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Da Nord a Sud, il diritto di ogni bambino all’educazione

Asili e servizi educativi all’infanzia non sono semplici luoghi di accudimento ma spazi essenziali per stimolare la curiosità, il pensiero critico e le competenze relazionali dei bambini fin dai primissimi anni di vita. È durante questa fase cruciale che i piccoli sviluppano le basi cognitive, emotive e sociali su cui si costruirà il loro futuro. Per questo educatrici ed educatori rivestono un ruolo insostituibile nella loro crescita. Non si limitano a trasmettere nozioni, ma creano ambienti sicuri, stimolanti e affettuosi dove i bambini possono esplorare, esprimersi e sviluppare le loro potenzialità. Al tempo stesso accompagnano le famiglie in questo percorso complesso, delicato e importante che è la prima forma di vero distacco dal bambino.

“I bisogni educativi che la società stessa sta esprimendo in modi sempre più drammatici ci dicono che la figura dell’educatore è essenziale per promuovere la salute e il benessere e per prevenire l’insorgere di difficoltà e di disagi che poi impattano negativamente sulla società stessa”, ci spiega Silvia Negri, presidente dell’Associazione Professioni Pedagogiche. Purtroppo, il valore sociale dell’educatore ancora non è sufficientemente riconosciuto, soprattutto a livello di rappresentazione sociale diffusa. Il nostro ruolo è riconosciuto spesso dai singoli cittadini che vivono l’esperienza delle prestazioni educative. Penso, ad esempio, agli educatori professionali socio-pedagogici che lavorano nelle scuole con alunni con disabilità. Ma a livello più generale non esiste un riconoscimento del valore di questa professione, basta considerare stipendi e condizioni contrattuali e lavorative per rendersene conto”.

Silvia ci spiega che proprio quest’anno, con la legge 55/2024, sono state regolamentate le professioni dell’educatore professionale socio-pedagogico e del pedagogista. Non solo, la legge mira a tutelare anche la cittadinanza sulla qualità delle prestazioni erogate. “Penso che questo contribuirà anche a diffondere una rappresentazione sociale di questi due profili professionali più valorizzante”. Restano però ancora molte criticità, sia per la professione che per il servizio. Da una parte, infatti, come anticipava Silvia, abbiamo condizioni di lavoro, retribuzioni e contratti sui quali è necessario investire se non vogliamo assistere all’ennesima un’emorragia di professionisti, come già avviene in sanità. Dall’altra assistiamo inermi ad una estrema disomogeneità territoriale del servizio, che spezzetta il sistema. “Il numero di iscrizioni agli albi/elenchi ci dice che ci sono alcune regioni (per esempio Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Veneto) che concentrano una quantità di servizi e quindi di personale veramente ingente e ci conferma che altre regioni sono invece molto carenti. Questo è un problema noto, ma a cui non si è ancora immaginato un approccio risolutivo che non sia frammentato e di riduzione del danno”, spiega Silvia.

Anche per questo stupisce che, invece di riparare il danno, la politica si ostini ad andare in direzione contraria con una proposta di legge, quella sull’autonomia differenziata, che sentenzierebbe definitivamente le differenze territoriali, in un sistema già caratterizzato da enormi divari, con regioni che offrono asili e servizi di eccellenza e altre che faticano a garantire il minimo indispensabile. Questo scenario colpirebbe in particolare i bambini provenienti da contesti svantaggiati che già oggi soffrono di un accesso limitato a opportunità formative di qualità, compromettendo il principio di uguaglianza che dovrebbe essere alla base del diritto all’educazione.

In occasione della Giornata mondiale dell’infanzia, come tutto il resto dei giorni, è necessario e doveroso accendere un faro sul tema. Investire nell’educazione della prima infanzia, sostenere il lavoro di educatrici ed educatori e garantire pari opportunità per tutti i bambini non è solo una questione di giustizia sociale, ma un passo essenziale per costruire una società più equa e forte. Le scelte che facciamo oggi avranno un impatto diretto sul futuro, e assicurarsi che ogni bambino abbia le basi per crescere e svilupparsi al meglio deve essere una priorità condivisa da tutti.

 

di Martina Bortolotti