Grazia Biondi: “Una donna è libera solo se è autonoma” 

Grazia Biondi: “Una donna è libera solo se è autonoma” 

La violenza economica è un fenomeno, subdolo e generalmente poco approfondito, che colpisce, nella stragrande maggioranza dei casi, le donne. Ne abbiamo parlato con Grazia Biondi, consulente esperta nella violenza economica e Presidente dell’associazione Manden.

Dott.ssa Biondi, quali sono i numeri del fenomeno? 

Si è cominciato a parlare di violenza economica da pochissimo e non c’è nessuno che stia concretamente monitorando il fenomeno. Nel 2021, delle donne che ci hanno contattato attraverso i gruppi di auto mutuo aiuto e l’associazione Manden, il 40% sono occupate, prevalentemente tra i 35 e i 45 anni, il 30% lavora in nero o percepisce reddito di cittadinanza, il 7% è in cerca di prima occupazione. In quest’ultima percentuale rientrano le giovanissime tra i 18 ed i 22 anni, quasi sempre vittime della violenza economica paterna che si manifesta attraverso il mancato mantenimento. Ed infine il 3% sono pensionate ed il 20% casalinghe che hanno rinunciato al lavoro dalla nascita del primo figlio. Come associazione stiamo per lanciare un osservatorio nazionale che cerchi di carpire sia il dato dei casi di violenza economica denunciati che quelli sommersi – un numero enorme – riferiti a tutti quei casi in cui la vittima non denuncia. Inizieremo a monitorare il fenomeno attraverso la collaborazione con i centri antiviolenza e con enti istituzionali, anche attraverso la somministrazione di questionari anonimi. 

I casi di violenza economica che più l’hanno colpita? 

Una situazione di violenza economica molto ricorrente è quella legata al mutuo su una casa coniugale. In caso di separazione spesso accade che la donna rimanga nell’abitazione con i figli e che l’uomo per sottrarsi all’impegno finanziario passi da un contratto full-time ad un part-time. Ne consegue che la donna, magari anche disoccupata, rimane sola nel pagamento del mutuo sottoscritto insieme all’ex marito. Quello che colpisce, infine, è anche l’esistenza di altri casi in cui la vittima di violenza economica è una donna con lavoro regolare e ben retribuito. Capitano casi in cui l’uomo sperpera il patrimonio della donna o le fa firmare delle carte lasciandola con ingenti debiti da pagare.

Oggi in Italia non esiste una normativa specifica e il tema viene regolato perlopiù dall’art. 572 del Codice penale “maltrattamenti in famiglia”. Sarebbe opportuna una legge ad hoc? 

Prima ancora di una legge ad hoc, sarebbe necessaria una formazione per gli operatori del diritto che illustri le dinamiche della violenza economica. Sarebbe opportuno che i giudici analizzassero più approfonditamente le condotte di uomini che si spogliano dei loro averi per evitare il mantenimento, che si chiedessero perché nelle more della separazione diventano tutti nullatenenti, perché non pagano il mutuo nel momento in cui alle donne/madri viene assegnata la casa coniugale, perché improvvisamente molti beni immobili e mobili registrati vengono trasferiti a familiari o nuove compagne compiacenti. 

È necessario quindi un investimento culturale per il contrasto del fenomeno?

Bisogna partire dalle scuole, dove andrebbe inserita l’alfabetizzazione finanziaria, un insegnamento utile a ragazze e ragazzi, che permette di acquisire le capacità per provvedere alla propria sfera economica. In particolare, potrebbe aiutare a prevenire tutti quei casi di violenza economica le cui vittime sono principalmente donne che non hanno sufficienti conoscenze in materia. L’alfabetizzazione finanziaria non può essere fatta alle donne che già sono incappate in casi di violenza economica o che si sono indebitate a causa di raggiri da parte del proprio partner. In questo caso servono soluzioni rapide, che spesso si fatica a trovare. Inoltre, è importante ricordare che la violenza economica trova terreno fertile anche nel mondo del lavoro e anche questo è un problema culturale da risolvere. Perché le donne hanno meno opportunità occupazionali rispetto ad un uomo e spesso si accontentano di contratti part-time, di lavori poco retribuiti o di un lavoro a nero. In questi mesi si è parlato molto del reddito di libertà, ma la vera libertà è dare alla donna la possibilità di essere autonoma. Perché è attraverso l’indipendenza che una donna può essere libera.

 

di Matteo Mercuri

 

Violenza economica, un’emergenza sottovalutata