Con la caduta del Governo, i provvedimenti in sospeso rischiano di decadere
Finalmente anche l’Italia si è adeguata agli standard degli altri Paesi europei in materia di diritti degli animali, vietando la produzione di pellicce, il commercio di animali esotici e l’utilizzo degli animali nei circhi. Proprio nei mesi scorsi, infatti, il Governo si era impegnato a regolamentare questi aspetti. Ma ora che l’esecutivo di Draghi è caduto, quello che si insedierà avrà la facoltà di abbandonare gli impegni presi, che rischiano di sfumare.
La produzione di pellicce
Dal 1° gennaio in Italia è vietato allevare animali per ricavarne pellicce. Ma questo non basta a smantellare definitivamente gli allevamenti: serve, infatti, un decreto del Ministero dell’Agricoltura che disciplini due aspetti: l’accesso agli indennizzi per gli allevatori che cessano la propria attività (per i quali la Legge di Bilancio ha stanziato 6 milioni per il 2022 e il 2023) e la cessione degli animali ancora presenti negli allevamenti ai rifugi. Questo decreto avrebbe dovuto essere emanato entro il 30 gennaio, ma per il momento tutto tace e gli animali vivono di fatto in un limbo, nelle gabbie, in attesa di una collocazione. “Sulla carta sarebbe il più grande salvataggio di animali da pelliccia mai verificata, perché a differenza degli altri Paesi c’è la possibilità di riscattare gli animali, piuttosto che di disfarsene – commenta la Lega Anti Vivisezione (LAV). – Non vorremmo mai che si arrivasse a qualche provvedimento che faccia ripartire questo tipo di attività in Italia”.
Il commercio di animali esotici e i circhi
Stesso timore per il divieto di esibizione degli animali nei circhi, su cui il governo uscente si era impegnato a legiferare entro i prossimi nove mesi. Il nuovo Governo proseguirà nel rispetto degli impegni presi? Intanto, però, qualche grande risultato è stato portato a casa. Infatti, tra settembre ed ottobre entrerà in vigore il divieto per i circensi di far riprodurre gli animali selvatici e di acquistarne di nuovi. Decade, quindi, di fatto il permesso di detenzione. Il circo con gli animali, dunque, non avrà ancora vita lunga. Ma non solo, perché la nuova legge dice anche stop al commercio di animali esotici: si passerà dalla possibilità di tenere in casa migliaia di specie a solo qualche decina. I criteri di esclusione saranno la possibilità delle specie di trasmettere malattie zoonotiche, di diventare specie “aliene invasive” che deturpano il territorio, e la compatibilità etologica alla cattività. In poche parole, a rispettare i criteri di ammissibilità saranno gli animali più comuni, come cani, gatti, conigli, furetti, cavie peruviane, criceti, lama; animali che sono ormai considerati da compagnia. Sarà il mondo scientifico a stabilire le specie permesse.
Le due facce della medaglia del Bel Paese
Nonostante i recenti progressi – quanto meno nelle intenzioni – per molti aspetti l’Italia rimane ancora indietro sui diritti degli animali. A differenza di molti Paesi europei, infatti, nel Bel Paese non vi è nessun limite alle vendite di animali nei negozi e sono ugualmente legali allevamenti professionali e amatoriali. Ma non tutti i record sono negativi. Infatti, l’Italia è stato il primo Paese al mondo a riconoscere il diritto alla vita e alla tutela degli animali randagi, vietandone la soppressione (se non i casi di gravi malattie o comprovata pericolosità). In altri Paesi, invece, permane ancora oggi la legge secondo cui dopo un periodo di stallo nei canili, gli animali abbandonati possono essere soppressi.
Il grave problema degli abbandoni
Nonostante i tanti progressi in materia di tutela degli animali, il problema dell’abbandono rimane ancora molto grave. In Italia si stima che vengano abbandonati ogni anno 130 mila animali domestici (80 mila cani e 50 mila gatti, senza considerare tutte le altre specie soggette ad abbandono, come tartarughe, uccelli, pesci, ecc.). Per farsi un’idea della portata del fenomeno basti pensare che nel Regno Unito il numero di abbandoni è di circa 16 mila all’anno. E ciò che è peggio è che meno di un caso di abbandono su 100 viene perseguito. Le denunce – e di conseguenza le condanne – sono pochissime e il reato sembra non avere una reale efficacia deterrente. Secondo la LAV “rappresenta una risposta inefficace e per nulla persuasiva per un reato così diffuso”.
E nel resto del mondo? L’esempio della Francia
Quello dei diritti degli animali è un tema sempre più sentito grazie ad un progressivo sviluppo della sensibilità delle persone a riguardo. Nonostante questo, rimane un argomento molto divisivo e non esistono norme a livello europeo che regolamentino i diritti degli animali. Ogni Paese del mondo ha la sua cultura, le proprie tradizioni religiose e abitudini alimentari, ed è complesso classificarle secondo un criterio etico. Ma anche all’interno della stessa Europa ci sono Paesi che hanno fatto più progressi in difesa dei diritti degli animali ed altri che invece rimangono ancora indietro.
Esemplare in tal senso è il caso della Francia che, dopo aver raggiunto il record europeo per numero di abbandoni di animali domestici (tra i 100 mila e i 200 mila l’anno), ha deciso di intervenire e si è impegnata sul fronte dei diritti degli animali più di qualunque altro Paese comunitario. Per cominciare, con la nuova legge che entrerà in vigore a partire dal 2024, la Francia abolisce la vendita di cani e gatti nei negozi di animali. Sarà permessa unicamente l’adozione nei rifugi del Paese. Sulla stessa lunghezza d’onda la Spagna, il Canada, l’Inghilterra e centinaia di città degli Stati Uniti tra cui New York che è prossima allo stop. Ma la nuova legge francese tutela anche gli animali selvatici: è infatti vietato il commercio di animali esotici, la produzione di pellicce e l’utilizzo di animali nei circhi e nei parchi acquatici. Anche la Spagna, pur mantenendo la crudele tradizione della Corrida, con la nuova legge approvata nei mesi scorsi vieta l’esibizione di animali selvaggi nei circhi e impone la riconversione di zoo e delfinari in centri per il recupero di specie autoctone. Inoltre, è notizia di pochi giorni fa che Air France, la compagnia aerea nazionale francese, ha annunciato che non trasporterà più primati destinati alla sperimentazione; una presa di posizione forte, frutto di numerose battaglie animaliste. Anche la Germania si distingue con la scelta di inasprire le norme sugli allevamenti di cani: sarà possibile accudire solo tre femmine gravide nello stesso momento, assicurando condizioni idonee alle mamme e ai loro cuccioli. Lo stesso vale per gli animali da fattoria: gli spostamenti all’interno del Paese dovranno durare massimo 8 ore (nel caso di temperatura superiore ai 30 gradi all’interno del mezzo, la durata sarà limitata a quattro ore e mezza).
L’assenza di una normativa europea
Ma è possibile appellarsi ad una risposta comunitaria? Purtroppo no, la normativa è ancora molto debole e si limita stabilire i requisiti minimi che regolano il rapporto uomo-animale e la salvaguardia degli animali in libertà. Anche a livello nazionale è complicato trovare un’omogeneità tra territori: infatti, la legislazione italiana prevede un’ossatura normativa di massima che viene definita nel dettaglio a livello locale. Questioni cruciali come il risanamento dei canili, la gestione del fenomeno del randagismo, la sensibilizzazione sul tema sono regolamentate a livello locale, in modo frammentato e disomogeneo a seconda del territorio.
Ma non bisogna desistere, perché la sempre più acuta sensibilità della popolazione nei confronti dei temi “animalisti” inizia ad essere, nel dibattito politico, una voce autorevole che può avere effetti anche sulla legge. È il caso, per esempio, della legge sulla sperimentazione animale nel campo della cosmetica: quella che in passato veniva descritta come una necessità scientifica oggi è una pratica vietata. Il percorso, dunque, fa ben sperare che progressivamente i diritti degli animali diventeranno, in un certo senso, diritti per l’interesse di tutti.
di Martina Bortolotti