Curcio: “Italia protagonista in Europa nel lavoro di accoglienza”

Curcio: “Italia protagonista in Europa nel lavoro di accoglienza”

In occasione del Primo Maggio il capo della Protezione Civile racconta la gestione della rete di accoglienza per l’Ucraina e sottolinea la generosità delle famiglie italiane. “Solidarietà e pace vanno a braccetto”

Mentre il conflitto tra Russia ed Ucraina non accenna ad arrestarsi, nella giornata della Festa dei Lavoratori, quest’anno dedicata al “lavoro per la pace”, ci è sembrato opportuno volgere l’attenzione a chi in questi mesi si sta impegnando nell’accoglienza della popolazione colpita. Sono tante, infatti, le persone che dall’inizio del conflitto con il loro lavoro, sia nei territori al confine con l’Ucraina sia in Italia, cercano di seminare pace attraverso la solidarietà. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Curcio, capo del Servizio nazionale di Protezione Civile.

Mentre, drammaticamente, la guerra prosegue, c’è chi dal primo momento lavora per la pace e per l’accoglienza della popolazione ucraina. Ci può raccontare le strategie e il lavoro di assistenza del Servizio nazionale di Protezione Civile?

Abbiamo da subito provveduto all’invio di personale e risorse, diretti sia al territorio ucraino sia ai Paesi al confine che ne hanno fatto richiesta. Come accade solitamente nell’ambito delle emergenze internazionali, è stato infatti attivato il Meccanismo Unionale di Protezione Civile, di cui l’Italia è protagonista. Questo è un sistema tra gli Stati membri dell’UE che consente di mettere in rete le risorse delle Protezioni Civili nazionali. Nel nostro Paese invece stiamo lavorando al potenziamento della rete di accoglienza ordinaria ed al rintracciamento della disponibilità ad accogliere da parte delle famiglie italiane. Si è da poco concluso un bando attraverso il quale abbiamo messo a disposizione 15 mila posti letto concessi da associazioni ed enti no-profit e tanti altri sono resi disponibili dalla Protezione Civile regionale. Ma non solo. Ogni cittadino ucraino avrà diritto per almeno tre mesi ad un compenso mensile, all’assistenza sanitaria e all’introduzione nei sistemi scolastici. Infine, una particolare attenzione è rivolta alla tutela delle categorie più fragili, come i disabili e i minori non accompagnati.

Ad oggi, quali sono le principali criticità e le esigenze specifiche alle quali il Sistema di Protezione Civile è chiamato a rispondere?

Il tema più delicato è quello della prospettiva legata agli ucraini. Stiamo parlando di persone che, a differenza di quelle appartenenti ad altri flussi migratori, non vorrebbero essere qui e desiderano tornare a casa. Oltre alla fragilità che le caratterizza – il 50% sono donne ed il 40% bambini – ci sono tante questioni da affrontare: per quanto tempo dovranno restare lontane dal proprio Paese? I bambini a settembre torneranno a scuola? E il tema della lingua? Sono tante le richieste per una DAD con insegnanti ucraini. Non è che non si vogliono integrare, ma magari sono più affini ai Paesi dell’Est Europa. Non possiamo fare forzature e dobbiamo rispettare la loro situazione di totale incertezza.

Come hanno risposto le famiglie italiane all’emergenza umanitaria causata dal conflitto?

L’Italia è da sempre un Paese che, soprattutto nei momenti di sofferenza, esprime una generosità eccezionale, come in questo caso. Ora il passaggio successivo è quello di dare una struttura a questa generosità, facendo attenzione a non limitarla. Sappiamo infatti che il percorso di accoglienza deve essere fatto attraverso determinati criteri e regole, tese alla tutela sia di chi accoglie, sia di chi viene accolto. Un grande ringraziamento va alle famiglie italiane, ma ora dobbiamo associare a questa disponibilità un sistema strutturato. Perché le persone non hanno bisogno solo di un letto e un pasto caldo, ma anche di un interprete, di capire come muoversi nel mondo del lavoro e come tutelare i propri bambini.

In che modo l’accoglienza e la solidarietà contribuiscono a costruire un percorso verso la pace?

Il tema della solidarietà e il tema della pace vanno a braccetto e chi conosce o ha conosciuto la guerra sa cosa significa. Il desiderio di pace lo cogliamo ogni giorno negli occhi delle persone che provengono dai territori colpiti. La solidarietà è accoglienza, è condivisione ed il nostro Paese sta facendo tutto il possibile sotto questo punto di vista. Tutti noi ci auguriamo che la guerra lasci presto spazio al confronto, alla diplomazia e a tutte quelle attività che portano una società verso la sua crescita.

 

di Matteo Mercuri