Aborto sicuro, la libertà delle donne di scegliere va difesa

Aborto sicuro, la libertà delle donne di scegliere va difesa

Il 28 settembre è la giornata mondiale per l’accesso ad un aborto sicuro. Dal 1978, in Italia, le donne hanno diritto a richiedere l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione. Il diritto si esercita per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Si tratta di un diritto sancito dalla legge 194/78 che in questi 44 anni ha protetto molte donne, che altrimenti sarebbero state esposte ai pericoli del ricorso agli aborti clandestini, e ha consentito, aumentando la cultura della prevenzione e della contraccezione, di diminuire il numero degli aborti.

Il calo degli aborti, soprattutto tra le più giovani: il ruolo dei consultori 

La costante riduzione degli aborti, iniziata nel 1983 e mai interrotta, avvenuta in tutte le aree geografiche e in tutte le classi di età (in particolare tra le giovanissime e le minorenni), è dovuta probabilmente anche alla buona legge. Tuttavia, questo trend positivo è dovuto anche al fondamentale supporto fornito dai consultori familiari, istituiti dalla legge 405/75. Diffusi sul territorio, svolgono un ruolo basilare nell’assistenza alle donne che decidono di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) e indispensabile per diffondere la cultura della contraccezione e della procreazione consapevole, proprio in direzione di quanto auspicato nella legge 194. 

Il problema del tasso di natalità

Nello specifico, il tasso di aborti nelle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni si è ridotto del 18,2%. Tuttavia, questo indice conferma i problemi con la genitorialità diffusi tra i giovani nel nostro Paese. Rispetto al 1995, l’età media delle donne al momento del parto aumenta di oltre due anni, arrivando a 32,2 nel 2020. I dati provvisori nel rapporto annuale Istat indicano che al 1°gennaio 2022 la popolazione è scesa a 58 milioni 983mila unità, cioè 1 milione 363mila in meno nell’arco di 8 anni.

La questione dell’obiezione di coscienza

Un elemento tutt’altro che secondario è quello dell’obiezione di coscienza che di fatto ostacola il diritto delle donne di accedere all’interruzione di gravidanza. Spesso, infatti, le pazienti sono costrette a recarsi a compiere viaggi in un’altra provincia – o addirittura regione – per trovare una struttura che metta a disposizione medici non obiettori. La presenza di medici obiettori di coscienza nelle strutture pubbliche si attesta tra il 70 e il 90%, a seconda dei territori. Una questione affrontata dalla Fp Cgil che ha proposto l’indizione di concorsi riservati a medici non obiettori. Una strategia già intrapresa da alcune regioni, per consentire alle donne di accedere a quello che è un diritto sancito per legge.

  

È quindi necessario che la politica, davanti a questi dati, compia serie e profonde riflessioni. Servono misure lungimiranti per aiutare le coppie che desiderano diventare genitori, come la flessibilità lavorativa, gli aiuti finanziari, i servizi alle famiglie, programmando investimenti nei settori determinanti per dare supporto alla natalità, come hanno fatto altri Stati europei con ottimi risultati. È allo stesso tempo opportuno fare investimenti sui consultori pubblici per garantire il diritto ad una maternità consapevole e assumere medici non obiettori per garantire davvero il diritto delle donne di scegliere. Il tempo ha dimostrato che la 194 è una legge che svolge appieno la sua finalità e raggiunge gli obiettivi prefissati. Per questo è doveroso difenderla.

 

di Lara Verbigrazia

 

Diritti: appello su RU486 e libertà di scelta delle donne