Secondo il centro di ricerca Freedom House la libertà in rete è diminuita per l’11° anno consecutivo. Il loro studio annuale monitora il rispetto dei diritti umani nella sfera digitale e valuta la libertà di Internet in 70 Paesi che rappresentano l’88% degli utenti del mondo. L’ultimo rapporto, che copre il periodo che va da giugno 2020 a maggio 2021, ha evidenziato non poche criticità. Le autorità governative di almeno 48 paesi hanno imposto nuove regole per le piattaforme digitali su contenuti online, dati personali e concorrenza. Problemi reali come le molestie online e l’hate speech, le pratiche manipolative del mercato e la disinformazione, sono stati sfruttati per sopprimere la libertà di espressione e ottenere un maggiore accesso ai dati privati.
Non considerando la Corea del Nord, caratterizzata da un’assenza di libertà che la rendono inclassificabile, è il governo cinese a ledere più di tutti la libertà in rete. Le autorità hanno imposto pene detentive draconiane per attività online come la condivisione di notizie, l’affermazione di convinzioni politiche o religiose e la comunicazione con i membri della famiglia fuori dai confini cinesi. A registrare il peggioramento più drastico, invece, è stata la Bielorussia. In questo caso ha inciso negativamente la repressione senza precedenti mossa contro i giornalisti e contro gli attivisti del movimento pro-democrazia, emerso in vista delle elezioni presidenziali del 2020 e cresciuto notevolmente in seguito alla falsificazione degli esiti elettorali. Il Viasna Human Rights Center, un’organizzazione per i diritti umani con sede a Minsk, a metà agosto 2021 ha dato conto di 629 prigionieri politici nel Paese.
Ma ad attirare l’attenzione, in particolare, sono i peggioramenti della libertà in rete segnalati in Germania e negli Stati Uniti. In una scala da 1 (non libera) a 100 (libera), entrambi i Paesi perdono un punto. Non stiamo parlando quindi di episodi gravissimi, ma di fenomeni che comunque andrebbero tenuti sotto controllo, soprattutto nel caso degli USA, che regrediscono per il quinto anno consecutivo. Parlando della Germania, i fatti incriminati sono una legge che consente all’Intelligence federale di estendere le sue attività di sorveglianza anche alle persone incensurate e una campagna di disinformazione promossa dal partito “Alternative für Deutschland (AfD)” nella regione del Maclemburgo-Pomerania Anteriore.
Nel caso degli Stati Uniti, invece, sono stati determinanti i fattori che hanno portato all’assalto a Capital Hill del 6 gennaio 2021. Diversi rapporti, infatti, hanno tracciato un collegamento tra l’insurrezione e la proliferazione di contenuti online falsi, fuorvianti ed incendiari. Ancora oggi un’ondata di disinformazione e cospirazionismo continua a minacciare l’ecosistema informativo, indebolendo la fiducia nelle istituzioni e nei media tradizionali ed erodendo il numero di lettori di fonti più autorevoli.
Secondo il principio per cui un diritto tolto a un cittadino o una cittadina dall’altra parte del mondo è lesivo dei diritti di tutti, la tendenza dovrebbe destare quanto meno preoccupazione. Perché, come afferma Freedom House nella sua analisi, il potere emancipatore di Internet dipende dalla sua natura egualitaria.
di Matteo Mercuri