte si divincolarono tra le diverse sensibilità su un tema così delicato.
Nel 1971 fu presentato in Parlamento il primo progetto di legge sull’aborto (da tre senatori socialisti: Arialdo Banfi, Piero Guido Caleffi e Giorgio Fenoaltea). Ma l’iniziativa non venne presa in considerazione. Tre anni, dopo, nel 1974, fu avanzata una nuova proposta di legge (dal deputato socialista Loris Fortuna). Ma anche questa non ebbe seguito.
Nel 1975 fu fatto un primo passo concreto: il Parlamento approvò la legge 405 per l’istituzione dei consultori familiari che avevano il compito di creare conoscenza e consapevolezza sui temi della sessualità e della maternità, anche attraverso la diffusione dei contraccettivi.
Dal 1975 fino al 1978 furono presentate altre sei proposte di legge, in Parlamento, sull’interruzione di gravidanza. Finché il 22 maggio di quell’anno venne finalmente approvata la Legge 194. A sostegno i partiti di sinistra, i partiti liberal-capitalisti e il Partito Radicale.

Una battaglia vinta ma che non terminò quel giorno. Fu immediata, infatti, la reazione di chi difendeva il diritto alla vita del feto ad ogni costo, anteponendolo a quello della donna di scegliere per sé, per il proprio corpo, per la propria vita. E nel 1981 il Movimento per la vita propose l’abolizione della legge con un referendum abrogativo. Un tentativo che, però, risultò vano: il 68% degli italiani votò, deciso, contro l’abrogazione.

La 194 oggi

Il percorso per la tutela del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza e ad una maternità consapevole non è mai terminato. Ancora oggi posizioni contrapposte fanno sentire la propria voce e mettono in discussione la legge, a tutti i livelli: dall’opinione pubblica fino alla politica. In molte regioni d’Italia è di fatto estremamente complesso accedere alle prestazioni per l’interruzione di gravidanza, tra scarsità di servizi, cavilli normativi applicati nelle Regioni e strutture con una elevata presenza di medici obiettori di coscienza, costringendo le donne a viaggiare e recarsi altrove, quando ne hanno la possibilità. La legge, dunque, non sempre viene applicata correttamente. Ci sono poi i casi di contestazione diretta di associazioni che continuano a chiedere una revisione della 194, in un clima culturale che rischia di riportarci indietro di anni. Ecco perché ancora oggi è importante difendere un diritto alla libertà di scelta sancito dalla legge.

 

di Martina Bortolotti