Annunciata un’assemblea nazionale il 7 settembre ore 17 in diretta su Facebook. Il 14 presìdi territoriali in tutt’Italia.
Le storie di due educatrici: “noi a rischio burn out, è ora di cambiare”
Un lavoro stabile, retribuzioni adeguate, valorizzazione delle professionalità, garanzia del diritto all’inclusione per i più fragili: sono tra le priorità alla base della mobilitazione degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione, professionisti fondamentali per ogni processo di inclusione, promossa da Funzione pubblica Cgil. Un crescendo che vedrà l’apice nel mese di settembre: giovedì 7 alle ore 17 si svolgerà un’Assemblea nazionale (con diretta Facebook su Fp Cgil nazionale) per condividere l’avanzamento della discussione sui provvedimenti in esame per il riconoscimento del profilo professionale nei ruoli del personale scolastico, e il giovedì successivo presìdi territoriali in tutta Italia a sostegno dei disegni di legge sull’internalizzazione.
Ma cosa fa, esattamente, un educatore professionale? Facilita la comunicazione dello studente disabile, stimola lo sviluppo delle diverse abilità, media tra l’allievo/a con il gruppo classe, realizza interventi per l’inclusione scolastica per l’alunno/a disabile in attuazione del Piano educativo personalizzato. Un lavoro fondamentale che, però, ogni giorno si scontra con mille difficoltà. Natalina Evangelista, educatrice professionale socio-pedagogica in Puglia, ci racconta la sua storia e le sue preoccupazioni. “Lavorare in una scuola da ‘esterni’ è complicato. Purtroppo, spesso veniamo utilizzati come tappabuchi dei docenti. Talvolta sono in corso le gare d’appalto e l’anno scolastico per noi non inizia sempre il primo giorno di scuola, e ciò va a svantaggio innanzitutto dei minori e dei nuclei familiari. Quanto a noi lavoratori, ci viene richiesta una programmazione dell’attività ma non abbiamo ore di programmazione riconosciute e retribuite. Ci vengono riconosciute solo le ore frontali di lavoro con il minore. In più, il nostro è un contratto a tempo indeterminato con part time involontario: nei periodi di chiusura della scuola (Pasqua, Natale, estate) viene sospeso e quindi a noi non viene riconosciuto lo stipendio”. Infatti molti contratti, attraverso le cooperative, sono sì a tempo indeterminato: ma lo stipendio, durante l’anno, viene sospeso per periodi anche lunghi. “Alla luce di queste difficoltà”, osserva amara l’educatrice, “molte colleghe hanno deciso, a malincuore, di lasciare questo lavoro per cercarsi altro che consentisse una vita più autonoma e indipendente”.
La questione economica, certamente prioritaria, però non è l’unica. Il cahiers de doleances è molto lungo. A partire dalla necessità di coinvolgimento e valorizzazione di questi professionisti che dovrebbero essere considerati parte di una squadra e di una strategia complessiva e che, invece, sono sempre degli ‘esterni’. “Sarebbe invece opportuno”, spiega ancora Evangelista, “che l’educatore facesse un lavoro con tutti quelli che sono all’interno della scuola. L’inclusione non dovrebbe essere fatta solo sull’alunno ma dovrebbe essere tutto il contesto scolastico ad accogliere il diversamente abile. Ritengo fondamentale che l’educatore possa far parte, ad esempio, dei Consigli di classe, che possa collaborare con tutti i docenti, e così via. Tutto ciò, oggi, non accade perché l’educatore è un ‘esterno’. Per non parlare del grande tema della continuità educativa che con il sistema delle cooperative non è garantita: può infatti accadere che alcuni educatori vengano assunti con contratti a tempo determinato e poi non siano riconfermati. Ecco perché sono importanti gli appuntamenti di settembre. Il 14 anche noi organizzeremo un presidio”, annuncia, “e mi auguro che tutti i colleghi si attivino: è arrivato il momento di cambiare. Per i lavoratori e per l’utenza”.
Giulia Vario lavora a Parma ed è un’ educatrice professionale con titolo universitario in scienze dell’educazione e processi formativi. “L’educatore”, spiega, “è una figura outsider che si muove nel contesto scolastico senza tuttavia farne pienamente parte”. Da questo punto di vista sono evidenti le differenze contrattuali, economiche e di continuità lavorativa rispetto al personale scolastico, nonostante si tratti di un lavoro fondamentale per la promozione del benessere delle persone con disabilita’ all’interno delle scuole di ogni ordine e grado.
“Le proposte inerenti una possibile internalizzazione di questi servizi, nel contesto dei contratti pubblici, stabilizzerebbero e renderebbero omogeneo il lavoro di noi professionisti dell’inclusione, valorizzando il nostro ruolo, in un contesto generale di cronica carenza di figure educative, che sempre di più tendono a migrare verso altre situazioni lavorative maggiormente attraenti”, conclude Vario.
“Lavoriamo per risolvere questa vertenza”, aggiunge Michele Vannini, segretario nazionale Fp Cgil, “lavoratrici e lavoratori che svolgono un ruolo fondamentale e delicato ma che vivono in pessime condizioni economiche. Veri e propri lavoratori poveri tra sotto inquadramenti, part time ciclici/verticali e non retribuiti in caso di assenza dell’alunno, vittime di bandi di gara che rispondono solo a logiche di risparmio. E’ ora di invertire la rotta. I provvedimenti all’esame delle commissioni di Camera e Senato (presentate da partiti di maggioranza e opposizione) rispondono a questa necessità. Con le nostre iniziative di mobilitazione vogliamo contribuire a sbloccare e velocizzare in maniera risolutiva questa vertenza”.
C’è dunque bisogno di una mobilitazione che rivendichi la centralità del ruolo di queste lavoratrici e di questi lavoratori, su tutto il territorio nazionale, puntando ad una strutturazione giusta ed equa di questi servizi.
In una stagione in cui le questioni sociali si acuiscono sempre di più, fondamentali per l’inclusione appare come ben altro che uno slogan. E’, invece, una forte sollecitazione che ha l’obiettivo di innescare un circolo virtuoso di tutela di diritti: dei lavoratori e, insieme, dei più fragili.
di Valerio Ceva Grimaldi