Una storia di immigrazione che è testimonianza di un meraviglioso esempio di integrazione e inclusione. Il protagonista è Pietro, infermiere, scrittore, autore di opere di street poetry sui muri di Roma, che da qualche anno veste anche i panni di allenatore di una squadra di calcio di ragazzi immigrati, giovani il cui sogno era solo uno: giocare a pallone.
Tutto ha avuto inizio nel 2016, quando Pietro faceva parte di un gruppo di street artist con cui realizzava murales per riqualificare angoli abbandonati della zona di Pineta Sacchetti, a Roma. “Stavamo cercando di ripristinare l’area giochi del parco del Pineto che era andata a fuoco – racconta Pietro -. Avevamo aperto un tavolo con le istituzioni per risistemarlo con delle opere artistiche. Da un giorno all’altro il tavolo è saltato, sono venuti con le ruspe e hanno smantellato l’area giochi”.
Da lì nacque l’idea: farne un campo da calcio e coinvolgere i ragazzi di un centro d’accoglienza romano, il Gelsomino. Gambia, Senegal, Mali, Egitto, Costa d’Avorio i principali Paesi di provenienza di questi ragazzi tra i 18 e i 26 anni con tanta voglia di giocare a calcio. “Abbiamo cominciato con i primi allenamenti e ci siamo dati un anno per formare la squadra ed iscriverla ad un campionato”. Ed effettivamente nel 2017 Pietro e i suoi ragazzi sono riusciti a iscriversi ad un campionato amatoriale, in serie C, con la loro nuova squadra: la Pineto United.
Un esperimento che ha riscosso immediatamente successo e popolarità tra i residenti del quartiere, e non solo. Il progetto è stato presentato nelle scuole e alcuni professori hanno deciso di unirsi alla squadra, insieme ad alcuni infermieri colleghi di Pietro. Tutti in campo, a giocare con questi ragazzi, trasmettendo ancora di più il senso di integrazione. Studenti e abitanti della zona hanno seguito le partite con passione, e così la voce si è diffusa rapidamente. Altri centri di accoglienza hanno contattato Pietro per segnalare i propri ragazzi. Ad interessarsi all’iniziativa anche numerosi fotografi professionisti che hanno cominciato a seguire il progetto. Il risultato? Un’esposizione fotografica in diversi musei, tra cui il Macro di Roma. Ma la fama della Pineto United ha avuto un’eco internazionale. La squadra, infatti, è stata persino in Austria dove è stata premiata come uno dei migliori progetti italiani di integrazione.
In un percorso così bello e ricco, però, non sono mancate le difficoltà. Nel 2017, infatti, il centro di accoglienza Gelsomino è stato chiuso, dietro le proteste di tanti abitanti del quartiere che premevano perché i ragazzi rimanessero a Roma per proseguire il campionato. La voce unanime dei residenti è riuscita a far sì che i ragazzi venissero collocati in città e continuassero ad allenarsi. “Abbiamo proseguito anno dopo anno, senza mai fermarci, neanche con il Covid. Nel 2021, finalmente, il sogno si è avverato: la nostra squadra ha vinto il campionato e si è qualificata per la serie A, che ci aspetta a settembre. Adesso finalmente faremo la ASD (Associazione sportiva dilettantistica) e tre dei nostri ragazzi diventeranno soci fondatori”.
Ma, come ci spiega Pietro, il campo di calcio è solo la punta dell’iceberg di questo progetto di integrazione. “Il nostro lavoro per aiutare i ragazzi è quotidiano: quando finisce la loro permanenza nel centro di accoglienza li aiutiamo a trovare un affitto e un posto di lavoro, quando hanno problemi cerchiamo di seguirli con i documenti. La Pineto United non è solo una squadra di calcio, è un percorso importante per loro che hanno imparato regole e disciplina, è un vero successo di autentica inclusione”. Una preziosa testimonianza di come il miglior antidoto ai pregiudizi sia la solidarietà tra popoli, culture, comunità.
di Martina Bortolotti