esoscheletri Inail: “Così i nuovi robot collaborativi ridurranno gli infortuni sul lavoro”

Inail: “Così i nuovi robot collaborativi ridurranno gli infortuni sul lavoro”

I robot collaborativi sono dispositivi tecnologici indossabili progettati dall’Inail insieme all’Istituto italiano di tecnologia di Genova (IIT) per aiutare i lavoratori nelle attività gravose come il sollevamento dei carichi o il traino. Per comprendere meglio le potenzialità di questi moderni esoscheletri al servizio della sicurezza sul lavoro, abbiamo parlato con Luigi Monica, Ingegnere di Inail.

Come giudica i primi risultati della sperimentazione? Ci sono i presupposti per immaginare che i prototipi entrino in commercio nel giro di qualche mese?

I risultati dell’Xo Trunk, che è l’esoscheletro per il supporto alla schiena, hanno dimostrato la sua efficacia in alcune situazioni lavorative. Dovrebbe essere commercializzato nell’arco di circa un anno. Ma non lo farà Inail, dipenderà da una manifestazione di interesse da parte di qualche soggetto privato. Stiamo approfondendo per capire se sono efficaci in tutte le situazioni. Oggi possiamo dire che in attività di movimentazione dei carichi, come per esempio nella logistica, questo esoscheletro ha dato ottimi risultati, in altri settori è necessario fare approfondimenti. Non è ancora possibile parlare di una commercializzazione di massa.

Cos’hanno di diverso gli esoscheletri Inail e IIT rispetto a quelli già in commercio?

La differenza è che sono esoscheletri attivi, rispetto per esempio a quelli oggi commercializzati all’interno del settore automotive per le posture incongrue: i nostri dispositivi non sono supportati da semplici molle, hanno dei motori, quindi agevolano maggiormente l’operatore dal rischio di sovraccarico biomeccanico. Sono dei motori che assistono, ad esempio, nel sollevamento dei carichi, e si attivano con un sistema di controllo che riconosce la fase di sollevamento. Quindi quando l’operatore si china per prendere il carico non creano ostruzioni, sono dei motori “a folle”, si attivano solo nel momento in cui l’operatore stringe la presa e sta effettuando il sollevamento. L’esoscheletro riconosce la fase di sollevamento e assiste l’operatore con un motore elettrico.

Quali tipologie di lavoratori sono più sottoposte al rischio di patologie al sistema muscolo-scheletrico?

I settori più diffusi sono quelli dove si movimenta un carico: la logistica, gli aeroporti per il trasporto dei bagagli, i cantieri, l’agricoltura, il settore ospedaliero con la movimentazione dei pazienti.

È prevista una formazione per permettere ai lavoratori di entrare in confidenza con i robot?

Certo, noi consideriamo l’esoscheletro come un’attrezzatura di lavoro. Quindi l’operatore deve essere informato, formato e addestrato all’uso. È necessario prendere dimestichezza col dispositivo, in una fase di taratura iniziale. Ma non è solo necessario: è obbligatorio per legge.

Quanto costa un esoscheletro ad un’azienda?

Siamo al di sotto dei mille euro per alcuni esoscheletri molto semplici e si sale di prezzo se si va verso gli esoscheletri attivi, davanti ad un’efficacia completamente diversa. Il nostro esoscheletro è ancora prototipale e in fase di sperimentazione quindi il costo è elevato. Ma un’azienda che intende commercializzare il dispositivo riuscirà ad applicare delle economie di scala e a ridurre notevolmente i costi. Quindi direi che siamo davanti a qualche migliaio di euro.

È auspicabile un investimento da parte dello Stato?

Inail ha una particolare attenzione nell’incrementare i livelli di sicurezza negli ambienti di lavoro e ha degli strumenti di incentivo, ma ora siamo ancora in una fase di studio. Sicuramente con il Pnrr e con particolari finanziamenti sulla ricerca potrebbero essere sviluppati esoscheletri ancora più performanti e applicabili ad una più ampia gamma di settori. Oggi però vedo ancora delle aree grigie nell’applicazione degli esoscheletri che stiamo cercando di perfezionare. Quindi immaginare il finanziamento dello Stato per l’acquisto di esoscheletri lo vedo ancora prematuro, dovremmo aspettare qualche anno. 

Come pensa che questa nuova tecnologia cambierà il modo di lavorare?

L’esoscheletro non va visto come la soluzione principale da perseguire, come la panacea di tutti i mali. Bisogna prima cercare di ridurre il rischio con misure collettive, poi sul singolo lavoratore, che deve essere visto come l’ultima spiaggia per poter mitigare questi rischi. Sicuramente ha potenzialità per ridurre il rischio di sovraccarico biomeccanico, l’operatore svolgerà i suoi compiti con minor rischio. Ma l’esoscheletro è un ausilio, non una sostituzione. È un robot collaborativo, ha bisogno dell’operatore per funzionare. Nei prossimi anni potrebbe essere diffuso anche negli ambienti di vita, come un robot collaborativo a tutti gli effetti.

 

di Martina Bortolotti

 

Arrivano gli esoscheletri indossabili di Inail e IIT contro gli infortuni sul lavoro