Giornata mondiale della salute: il futuro è nei territori

Giornata mondiale della salute: il futuro è nei territori

“Health for All”, recita lo slogan dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione del suo 75° anniversario e della giornata mondiale della salute che ricorre proprio oggi. Uno slogan che ricalca quello che da sempre è l’obiettivo dell’Oms, nata per promuovere la salute, proteggere il mondo e servire i più fragili, in modo che tutti, ovunque, possano raggiungere il più alto livello di salute e benessere. Un obiettivo che però si conferma essere ancora molto lontano: il 30% della popolazione mondiale non è in grado di accedere ai servizi sanitari essenziali e quasi due miliardi di persone affrontano una spesa sanitaria catastrofica che porta spesso alla povertà intere famiglie, con disuguaglianze significative che colpiscono coloro che si trovano nei contesti più vulnerabili.

La situazione italiana

Se guardiamo in casa nostra la situazione non è rincuorante: dal 10° Rapporto del Banco Farmaceutico risulta che in Italia nel 2022 circa 390 mila individui si sono trovati in condizioni di povertà sanitaria, dovendo chiedere aiuto ad una delle 1.806 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure. Ma le difficoltà economiche colpiscono anche le famiglie non povere. Sono infatti circa 5 milioni le famiglie che ogni anno tendono a ridurre le spese sanitarie rinunciando o rinviando visite mediche e accertamenti periodici. 

Una nuova strada da percorrere: la territorialità

Una sfida e una possibile soluzione che può intraprendere il Sistema Sanitario Nazionale è il rafforzamento dell’assistenza sanitaria territoriale. Stiamo parlando di tutte le attività e dei servizi sanitari e sociosanitari diffusi capillarmente sul territorio, dalla medicina di base all’assistenza farmaceutica, dalla specialistica e diagnostica ambulatoriale alla fornitura di protesi ai disabili, dai servizi domiciliari agli anziani e ai malati gravi ai servizi territoriali consultoriali, alle strutture semiresidenziali e residenziali.

In tal senso, il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR), nella prima componente della Missione 6 dedicata alla salute, ha previsto investimenti per 7,5 miliardi per reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale. Questi si sviluppano su tre diversi livelli: 

  • Le Case della comunità, che rappresentano il punto di accoglienza dell’assistito, con il compito di indirizzarlo verso i servizi di assistenza sanitaria primaria, socio-sanitaria e sociale, oltre che di curare la promozione della salute e assicurare la presa in carico dei pazienti cronici, attraverso équipe multi-professionali;
  • L’assistenza domiciliare, di cui si prevedono sia il rafforzamento, con l’obiettivo di prendere in carico almeno 800.000 nuovi pazienti oltre i 65 anni di età (arrivando a 1,5 milioni), sia la riorganizzazione;
  • Gli Ospedali di comunità, a degenza breve (15-20 giorni), per lo sviluppo delle cure intermedie tra ospedale e ambulatorio, atti ad alleggerire gli ospedali dalle prestazioni a bassa complessità e a contenere gli accessi al pronto soccorso.

Lo stato dell’arte 

Negli ultimi anni lo spostamento delle cure dal livello ospedaliero a quello territoriale ha rappresentato una delle più diffuse politiche sanitarie nei Paesi europei. Al disinvestimento nell’assistenza ospedaliera, quindi, dovrebbe corrispondere un impegno crescente per riqualificare quella territoriale. Molti Paesi si stanno muovendo in questa direzione ma non l’Italia, dove il ridimensionamento della spesa sanitaria è stato proporzionale in entrambe le direzioni. Questo implica che gli ospedali vengono spesso sovraccaricati, con fenomeni di sovraffollamento dei servizi di emergenza-urgenza che ostacolano la salvaguardia degli standard qualitativi delle cure. 

La nuova struttura del servizio sanitario territoriale era stata immaginata già da tempo nelle sue linee fondamentali e molti passi erano anche stati compiuti. Tuttavia, né le Case della salute né le associazioni tra i medici di base sono arrivate a rappresentare, su tutto il territorio nazionale, effettivi punti di riferimento per i cittadini, con disponibilità di servizi in ampie fasce orarie e potenzialità di sostituire anche il pronto soccorso nel caso di urgenze legate a problemi minori. Inoltre, l’assistenza domiciliare è rimasta complessivamente limitata e molto differenziata tra le Regioni sia in termini di prese in carico rispetto alla popolazione, sia in termini di intensità dell’aiuto.

Le incognite legate agli obiettivi preposti

Molte sono le perplessità relative a quanto previsto dal PNRR e oltre a quelle relative ai tempi di realizzazione delle opere, che teoricamente dovrebbero essere molto rapidi per rispettare la tabella di marcia, esse riguardano principalmente quattro aspetti: la capacità di assicurare un riequilibrio territoriale dei servizi, la disponibilità di risorse finanziarie e umane per far funzionare il nuovo sistema di assistenza territoriale, il coinvolgimento dei medici di medicina generale (MMG) e l’adattamento della riforma ai diversi modelli regionali. 

L’incognita legata al primo aspetto è data dalle resistenze delle Regioni più forti che ostacolano lo sforzo di assicurare una maggiore uniformità nelle capacità produttive dei diversi Servizi sanitari regionali (SSR). Per quanto concerne la seconda questione, appare difficile che il rafforzamento dell’assistenza territoriale possa essere realizzato senza un incremento delle risorse finanziarie al settore sanitario, attualmente non contemplato. Per quanto attiene al terzo aspetto, il coinvolgimento dei MMG richiederebbe una chiara regolazione delle forme e dei modi della partecipazione alle varie strutture, ma ad oggi la materia appare ancora nebulosa e lontana dall’attuazione. Infine, il Regolamento contenente gli standard dell’assistenza territoriale (DM 77/2022), se da un lato è stato pensato come strumento per uniformare i servizi garantiti dalle diverse Regioni, dall’altro concede molto al mercato privato, che potrà trovare spazi di espansione piuttosto ampi nella fornitura dei servizi da garantire, a seconda delle scelte attuative delle Regioni.

La strada verso lo sviluppo della sanità territoriale è ancora ricca di ostacoli e criticità, ma è quella giusta da percorrere. Come osserva l’Oms, i sistemi sanitari alimentati da un approccio di assistenza sanitaria primaria (PHC) sono il modo più efficace ed economico per avvicinare i servizi per la salute e il benessere alle persone. Per questo serve investire in sistemi sanitari solidi per una società prospera a partire dall’aumento dei finanziamenti pubblici per la salute e la riduzione dei costi sanitari a carico delle famiglie. Chiaramente si tratta di una scelta politica e sociale che per essere intrapresa necessita di una leadership politica determinata e di una decisa spinta da parte dell’opinione pubblica.

 

di Matteo Mercuri