A un passo dalla Legge sui servizi digitali: internet libero, anche dall’odio

Stare su internet in sicurezza e nel rispetto di tutti, tutelando la libertà di espressione ma contro ogni discriminazione. È questo l’ambizioso obiettivo della Legge sui servizi digitali che sta prendendo vita grazie ad un accordo politico provvisorio raggiunto lo scorso 23 aprile dall’Unione europea. Ridurre il rischio di diffusione di contenuti nocivi o illegali, salvaguardare i diritti fondamentali di tutti, la libertà di espressione e i processi democratici, tutelare i minori. Sono solo alcuni dei fini di questa legge il cui accordo attende ora di essere approvato in via definitiva dal Consiglio e dal Parlamento europeo. La legge prevede, inoltre, che siano proprio le piattaforme e i motori di ricerca di dimensioni molto grandi (in numero di utenti) a dover rispettare gli obblighi più rigorosi.

Se infatti, da una parte, internet ci ha permesso di accedere all’esercizio di diritti fondamentali come quello alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla giustizia, di rimanere informati in tempo reale su ciò che avviene nel mondo, di fare a meno delle intermediazioni e, soprattutto, di esprimere la nostra opinione a gran voce, dall’altra, come tutte le grandi rivoluzioni, non è priva di controversie. Non di rado, infatti, la libertà di parola viene confusa con la possibilità di esprimere qualunque opinione, anche lesiva dei diritti altrui. E cosa dovrebbe accadere in quei casi? È opportuno che importanti piattaforme come Facebook o Twitter, popolate da milioni di utenti e così influenti nel dibattito e nell’opinione pubblica, ricorrano alla censura? Un dibattito che fa molto chiacchierare e su cui anche la legge non si esprime all’unanimità. È il caso della vicenda che ha coinvolto Casa Pound e Forza Nuova, partiti politici italiani di estrema destra a cui sono stati disattivati i profili social in seguito alla pubblicazione di contenuti violenti, discriminatori e di incitamento all’odio. Ma sul ricorso dei partiti, la legge si è espressa in modo diverso. In un caso, il giudice ha accolto il ricorso presentato da Casa Pound e ha ordinato la riattivazione della pagina dell’associazione. Nel secondo, invece, è stato respinto il ricorso di Forza Nuova ed è stato configurato l’obbligo di rimozione dei contenuti illeciti.

La Legge sui servizi digitali comunque sancisce con chiarezza il principio secondo cui ciò che è illegale offline dovrà esserlo anche online. Il compito di vigilare spetterà alla Commissione europea, si tratterà dunque di un intervento uniforme in tutti i Paesi membri. Il monitoraggio avrà lo scopo di ridurre i rischi di “diffusione di contenuti illegali, effetti negativi sui diritti fondamentali come la libertà di espressione e di informazione, sulla manipolazione dei loro servizi a scapito dei processi democratici e della sicurezza pubblica, effetti negativi in relazione alla violenza di genere e alla protezione dei minori e gravi conseguenza sulla salute fisica o mentale degli utenti”. Dunque, una legge che da una parte vuole offrire delle soluzioni per ridurre la diffusione di contenuti online nocivi o illegali, dall’altra intende salvaguardare la libertà di espressione e i diritti fondamentali. Un equilibrio labile e precario con cui tutti dobbiamo fare i conti, senza la fretta di prendere una posizione.

 

di Martina Bortolotti