L’esperto: “Il Decreto Pa penalizza gli enti locali”

“La possibilità di aumentare il salario viene scaricata sui bilanci. In tantissimi verranno esclusi perché il meccanismo è complesso e persino controproducente. Intanto lo Stato non ci mette un euro, e diminuiranno le possibilità di assumere”

Luigi Oliveri è autore di volumi, articoli ed approfondimenti in materia del diritto degli enti locali, docente in corsi di formazione e relatore in convegni dedicati alle tematiche del diritto amministrativo. A lui abbiamo chiesto un approfondimento sul decreto Pa (dl 25\25) che introduce la possibilità per Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni di aumentare il salario accessorio dei dipendenti non dirigenti fino al 48% della spesa per gli stipendi del 2023 (sono escluse Camere di Commercio, Unioni di Comuni e altri enti del comparto funzioni locali non rientranti tra Comuni, Province e Regioni).

Oliveri, le retribuzioni dei dipendenti delle funzioni locali continuano ad essere le più basse nella pubblica amministrazione. Da anni si denuncia questo divario. All’atto dell’approvazione del Decreto Pa il ministro Zangrillo ha annunciato che “oltre il 90% degli enti locali e il 60% delle Regioni potranno incrementare il salario accessorio dei propri dipendenti”. Lei cosa ne pensa?

Quelle del ministro sono cifre molto ottimistiche. Astrattamente c’è la possibilità, certo. Ma la realtà è un’altra. Se si passa alla fase della valutazione delle condizioni alla base dell’applicabilità della norma, e sapendo anche che ci sono moltissimi enti locali in deficit o in difficoltà che non possono applicare il meccanismo del decreto Pa, e se a questo si somma la circostanza di una limitata possibilità di aumento per la spesa per il personale, si capisce che questa teorica possibilità di aumentare le retribuzioni si riduce moltissimo. E, nei fatti, lo scopriremo quando andremo a consuntivo, andando a guardare caso per caso quanti Comuni avranno potuto effettivamente realizzare questo aumento. Occasione nella quale sarà possibile scoprire anche la reale entità dell’aumento. Che, in ogni caso, sarà lontanissima dai 300 euro lordi mensili stimati dal governo. A mio parere gli enti che potranno assicurare questa cifra si potranno contare sulle dita di una mano.

Quali sono i problemi principali?

Sono legati ai meccanismi introdotti dalla norma. Il primo: il finanziamento se lo devono trovare i singoli enti locali, quindi devono avere capacità di bilancio proprie. Ma siccome la situazione di tantissimi enti non è affatto florida, pensiamo per esempio alle Province, ben si comprende quanto si dovrà ridurre la platea. Il secondo: occorre che la spesa posta a carico dei bilanci non determini problemi di equilibrio, e ci deve anche essere l’asseverazione a carico dell’organo di revisione. Il terzo: devono essere rispettate le complicate norme che consentono alle amministrazioni regionali e locali di quantificare le facoltà assunzionali, e quindi la relativa spesa che è possibile erogare per fare nuove assunzioni a tempo indeterminato. Va però osservato che tutti gli enti che non hanno un saldo favorevole (condizione indicata da specifiche tabelle ministeriali) non possono peggiorare la propria condizione, e quindi nemmeno a loro il meccanismo del decreto Pa può applicarsi.

E gli enti “virtuosi”? Possono tutti aumentare le retribuzioni?

Anche qui: teoricamente sì. Peccato che se si aumenta la spesa aumenta anche il numeratore della frazione fra spesa di personale ed entrate correnti: con ciò, diminuisce la percentuale ottenuta e quindi diminuisce la possibilità di fare assunzioni. In sostanza: se un ente che ha un equilibrio di bilancio e le possibilità finanziarie decide di applicare questo aumento necessariamente dovrà ridurre il numero di assunzioni previste. E non è neanche affatto detto che l’aumento arrivi alla quota massima prevista del 48% del rapporto fra il Fondo del salario accessorio e il trattamento economico delle elevate qualificazioni in rapporto al complessivo tabellare 2023. Il 48% è, infatti, il tetto massimo, ma probabilmente molti enti dovranno fermarsi molto prima sia perché non possono peggiorare la situazione di bilancio, sia perché se destinano tutte le risorse consentite dalla norma al solo aumento del salario accessorio devono rinunciare a tutte o a una grande parte delle assunzioni che avevano programmato di fare.

Risorse fresche, quindi, non ce ne sono. Se, ad esempio, un Comune vuole aumentare le retribuzioni ai suoi dipendenti, e se è in condizione di poterlo fare, i soldi li deve prendere dal suo bilancio. E comunque potrà assumere meno personale di quanto preventivato. E’ giusto?

Sì. Questa norma non prevede finanziamenti a carico del bilancio dello Stato, ma scarica su ciascun singolo ente il problema di capire se c’è la possibilità economica. Tra l’altro non è nemmeno molto chiaro un punto: se anche un ente virtuoso riuscisse a decidere di incrementare il salario accessorio (l’incremento deve andare alla parte stabile del Fondo, è scritto così nella norma), non è chiaro se questo incremento stabile sia duraturo nel tempo oppure no. La condizione della virtuosità ai fini delle assunzioni non è una condizione fissa ed invariabile nel tempo.

Quindi l’aumento potrebbe essere temporaneo?

E’ un problema che pongo. Nella norma è scritto “a decorrere dal 2025”. Ma non si capisce se questo “a decorrere” vuol dire che si applica solo nel 2025 e quindi questo incremento del Fondo rimane fisso, oppure se si tratta di un flusso legato all’analisi della virtuosità dell’ente. Va considerato che gli equilibri pluriennali di bilancio sono mutevoli nel tempo e le condizioni sono che l’ente rispetti l’equilibrio pluriennale di bilancio e le facoltà assunzionali. E quella volta che l’ente si trova a non poter rispettare questi parametri, per un motivo o per l’altro, cosa succede?

Quindi se un ente locale virtuoso applica il meccanismo previsto dalla norma rischia di non essere più virtuoso a causa…dell’applicazione della norma?

Esatto. E’ proprio così.

Sullo sfondo non va dimenticato il diritto dei cittadini ad avere servizi pubblici efficienti. Già siamo uno dei Paesi europei con il numero più basso di dipendenti pubblici: con questo decreto certamente la situazione non migliorerà in termini di assunzioni. Anzi, si va proprio in una direzione opposta.

Recentemente, in occasione di Forum Pa, è stato detto che negli ultimi 15 mesi sono stati fatti concorsi per 408.000 posti. Sarà anche vero, però nel contempo bisogna sempre verificare quante sono le cessazioni. Il problema dei servizi ai cittadini è assolutamente reale, e bisognerebbe assolutamente rafforzare gli organici. E questa norma non consente di farlo. Consente, forse, di pagare (in pochissimi casi) un pochino di più quelli che già ci sono. A condizione di rinunciare ad effettuare assunzioni. Una penalizzazione davvero grave e molto pesante. Per tutti.

Valerio Ceva Grimaldi