Giuseppe, operatore sociosanitario: “siamo stanchi di svendere la nostra professione”

Giuseppe, operatore sociosanitario: “Siamo stanchi di svendere la nostra professione”

Giuseppe Borgosano è un operatore sociosanitario di Pronto Soccorso presso la ASST nord di Milano. La sua denuncia: “il nostro stipendio è il più basso d’Europa. Serve un rinnovo contrattuale che metta al centro i lavoratori, non l’esigenza di fare cassa”.

Come si lavora in Pronto Soccorso?

Una premessa: il mio lavoro mi piace molto, anche se la mia passione si sta affievolendo. Il Pronto Soccorso è un ambiente molto caotico: si passa dalla febbre di un paziente che non ha il medico di base e non sa a chi rivolgersi, all’arresto cardiaco del paziente psichiatrico. Aggiungiamoci la rabbia delle persone che si interfacciano al Servizio sanitario nazionale e trovano dei servizi che non rispondono alle esigenze attuali. Noi del Pronto Soccorso siamo definiti i ‘meno poveri’ rispetto agli altri perché abbiamo l’indennità e facciamo le notti. Ho una collega di 59 anni che fisicamente non ce la fa più e che già con lo stipendio attuale non riesce ad arrivare a fine mese, ma non vuole cambiare reparto proprio perché perderebbe quegli attuali due spiccioli che prende…

Cosa ne pensi del Contratto della sanità?

Sono contento che questa proposta di rinnovo contrattuale non sia passata perché 50 euro lordi in più al mese non mi avrebbero cambiato la vita, e soprattutto non sono una risposta alle nostre esigenze. Il nostro stipendio è uno dei più bassi in Europa. Non pretendiamo di diventare ricchi ma almeno di riuscire a pagare le tasse, i mutui sempre più alle stelle, la benzina, che è diventata olio extravergine di oliva. La verità è che non ce la facciamo più. Non abbiamo più tempo libero perché la mancanza di personale fa sì che ci continuino a richiamare in servizio. E questo contratto cosa ci offre? Essere pagati per saltare i riposi. Siamo stanchi di svendere la nostra professione, dopo la pandemia in cui siamo stati definiti ‘eroi’, termine che io ho sempre odiato perché non siamo eroi, siamo professionisti e vogliamo che questa professionalità venga riconosciuta. Ovviamente, come ci aspettavamo, quegli ‘eroi’, quelle piccole formiche che hanno mandato avanti il mondo mentre tutto si fermava, sono state dimenticate. E questo contratto è l’ennesima conferma che del Ssn non frega niente a nessuno.

La salute è un diritto sancito dalla Costituzione…

Il Servizio sanitario nazionale credo sia una delle cose più belle che abbiamo in Italia ed è una cosa che va garantita. Privatizzare tutto significherebbe, con gli stipendi e le pensioni attuali, che la gente non sarebbe più in grado di curarsi. Io non chiedo che domani, al prossimo rinnovo, la mia vita lavorativa e il mio stipendio migliorino. Io voglio che accada oggi, perché oggi ho bisogno, non domani. Oggi la vita è diventata più cara, non domani, e sopratutto voglio che venga garantito ai lavoratori, compreso me, il fatto che quando sono di riposo voglio riposare. Quando sono in ferie, voglio potermi permettere di andare in ferie. Quindi serve un rinnovo contrattuale che pensi soprattutto alla vita del lavoratore, e non a fare cassa.

di Valerio Ceva Grimaldi