Il protrarsi della crisi energetica, causata in parte dal conflitto tra Russia ed Ucraina, ha evidenziato le criticità derivanti dalla dipendenza energetica da altri Stati ed ha alimentato il dibattito pubblico sull’importanza delle comunità energetiche rinnovabili (CER), incentivandone la diffusione.
Cosa sono le comunità energetiche?
Possiamo definire la comunità energetica come un’associazione di individui che, tramite la volontaria adesione ad un contratto, collabora con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire energia rinnovabile attraverso uno o più impianti energetici. La comunità energetica può essere composta da enti pubblici, aziende, attività commerciali o cittadini privati che scelgono di dotarsi di un sistema di scambio locale per favorire la gestione congiunta e ridurre la dipendenza energetica dal sistema elettrico nazionale.
Con le dovute distinzioni e differenze tra loro, le comunità energetiche si fondano tutte sui princìpi di decentramento e localizzazione e sono accomunate dallo stesso obiettivo: quello di fornire energia rinnovabile a prezzi accessibili ai propri membri. Produrre, immagazzinare e consumare energia elettrica nello stesso sito permette a ciascun utente di contribuire attivamente alla transizione energetica e allo sviluppo sostenibile del Paese, promuovendo l’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Essere comunità energetica significa ripartire dalle origini per intraprendere nuove strade verso modi di produzione e consumo dell’energia; significa ristabilire una relazione con l’ambiente a partire dall’uso di fonti rinnovabili per la realizzazione di un sistema economico e sociale sostenibile per le generazioni presenti e future. “Comunità energetica” significa mutuo appoggio, condivisione, cooperazione, scambio: tutti concetti alla base del vivere insieme.
Panoramica sulla situazione in Italia
Questo modello di produzione e condivisione dell’energia è stato disciplinato in Italia solo qualche anno fa con il Decreto Milleproroghe 162/2019, che ha riconosciuto per la prima volta le comunità energetiche rinnovabili (CER). L’unica restrizione prevista dalla legge si riferisce alle aziende, per le quali la produzione e cessione dell’energia all’interno della comunità energetica non deve rappresentare l’attività principale. Con questo decreto il nostro Paese ha recepito la Direttiva europea RED II 2001/2018, con la quale l’Unione Europea riconosce valenza giuridica a queste associazioni e introduce la figura del produttore/consumatore di energia (prosumer).
Come riportato nell’ultimo rapporto di Legambiente sulle comunità rinnovabili, le comunità energetiche rinnovabili nel nostro Paese sono attualmente 100. Di queste 35 sono effettivamente operative, 41 sono in progetto e 24 sono in movimento, ovvero che stanno muovendo i primi passi verso la loro costituzione. 58 sono completamente nuove – censite tra giugno 2021 e maggio 2022 – e vedono il coinvolgimento di centinaia di famiglie, decine di Comuni e imprese. Una famiglia che fa parte di una comunità energetica può vantare una riduzione del costo delle bollette di circa il 25-30% rispetto ad un’altra che invece consuma energia dai grandi fornitori.
Gli effetti positivi delle comunità energetiche
La diffusione delle comunità energetiche avrebbe conseguenze benefiche anche per il Paese. Tra le tante, alcune sono la lotta ai cambiamenti climatici, la riduzione degli inquinanti atmosferici e la decarbonizzazione nei settori termico e dei trasporti. Secondo il rapporto di Legambiente ci sarebbero circa 17 GW di potenziale realizzabile entro il 2030 che se sfruttato permetterebbe investimenti in nuova capacità rinnovabile stimati in 13,4 miliardi di euro nel periodo, con ricadute economiche sulle imprese italiane attive lungo la filiera delle rinnovabili pari a circa 2,2 miliardi di euro. Ma non solo. Sempre secondo le stime, favorirebbe un incremento del gettito fiscale di circa 1,1 miliardi di euro, la nascita di 19 mila nuovi posti di lavoro e 47 milioni di tonnellate di Co2 in meno nell’atmosfera.
Oltre agli effetti positivi già descritti, vale la pena soffermarsi sull’azione di contrasto alla povertà energetica, ovvero all’eccessiva distrazione di risorse del proprio reddito per far fronte alle bollette energetiche e all’impossibilità di acquistare i servizi energetici essenziali. Va in questa direzione l’iniziativa della regione Puglia che poche settimane fa ha aperto un bando per la concessione di finanziamenti fino al 20% per l’installazione di impianti energetici rinnovabili. Gli incentivi saranno rivolti in particolare alle famiglie meno abbienti attraverso la formula del reddito energetico.
Negli ultimi anni, la povertà energetica ha destato particolare attenzione in ambito istituzionale sia europeo che nazionale. Dai dati dell’Osservatorio della Commissione Europea, infatti, risulta che 80 milioni di persone non sono state in grado di acquistare quei beni energetici minimi necessari al loro benessere e di queste circa 4 milioni sono in Italia.
In uno scenario in cui entro il 2050 metà dei cittadini UE potrebbero auto-produrre la propria energia, individualmente o collettivamente, tramite forme cooperative, nelle aspettative europee le comunità energetiche rappresentano un importante strumento di mitigazione della povertà energetica. Tutti i cittadini, specie quelli con un reddito basso, dovrebbero essere in grado di beneficiare della partecipazione ad una comunità energetica, sfruttando un accesso a buon mercato alle rinnovabili e di strategie di risparmio energetico.
Una risposta alle crisi globali
Questo è il momento storico per attuare la rivoluzione energetica di cui si sta parlando. E ci sono tutte le condizioni. Il prezzo delle tecnologie da fonti rinnovabili è in continua riduzione, cosa che non si può certamente dire per le fonti fossili sotto scacco delle logiche geopolitiche. Tante sono le risorse economiche che arrivano e che arriveranno su questi temi. Le comunità energetiche possono rappresentare una risposta strutturale alle famiglie e alle imprese in difficoltà, ma anche una risposta concreta all’emergenza climatica, sociale e ai conflitti. Spopolamento, mobilità elettrica, economia circolare e contrasto alla povertà energetica sono soltanto alcuni dei temi per cui vale la pena accelerare per attivare gli strumenti che possano facilitare la nascita e l’attività di tante altre comunità energetiche.
di Matteo Mercuri