Il Coordinatore della Commissione Salute: “Sarò in piazza a Roma il 24, spero saremo in tantissimi”
“Quello di due giorni fa col ministro della Salute è stato un incontro importante. Per la prima volta, dopo tanto tempo, il ministero torna ad incontrare tutti i presidenti delle Regioni sulle criticità del Sistema sanitario nazionale. È l’inizio di un percorso che di qui a settembre dovrebbe portare all’attenzione del governo non solo i temi della sostenibilità finanziaria del Ssn ma anche altri temi come le politiche per il personale, la capacità di spesa delle risorse del Pnrr e della maggiore necessità di fondi statali. Speriamo che questi impegni non vengano, per l’ennesima volta, disattesi”. A parlare è Raffaele Donini, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e assessore regionale alle Politiche per la salute dell’Emilia Romagna.
Il Def, intanto, certifica un definanziamento alla sanità nei prossimi anni: nel 2025 precipiterà al 6,2 del Pil.
Ed infatti ci aspettiamo una correzione del Def. Se bisogna dare coerenza a ciò che durante l’incontro col ministro tutti hanno detto e riconosciuto, appare evidente che il Def va assolutamente corretto e che il rapporto tra Fondo sanitario nazionale e Pil debba risalire verso il 7,5%. Noi come Emilia Romagna, ma credo anche altre Regioni, intendiamo rinforzare questa sollecitazione attraverso la presentazione, appena dopo l’estate, di una proposta di legge che speriamo il Parlamento possa discutere nel più breve tempo possibile.
Con quali obiettivi?
Adeguare progressivamente il rapporto Pil-Fondo sanitario nazionale al 7,5% ed eliminare questo odiosissimo tetto al personale.
Nel corso dell’incontro si è affrontato anche il tema della medicina territoriale?
Gli investimenti del Pnrr non devono rimanere solo un Piano edilizio. Le Case della salute e della comunità devono diventare realmente centri “abitati” da professionisti che abbiano come indirizzo la presa in carico dei cittadini a livello territoriale. Anche i medici di medicina generale hanno un ruolo centrale.
La lezione del Covid è servita?
No, purtroppo. Siamo usciti da una pandemia mondiale con un Pnrr che non colloca al centro la sanità, ci sono poco meno di 20 miliardi, comparto che vede adesso un finanziamento della spesa corrente precipitare pericolosamente verso il 6% del Pil. Inoltre, sia il precedente governo che l’attuale non hanno ancora preso in considerazione lo stato di estrema sofferenza finanziaria delle Regioni perchè non sono state ancora riconosciute e rimborsate le spese sostenute per il contrasto alla pandemia: si tratta di almeno 3,8 miliardi per le Regioni, a cui si aggiunge il rincaro dei costi energetici sofferto nel 2022 per circa 1,4 miliardi. Su questa circostanza va posta grande attenzione: le Regioni, come hanno fatto notare tutti i Presidenti di qualunque orientamento politico, il primo anno hanno gestito la cosa in maniera quasi naturale perchè occorreva curare le persone ed evitare un’ecatombe dal punto di vista della salute pubblica: non abbiamo di certo guardato al bilancio, dovevamo garantire la salute dei cittadini! Il secondo anno lo Stato ci ha chiesto di vaccinare in massa la popolazione con un ritmo che non si è mai visto nella storia della Repubblica, e le Regioni hanno adempiuto in maniera egregia consentendo agli italiani di ripartire. Ma anche questi sono costi. Il terzo anno abbiamo dovuto reuperare gran parte di quello che era rimasto indietro, in termini di prestazioni sanitarie, e poi ci siamo trovati i rincari energetici. E tutti questi costi sono stati solo parzialmente rimborsati dai vari governi. E siccome non ci sono stati, non ci sono, e qualora non vi fossero provvedimenti di natura legislativa o finanziaria, è evidente che i funzionari, i tecnici, del Mef non potrebbero fare altro che richiedere alle Regioni di rientrare e riallinearsi alla spesa.
Un beffardo paradosso.
Esatto. Noi quest’anno potremmo avere la maggioranza delle Regioni in Italia, tranne quelle che sono già commissariate, quelle a Statuto speciale e forse un altro paio che mostrano un bilancio un pochino più consistente, che potrebbe andare verso un disavanzo, e quindi un Piano di rientro. Ciò significa ridurre la spesa sanitaria, significa tagli, significa lasciare a casa dei lavoratori. Ma così lo Stato rischia di essere bipolare! Per esempio noi, come Emilia Romagna, non riusciamo a stare dietro ai costi emergenti di questi anni, e non abbiamo neanche più le riserve perchè le abbiamo impiegate per chiudere i bilanci del 2020, 2021 e 2022.
Un motivo in più per scendere in piazza il 24…
Assolutamente. Io sarò in piazza, ed è bene che ci sia tantissima gente, che si interpreti un sentimento che non è di parte ma che è nazionale. Ci ricordiamo quando le immagini tremende, drammatiche, con i morti e le bare di Bergamo scossero la coscienza di tutti i cittadini italiani e di tutte le istituzioni? In quell’occasione tutti i responsabili delle forze politiche dissero ‘mai più tagli in sanità’. Oggi, invece, si sta tagliando. La verità è che prima si interviene e prima usciamo da questo spergiuro che è una palese contraddizione rispetto al periodo della pandemia in cui dicevamo che non avremmo mai più tagliato le risorse alla sanità. E, sottolineo, lo dice una Regione benchmark, che è prima nel riconoscimento dei Lea, che ha il sistema più attrattivo in Italia dal punto di vista del sistema pubblico universalistico. Lo dice una delle Regioni che dà ancora esigibilità, con tante criticità e sempre più difficoltà, all’articolo 32 della Costituzione, che afferma che la salute è un diritto fondamentale per l’individuo.