Galeone: "Ridare prestigio al settore pubblico"

Galeone (Ifel), restituire dignità e prospettive al lavoro pubblico

Il direttore dell’Istituto per la finanza locale: “Il Rapporto Fp Cgil sulle  assunzioni nella Pa coglie nel segno”

Pierciro Galeone è direttore di Ifel (Istituto per la Finanza e l’economia locale), una Fondazione istituita dall’Associazione nazionale dei Comuni italiani. E’ un organismo di diritto pubblico che si occupa di finanza ed economia locale, di attività di studio, ricerca e monitoraggio dei fenomeni economico-finanziari comunali, nonché di assistenza, supporto alle amministrazioni comunali e formazione. Abbiamo raccolto il suo commento al Piano presentato da Fp Cgil per 1,2 milioni di assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, ritenute necessarie per garantire i servizi ai cittadini alla luce dei pensionamenti (700mila al 2030) e dei fabbisogni.

Direttore, come valuta l’iniziativa di Funzione Pubblica Cgil?

Il Rapporto coglie nel segno, in particolare per quanto riguarda i Comuni che sono il nostro ambito di lavoro. Fornisco qualche numero: le amministrazioni comunali hanno perso dal 2007 al 2020 il 27% delle unità di personale, passate da circa 480.000 a 350.000. Una riduzione molto forte. E non è finita qui.

Perché?

Se facciamo qualche stima sulle previsioni di pensionamento nei prossimi 5 anni lasceranno il servizio tra le 50mila e le 60mila persone. Nei prossimi 10 anni, più di 110mila. E parliamo solo dei Comuni. Ad oggi il 21% del personale comunale a tempo indeterminato ha più di sessant’anni. Il 46% ne ha più di 55. La prossima stagione, quindi, non può non essere di rinnovamento del personale comunale, con un reclutamento robusto e ben fatto.

E ora c’é anche il Pnrr… 

Siamo già in difficoltà adesso con questo sforzo straordinario richiesto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che si scontra con la circostanza per la quale il sistema comunale non è mai stato così fragile dal punto di vista della capacità amministrativa. Quindi, proprio ora arriva un grande sforzo in un momento di grande fragilità causato soprattutto dalla perdita di personale e da una legislazione degli ultimi anni orientata alla contrazione della capacità di spesa e della capacità amministrativa. E, come dicevo, la situazione non migliorerà. Devono assolutamente esserci nuovi ingressi.

Al momento la Legge di Bilancio non sembra affrontare questa urgenza…

Io credo che non ci sia la consapevolezza delle grandi sfide che abbiamo accettato nel Paese, come il Pnrr, che non possiamo affrontare con così pochi “soldati” e ad “armi spuntate”. Decidiamoci: se vogliamo far fare un salto al Paese sugli investimenti nelle infrastrutture pubbliche e nei servizi  pubblici dobbiamo trarne le conseguenze.

Questa mancanza di personale come si ripercuote sui diritti e i servizi per i cittadini?

Nei Comuni questa ripercussione è più forte. Abbiamo innanzitutto verificato che relativamente agli investimenti, sono gli uffici tecnici ad essere particolarmente sguarniti. Questo vuol dire che tutte le operazioni di rinnovamento urbano, di ristrutturazione di aree, soprattutto periferiche, scontano una fragilità del personale tecnico. Abbiamo anche tanti problemi sulla parte che riguarda i servizi sociali, e quindi i servizi erogati alla parte più fragile della popolazione.

Cosa fare? 

Come Ifel e Anci abbiamo fatto delle proposte emendative alla Legge di Bilancio per evitare, almeno, che i bilanci comunali subiscano tagli. Nel contempo, occorre anche investire nella formazione del personale già in servizio. Nel 2020 abbiamo registrato una spesa per la formazione del personale di 52 euro pro capite annua. Nulla, sostanzialmente. Come Ifel stiamo supplendo con la formazione gratuita: quest’anno faremo 50mila presenze, tocchiamo il 12% del personale comunale. Ma non basta. Siamo in presenza di un mondo che si sta trasformando. Servirebbe anche qui uno sforzo straordinario. E’ una questione di priorità del Paese. E io credo lo sia. E se questa è una priorità, bisogna mettere dentro risorse e intelligenza e il cosiddetto committment politico.

Perché il lavoro pubblico soffre di una scarsa attrattività per i giovani?

Da quindici anni diciamo ai giovani “non ci saranno più concorsi nella Pa”. Quindici anni di blocco delle assunzioni. Nelle Università e nelle scuole superiori i professori hanno ripetuto “non pensate alla pubblica amministrazione, andate da un’altra parte”. Prima c’erano tantissimi corsi post universitari e master verso la Pa, negli ultimi anni sono stati chiusi. Fino a quindici anni fa c’erano dei ragazzi che preparavano concorsi, che volevano entrare nella Pa e che passavano i mesi successivi alla laurea o al diploma a partecipare a concorsi. Avevamo un bacino di decine di migliaia di persone che si formavano autonomamente per entrare nella Pa. Se noi per tutto questo tempo chiudiamo le porte dell’Amministrazione, a questo punto i ragazzi che fanno? Guardano altrove. Quanto all’attrattività, l’altro problema riguarda le prospettive: sì, è vero, gli stipendi sono bassi. Ma purtroppo in Italia gli stipendi sono bassi dappertutto… il punto vero sono le prospettive di carriera e di crescita professionale. Se vogliamo attrarre giovani dobbiamo rendere l’amministrazione attraente da questo punto di vista: un posto pubblico deve essere un posto dove si lavora bene, per il bene comune. E’ fondamentale restituire prestigio al lavoro pubblico.

 

Di Valerio Ceva Grimaldi