Diritti dei disabili, dalle barriere architettoniche a quelle culturali

Diritti dei disabili, la rivoluzionaria decisione della Corte di Cassazione

Il 5 aprile scorso, con l’ordinanza 9384, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un Comune, come può succedere spesso. Ma questa ordinanza era attesa da molto tempo perché per la prima volta comportava la valutazione del concetto di discriminazione diretta e indiretta riguardante le persone con disabilità, ed in questo caso di quelle con disabilità visiva. La vicenda si può riassumere in poche righe: le scale mobili di una città del Nord Est non erano accessibili ai cani guida in base ad una vecchia normativa sugli impianti a fune, e ad una persona cieca accompagnata dal suo cane guida era stato intralciato il transito. Fu organizzata quindi una manifestazione di protesta da parte di cittadini ciechi che volevano montare sulla scala mobile con i loro cani guida, con, tra l’altro, l’intervento delle forze dell’ordine. Seguirono una serie di cause da parte dei cittadini, in vari gradi di giudizio, fino ad arrivare all’ordinanza 9384.

Non racconteremo il fatto che la legge sugli impianti a fune venne in seguito modificata per ammettere i cani guida. Non parleremo di barriere architettoniche. Non chiariremo di quale città si tratta. Non citeremo nemmeno le norme di legge interessate. Queste sono notizie che si trovano su tutte le fonti di stampa. Quello che interessa, in questa sede, è chiarire quanto sia rivoluzionaria nell’ambito dei diritti dei disabili (e umani) una decisione di questo genere da parte della Cassazione. In Italia la concezione di cittadino con disabilità è sempre andata di pari passo con quella di assistenza, supporto, sostegno, quasi a stabilire che ci fosse una categoria di persone da tutelare come perpetui infantes, persone senza il diritto all’autonomia decisionale e di azione. Solo negli ultimi anni con lo stimolo della classificazione ICF e della Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità, i diretti interessati hanno sempre più fatto valere la propria presa di coscienza verso la volontà di autodeterminazione e di piena fruizione dei propri diritti. Diritti umani fondamentali, che possono essere lesi quando l’ambiente circostante presenta ostacoli fisici e culturali non ancora rimossi.

Le persone che hanno tentato di salire su quella scala mobile assieme ai loro cani guida (attenzione, cani guida, non animali d’affezione, ma cani addestrati in maniera specifica e che sono oggetto di una legislazione apposita di valorizzazione) hanno fortemente affermato la volontà di autonomia, la possibilità di essere indipendenti grazie ad un compagno, il cane guida, che aiuta loro a gestire un ambiente sconosciuto o con rischio di essere ostile. La Cassazione ha quindi riconosciuto questo concetto: un cittadino con disabilità deve essere messo in condizione di esercitare i propri diritti senza essere discriminato nella propria interazione con l’ambiente circostante. Sottolineando che non era leso l’interesse di una categoria (le persone con disabilità visiva accompagnate da cani guida), ma di ogni singola persona che ha proposto questa azione in maniera cumulativa, non collettiva, è stata posta una pietra miliare nei diritti dei disabili (e umani) in Italia.

È un’ordinanza forse di nicchia, che interessa un numero ridotto italiani, ma che, ancora una volta, testimonia come i concetti attuali legati alla disabilità – autodeterminazione, autonomia, valorizzazione di tutti gli aspetti della persona – saranno al centro di un percorso evolutivo fondamentale nel campo dei diritti di studenti, lavoratori, cittadini.  L’articolo 3 della nostra Costituzione sta trovando sempre più applicazione mirata nel campo dei diritti umani delle persone con disabilità; il concetto di uguaglianza davanti alla legge e di pari dignità sociale sarà sempre più al centro dell’esistenza di più di tre milioni di italiani: il 5,2% della popolazione composto da persone con disabilità.

 

di Gloria Felicioli