Bitcoin, quando anche il digitale inquina

Bitcoin, quando anche il digitale inquina

Dopo oltre tre decenni in cui il tema è passato in sordina, oggi non si può più evitare di discutere di cambiamento climatico. E proprio nelle scorse settimane i paesi di quasi tutto il mondo si sono riunite, durante la Cop26, per discutere di come rallentare l’innalzamento della temperatura del pianeta, attraverso uno sforzo comune che prevede, al primo posto tra le azioni da intraprendere, la riduzione delle emissioni di CO2. Tante sono le strade da percorrere per riconvertire la nostra economia in una “green economy”, sostenibile a livello di impatto ambientale. Tante le soluzioni proposte dalla politica e dagli esperti. Ma probabilmente non tutti sanno che anche il digitale può essere fonte e causa di inquinamento. Sapevi che i Bitcoin inquinano?

Ma cosa sono i Bitcoin?

In poche parole, il Bitcoin è un tipo di moneta digitale che può essere generata sfruttando la potenza di calcolo dei computer. Può essere utilizzato per comprare beni e servizi, o per venderli.

Il “mining”: l’estrazione di bitcoin

Ma il lato più interessante, e anche più critico, riguarda l’estrazione e la produzione di questa criptovaluta. Il “mining” (estrazione) è il metodo con cui generare le criptovalute. In sostanza, diversi computer collegati in serie, attraverso numerose operazioni di calcolo, estraggono i bitcoin. Il processo inizia nella “blockchain”, il libro mastro della contabilità delle criptovalute. Per aggiungere una transazione alla blockchain, occorrono ulteriori calcoli, lunghi e complessi.

Questo procedimento articolato richiede un dispendio di risorse molto elevato, tra cui il costo dell’energia elettrica e del funzionamento degli apparecchi di raffreddamento dei server, provocando un altissimo livello di inquinamento ambientale. Basti pensare che per produrre un bitcoin sono necessarie moltissime ore di lavoro e decine di computer potenti collegati alla rete. Le operazioni per estrarli sono complesse e necessitano di un grande sforzo energetico, il quale causa un grave impatto ambientale nel lungo periodo.

Quanto inquina il bitcoin?

Alcuni ricercatori sostengono che in dieci anni solo l’impatto del bitcoin mining porterà un aumento della temperatura terrestre di 2°C.

Energia elettrica ed emissioni di CO2

È stato calcolato che la rete delle criptovalute utilizza energia elettrica ad un ritmo di 73 terawattore all’anno (un terawattora equivale ad un miliardo di chilowattora), circa quanto consuma in media una nazione di medie dimensioni, confrontabile con Colombia, Bangladesh e Cile.

Cristian Stoll è stato uno dei primi studiosi ad occuparsi delle emissioni di anidride carbonica provocate dall’estrazione di bitcoin. I ricercatori, coordinati da Stoll, hanno stimato un’emissione annua da 22 a 22,9 milioni di tonnellate di CO2, pari alla quantità emessa da Kansas City (una città di quasi mezzo milione di abitanti). Inoltre – aggiungono i ricercatori – le emissioni risulterebbero probabilmente raddoppiate se si considerassero tutte le criptovalute esistenti, e non solo i bitcoin.

Qualcuno se ne sta pre-occupando?

I dati, ad un occhio esperto, sono preoccupanti. Durante la Cop26 non sembrano esserci stati riferimenti diretti all’inquinamento da bitcoin. Solo il Cancelliere britannico, Rishi Sunak, si è espresso annunciando che “l’intero sistema finanziario globale sarà ritarato per emissioni nette di carbonio pari a zero”. Questo, quindi, potrebbe provocare una stoccata a tutti i miners del mondo.