Aumenta il numero di alunni con disabilità, ma solo 1 insegnante di sostegno su 3 ha una formazione specifica. Gli educatori dell’inclusione, specializzati per sostenere i ragazzi in difficoltà, vivono condizioni di lavoro estremamente complesse. E se le attività extra-didattiche come i laboratori o le gite scolastiche si rivelano in grado di coinvolgere gli alunni disabili, persistono le barriere fisiche, presenti in 6 scuole su 10.
Aumenta il numero di alunni con disabilità
Nell’anno scolastico 2022/2023 sono stati 338 mila gli alunni con disabilità (il 4,1% del totale degli iscritti). Quasi 21 mila in più rispetto all’anno precedente (+7%). Si tratta prevalentemente di maschi (229 ogni 100 femmine) e il problema più diffuso è la disabilità intellettiva (che riguarda il 37% degli studenti con disabilità), seguita da disturbi dello sviluppo psicologico (32%), dell’apprendimento (26%), dell’attenzione (21%). Meno diffuse la disabilità motoria (10,5%) e la disabilità visiva o uditiva (8%). Il 39% degli alunni con disabilità presenta più di una difficoltà. Il 54% delle persone con disabilità intellettive vivono una condizione di pluridisabilità. Quasi un terzo degli studenti (28%) ha problemi di autonomia: nella comunicazione (21%), nell’andare in bagno (19%), negli spostamenti (13%) e nel mangiare (9%).
La necessità di figure specializzate
Si chiamano “assistenti all’autonomia e alla comunicazione”, e sono figure specializzate per l’inclusione dei ragazzi disabili. Sono più di 68 mila e di questi il 4,5% conosce la lingua italiana dei segni (LIS). La loro presenza è finalizzata a migliorare la qualità dell’azione formativa, potenziando l’autonomia e facilitando la comunicazione e l’interazione dello studente disabile e stimolando lo sviluppo delle sue abilità. A livello nazionale il rapporto è di 4,4 alunni ogni educatore. Nel Mezzogiorno il rapporto sale a 4,7, con la punta massima in Campania dove la soglia arriva a 9,5. Il rapporto migliora invece nelle regioni del Centro dove scende a 3,7 alunni per ogni educatrice o educatore.
Gli alunni dispongono mediamente di 9,4 ore a settimana con un operatore educativo all’autonomia e alla comunicazione. Nelle situazioni più gravi le ore salgono a 12,7. Nel Nord e nel Centro gli alunni accedono mediamente a 1 o 2 ore settimanali in più rispetto ai ragazzi del Sud Italia. Ma è ancora il 4,6% di alunni a non usufruire di questa figura professionale nonostante sia strettamente necessaria. E nel Mezzogiorno la quota di domanda non soddisfatta sale al 5,6%.
Gli educatori in servizio vivono condizioni di lavoro estremamente complesse. Pagati a cottimo e costretti a tornare a casa senza retribuzione in caso di assenza dell’alunno. Ma non solo, per la natura ciclica del loro lavoro sono sottoposti a part-time che prevedono una sospensione estiva, e nel periodo di Natale, rimanendo senza retribuzione. Oltre al danno, poi, è arrivata la beffa, dopo la decisione del Governo di azzerare il Fondo per il bonus al part-time verticale ciclico. Una misura che impatta fortemente sulle lavoratrici e i lavoratori e che, insieme alle complesse condizioni di lavoro, pesa nella capacità di trovare operatori specializzati per gli alunni che hanno bisogno di un’attenzione speciale.
Mancano le figure con formazione specifica
La situazione cambia per gli insegnanti di sostegno che però non possono sostituire in alcun modo l’attività di educatori specializzati. Sono circa 228 mila (di cui 218 mila nella scuola pubblica e 10 mila nella privata). Un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. Il rapporto alunno-insegnante è di 1,6 alunni per ogni insegnante, sopra lo standard deciso dalla legge che raccomanda un rapporto pari a 2. Ma il 30% di loro non ha una formazione specifica per il sostegno e viene scelto per far fronte alla carenza di figure specializzate
Cosa sta funzionando e cosa no
Molte scuole italiane si stanno attrezzando per garantire un’offerta didattica inclusiva. Il 73% delle scuole, infatti, dispone di postazioni informatiche adatte alle esigenze degli alunni con disabilità. Alle gite scolastiche di un giorno partecipa l’87% dei ragazzi disabili (quota che scende drasticamente al 32% per gite di più giorni). Alle attività extra-didattiche – come laboratori, teatro, scacchi, ecc. – partecipa meno di 1 alunno su 2. Tuttavia, è il 92% a partecipare all’attività motoria proposta dalla scuola.
Ma ciò che davvero resiste a qualsiasi tipo di miglioramento è l’accessibilità. Sono ancora molte le barriere fisiche presenti nelle scuole: solo il 40% risulta accessibile per chi ha una disabilità motoria. Nel Nord la quota sale al 44%, al Sud sta al 36%. La regione più virtuosa è la Valle d’Aosta (con il 74% di scuole accessibili), contro Liguria e Campania (dove ad essere accessibili sono rispettivamente il 29% e il 30% delle scuole).
Le maggiori difficoltà sono riscontrate dagli alunni con disabilità uditiva o visiva: solo il 17% delle scuole dispone di segnalazioni visive specifiche, e i percorsi tattili sono presenti solo nell’1,2% delle scuole. E nonostante la presenza di enormi barriere architettoniche, solo l’11% delle scuole ha effettuato nel corso dell’anno scolastico lavori finalizzati al loro abbattimento.
Nonostante sia sempre più diffusa la sensibilità ai temi dell’inclusione, sono ancora tanti gli ostacoli ad una corretta accessibilità. Abbattere le barriere – fisiche e non – è una priorità che non possiamo ignorare. Il primo tassello dovrebbe essere quello di dare valore al lavoro altamente specializzato di educatrici ed educatori dell’inclusione che hanno strumenti specifici per prendersi cura di questi ragazzi. Una delle vie per riuscirci è quella dei disegni di legge, attualmente all’attenzione del Parlamento, per il riconoscimento, l’internalizzazione e la valorizzazione di questi professionisti.
di Martina Bortolotti