È di recente pubblicazione il rapporto DESI 2022 redatto dalla Commissione Europea che monitora lo stato d’avanzamento nel settore digitale dei Paesi UE. Con Andrea Baldassarre, Responsabile area Content di Forum PA, abbiamo approfondito l’andamento e le potenzialità del percorso di digitalizzazione intrapreso dal nostro Paese negli ultimi anni. Una strada in salita, lunga e tortuosa, ma che stiamo affrontando con determinazione e che sta già regalando successi e belle esperienze da condividere.
Come sta rispondendo la Pubblica Amministrazione al percorso di digitalizzazione implementato negli ultimi anni?
È innegabile che negli ultimi anni abbiamo registrato evidenti miglioramenti. Questi sono dovuti alle piattaforme di iniziativa nazionale come Pago PA e l’App IO che hanno consentito alle amministrazioni locali di offrire valore aggiunto ai cittadini, specie durante i lockdown dovuti alla pandemia. Ci sono poi altri dettagli che il rapporto del DESI non riesce a restituire: la digitalizzazione sta avvenendo a macchia di leopardo, con città metropolitane caratterizzate da un’elevata maturità digitale e amministrazioni del nord Italia più avanti rispetto a quelle del centro-sud. Anche se, dai primi dati del 2022 che stiamo analizzando, risulta un’importante un’accelerazione da parte dei territori meridionali.
In che modo i fondi del PNRR stanno favorendo questo processo?
Va premesso che i fondi del PNRR sono appena partiti e una parte è stata concessa con i bandi dello scorso aprile. Queste risorse, che soltanto per la digitalizzazione ammontano complessivamente a 6,14 miliardi, saranno decisive e pongono degli obiettivi precisi: completare la migrazione al cloud di dati e servizi, promuovere lo sviluppo e l’uso dei servizi digitali, rafforzare la cyber-security del Paese ed investire sulla diffusione delle competenze digitali. I fondi del PNRR si propongono da una parte di portare a termine i grandi progetti nazionali e dall’altra di portarli nei territori in modo da arrivare ad una digitalizzazione omogenea del Paese. Un’attenzione particolare sarà rivolta al Sud, al quale saranno diretti almeno il 40% dei fondi.
Quali opportunità offre ai cittadini la migrazione al digitale di dati, informazioni e servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione?
Avere un’amministrazione digitale che offre servizi fruibili completamente online avrà un impatto anche sui tempi di vita delle persone. Basti pensare alla possibilità di non fare più lunghe code agli sportelli. La digitalizzazione dei processi di gestione dei dati e di scambio delle informazioni tra pubbliche amministrazioni è fondamentale per attuare il principio “Once only” sancito dall’UE. Questo stabilisce che le pubbliche amministrazioni non dovrebbero richiedere ai cittadini informazioni che sono già state date in precedenza. Una grande possibilità sarà quindi quella di beneficiare di enti pubblici che non lavorano più come monadi, bensì come un insieme organico di soggetti con un’unica interfaccia davanti al cittadino.
Come coinvolgere le persone meno digital-friendly in questo processo, consentendo a tutti di usufruire delle stesse opportunità?
Questo è uno dei punti fondamentali. In Italia soltanto il 40% delle persone ricorre agli strumenti digitali per interagire con la pubblica amministrazione; la media europea è del 65%. Ci possono essere una moltitudine di motivi alla base di questo dato ed uno potrebbe ritrovarsi nella scarsa qualità di alcuni servizi, ma c’è un altro dato che parla chiaro. Sempre secondo l’ultimo rapporto DESI più della metà degli italiani non dispone nemmeno delle competenze digitali di base. Questo, tra le altre cose, comporta un’esclusione dall’economia digitale e dai canali digitali della pubblica amministrazione. Per affrontare il problema, nel PNRR è stato previsto lo stanziamento di 200 milioni di euro per lo sviluppo delle competenze digitali. Questo verrà attuato attraverso il finanziamento del servizio civile digitale, orientato a formare volontari da inserire in progetti finalizzati all’alfabetizzazione digitale, e la costruzione di spazi fisici in cui promuovere attività di accompagnamento all’uso del digitale per le fasce di popolazione più fragili. L’obiettivo è quello di arrivare alla metà del 2026 avendo coinvolto almeno 3 milioni di persone.
Saprebbe indicarci uno o più esempi di progetti di digitalizzazione che hanno avuto particolare successo o si sono distinti per determinate finalità?
Mi preme segnalarne uno di carattere nazionale; quello dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). Questo progetto attraverso un portale unico consente di usufruire di servizi che prima erano erogati soltanto dal proprio Comune di residenza. Non soltanto ha reso possibile l’accesso ai propri dati anagrafici in qualsiasi momento, ma anche di effettuare il cambio di residenza online. Tutto questo, è bene sottolinearlo, è frutto di una grande collaborazione tra Ministro dell’Interno, Comuni e fornitori privati di servizi digitali. L’Italia è il Paese delle eccellenze, ma facciamo fatica a farle circolare. Rispetto alle esperienze locali, invece, mi ha colpito il progetto “WeMi” attivato dal Comune di Milano per l’assistenza domestica. Esso consiste in una piattaforma digitale che fa da intermediazione tra chi si vuole candidare come collaboratore domestico e chi necessita di questo servizio. La cosa interessante è che oltre alla piattaforma online sono stati allestiti degli spazi per la città nei quali è possibile accedere agli stessi servizi. Un progetto che guardando all’inclusività ha saputo creare una sinergia perfetta tra i canali digitali e quelli tradizionali.
La crisi di governo potrebbe mettere a rischio i futuri step del processo di digitalizzazione e i relativi obiettivi?
La macchina non dovrebbe subire colpi d’arresto anche perché molti bandi sono già stati pubblicati, i territori hanno già ricevuto i finanziamenti e tanti progetti nazionali sono ancora in itinere. La speranza è che le amministrazioni siano in grado di garantire l’attuazione di quanto previsto dal PNRR e che siano sufficientemente strutturate per portare avanti questi processi e non subire questo momento di incertezza. Quanto meno le scadenze da qui a dicembre 2022 dovrebbero essere rispettate. Ce ne sono due molto importanti: il completamento del polo strategico nazionale, una grande infrastruttura che ospiterà dati e servizi strategici della pubblica amministrazione in un ottica cloud-first, ed il progetto Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), che dovrà garantire l’interoperabilità tra i territori ed il principio “Once only”. Cosa succederà dopo? A prescindere dal colore politico del governo che verrà, l’auspicio è che non si butti via tutto ciò che di buono è stato realizzato. Una delle ragioni che sta alla base della crescita digitale dell’Italia negli ultimi anni è proprio la continuità di strategia garantita nei diversi esecutivi che si sono succeduti. Cambiarla e fare un passo indietro adesso sarebbe tragico.
Matteo Mercuri