Gli atenei italiani non sono da considerarsi luoghi sicuri. È quanto emerge dall’indagine condotta dall’Unione degli Universitari (UDU) su un campione di circa 1.500 studenti e studentesse e presentata questa mattina alla Camera dei Deputati. Sono più frequenti di quanto si possa pensare i casi di molestie nelle università italiane, luoghi dove lo squilibrio di potere tra docenti e alunni è tale da rendere estremamente difficile denunciare.
Viviamo e studiamo in luoghi sicuri?
Il 47,4% degli studenti pensa che il proprio territorio non sia attrezzato a gestire segnalazioni di molestie o violenza, attraverso servizi adeguati. Oggi in Italia ci sono 338 centri specializzati nel sostegno alle donne vittime di violenza: si tratta di un centro ogni 100 mila donne.
Avvicinando lo sguardo all’interno degli atenei universitari, emerge che secondo il 20,5% degli intervistati le università del nostro Paese non sono spazi sicuri e più di 1 studente su 3 (34,5%) ha sentito parlare di casi di molestia o violenza all’interno degli spazi universitari. È il 22,4% ad affermare che all’università non vi sia un clima che mette le persone in condizione di denunciare. Il timore principale è quello di subire ripercussioni sulla propria carriera accademica, a seguire la paura del giudizio da parte dei compagni. Molto diffusa la convinzione che la persona abusante non avrà alcuna conseguenza e che il fatto verrà sminuito se non addirittura celato.
I luoghi segnalati come meno sicuri sono gli uffici personali dei docenti (37%), i luoghi di tirocinio (34,7%), gli studentati (32%), le aule dove si tengono le lezioni (17,4%) e la biblioteca (12,4%). Coerentemente, le figure più coinvolte sono proprio i docenti (48%) a seguire i compagni di corso (47%), i compagni di studentato (32%) e il personale tecnico-amministrativo (20%).
Inutile dire che vivere in un clima di insicurezza e di vulnerabilità inficia profondamente sul percorso accademico e – ancor di più – sul benessere psicologico di studentesse e studenti.
Quali servizi offrono le università?
Nel report curato da UDU è stato chiesto agli intervistati se fossero presenti presidi antiviolenza nei loro atenei. Solo il 25,7% ha risposto in modo affermativo, il 12,2% invece ne ha negato l’esistenza. Ma il dato più indicativo è quello che risiede nel restante 62,1% che dichiara di non sapere nemmeno se nella propria università esistano questo tipo di servizi, indice di una grande disinformazione al riguardo. Degli sportelli presenti, il 50% fornisce servizi di primo ascolto o psicologici; solo l’8% si occupa anche di supporto legale. Quel che emerge con chiarezza è che il livello di percezione di sicurezza all’interno delle università, e la conseguente volontà di denunciare le molestie subite, aumenta con la presenza di presidi antiviolenza. Infatti, dove i presidi sono presenti si arriva ad un 45,4% di rispondenti che si dichiara disposto a denunciare, mentre dove non ci sono servizi la percentuale cala al 19,1%.
Cosa chiedono gli studenti?
Studenti e studentesse chiedono a gran voce soluzioni immediate per affrontare il problema e avanzano delle proposte tra cui l’aumento di telecamere e di sorveglianza in generale, percorsi di formazione sui temi della violenza e della prevaricazione, oltre che la presenza massiva di centri antiviolenza negli atenei, che forniscano sia un supporto psicologico che legale. “Dobbiamo cambiare la cultura dominante, rendere le università degli spazi sicuri. Un vero cambiamento può avvenire solo a partire dai luoghi del sapere”, dichiarano i ragazzi di UDU.
di Martina Bortolotti